Giancarlo Varagnolo
Immerse le mani insanguinate nell’acqua ; la frescura gli piacque, le agitò provocando increspature e schizzi, e l’acqua s’intorbidì per la impalpabile fanghiglia del fondo smossa dall’agitarsi delle mani. L’uomo strofinò fra loro le mani, ma il sangue e i filamenti scuri di interiora dei pesci s’erano seccati e incrostati sulla pelle. Prese il coltello che aveva piantato nella velma della riva e incominciò a raschiare con brevi movimenti le dita e il dorso delle mani. Scaglie trasparenti o argentate si sollevavano mentre i filamenti s’appiccicavano alla lama che poi strofinava contro il piede e sciacquava nell’acqua. Una lama lucente che rifletteva i raggi d’un sole di fine aprile calante. Il coltello del nonno. Hermen. Era uno spezzone di spada, araba; il nonno diceva “siria”, ma tanto era: forgiatura moresca; un pezzo centrale, a un sol taglio, con una scanalatura vicino alla costa e la punta ch’era un quarto di cerchio con base nel filo della lama. Leggero, e tagliava ch’era una meraviglia: i pesci squartati e puliti dalle pinne ne mostravano il buon rendimento.
Risalì il basso terrapieno e si diresse dove aveva lasciato i pesci ripuliti, erano una ventina, per lo più cefali. Non era facile pescare con la seragia tenendo d’occhio la riva per non farsi prendere dagli armigeri genovesi, gli venisse un canchero! Ci voleva tempo a disporre la rete in cerchio e quindi serrarla e issarla. Fossero stati in due ...
Prese una manciata di scoglie di sale dal monticello e lo sparse sul pesce, poi con la mano spatolò il lato del monticello fino a creare un ripiano rientrante; compattò la superficie e incoinciò a deporvi i pesci lato a lato, testa/coda. Quanto non ci fu più posto, fece franare il sale dalla costa sovastante, e lo lisciò leggero e con cura per rendere lo strato omogeneo; ne fece cadere ancora, ripetè la stesura e quindi vi pose sopra i rimanenti pesci aperti a metà: si sarebbero mantenuti per tutta l’estate, il pesce salato è meglio mangiato con il freddo.
Ne aveva patito del freddo nel passato inverno, per colpa di quei gran figli di sorca dei soldati. Lui la legna l’aveva, ben nascosca e ben secca, con rami di pino che non aveva usato perché non si spandesse il profumo e quei cancari non fossero venuti a vedere che fosse, così accendeva un misero focherello, che scaldava sì, meglio che niente, ma le sue ossa pretendevano calore non tepore. Se, non voglia Iddio, che siano ancora qui per il prossimo ... Non si poteva mai dire; erano circondati, assediati, ma le vie del Signore ... Chi l’avrebbe detto che avremmo avuto la città invasa e depredata e devastata? Il leone di san Marco era a sollazzarsi in un lupanare la scorsa estate?
Fece scivolare giù altro sale coprendo bene i pesci; poi nascose le tracce delle sue manate, lisciò, spruzzò manciate di sale. Ne sparse anche sul terreno coperto da rada gramigna. Si avviò verso un vicino monticello, un po’ più alto di lui; ce n’erano una fila, la sommità arrotondata per il vento di quasi tre stagioni. Perché non si son presi il sale? Dicono che questa guerra è per il sale che ci invidiano i patavini, e poi arrivano qua i genovesi e lasciano il sale qui a ritornare acqua. Me c’è un senso? Intanto va tutto perso, e alle prossime mareggiate questi ghebi s’immelmano e le palae si sfaldano: a Dio, saline! Intanto facciamone buon uso.
Scavò con la luccicante lama del coltello artigianale una fessura orizzontale al pendio del monticello bianco giallastro dove in una incavatura aveva posto le uova dei pesci ripuliti. Si potranno già mangiare a San Giovanni, ma ci vorrebbe del vino, però; trovarlo! Aveva sistemato le uova nella fessura aiutandosi con il coltello come fosse una pala da forno; Chiuse l’incisione con un paio di manciate di sale, lisciandolo con il coltello per uniformare il lato. Peccato che non sia ancora stagione del finocchietto, avrebbe dato sapore. Ma insalata assicurata: tarassaco e ruppia ce n’è fin troppa, nessuno viene fin qui ché i padroni sono scappati o uccisi o rilasciati dopo il riscatto. Essere ricchi! Vali tanto oro quanto ne hai! Se non hai che le tue ossa da vendere, beh, le danno ai loro cani, ‘sti figli di lupa!
S’eresse in piedi, dalla città l’avrebbero visto, ma nessuno sarebbe venuto fin lì a chiedere chi fosse e che facesse. Potevano sempre pensare che fosse un lavorante che controllava i codoli e il resto, per continuare la produzione del sale, sal clugiae, per venderlo a chi? Nemmeno i genovesi l’avrebbero usato per salare i loro morti illusti e riportarli in patria per il seppellimento: erano chiusi in una seragia e presto, speriamo presto, sarebbe stati pescati e messi in padella.
Ma perché non pescano questi maledetti da Dio? Fame fame fame e se ne stanno solamente a spiare se c’è qualcosa da rubare a chicchessia. I militi assoldati verran dalle montagne, ma Genoa non è ben una città di mare? E il pesce lì non c’è? Non avranno lo stesso pesce ché la costa è differente, ma mare è mare e dove c’è mare c’è pesce! Hanno tutta la spiaggia a disposizione dove basta chinarsi per prendere le vongole belle esposte lì sulla battigia. E buttare una rete? Non serve nè barca nè saper nuotare: basta entrare in acqua fino alle ginocchia ... Ma cosa sono, maomettani? Non hanno preso una seppia e la stagione ormai è alla fine; lasciano che tutto ‘sto ben di Dio vada perso e loro non muovono un dito. Vuoi vedere che sono marrani fuggiaschi ... Per essere Giuda che si vendono per meno di 30 denari, potrebbe anche essere.
Era giunto presso la barca piccola e dalle sponde basse che aveva tirato sulla motta. Nella barca, da sotto un pensante vecchio panno scolorito venivano scricchiolii, fregamenti quasi metallici. Nel chinarsi lo zucchetto gli cadde nel fondo della barca. Potta! Prese la calotta e se la rimise in capo nascondendo gli ispidi capelli brizzolati. Fors’era stato il loro colore a salvarlo dalle azze degli indemoniati assalitori, non che rispettassero i vecchi, ma era bastato un attimo di esitazione per farli voltare in cerca di una più consona preda alla loro foia di massacro.
I granchi erano ammassati in una sacca di tela lisa ma ancora resistente, dalla quale spuntavano le punte acuminate di molte zampe. Questi qui non me li prendono di certo, i bovari, ma sono talmente merdaioli che son capacissimi di schiacciarli con le mazze o gettarli in acqua tanto per divertirsi, figli d’una scrofa! A loro fanno ribrezzo; per loro son ragni d’acqua, le cacche di cane pustoloso! Ed invece quet’anno sono più pieni che mai, han mangiato tanta di quella carne umana ...
Per mesi cadaveri di armigeri si incontravano nelle velme, venivano ad arenarsi nelle motte. Poi con le prime burrascate alcuni erano stati sospinti sopra le barene dall’impeto delle mareggiate, ma ora fra le spartine e la fienarola s’incontravano solo ossa che la gramigna ricopriva inesorabilmente. Predatori di terra e di acqua avevano banchettato, ed era un bene ché non c’era stata putrefazione, e il vento e la pioggia aveva sfilacciato gli indumenti, la salsedine corroso il cuoio dei calzari, dei cinti. Qualcosa s’era potuto recuperare prima della fraima, persino un anello, e qualche collana, sicuramente indossata da mercenari, e pugnali che fuoriuscivano dai brandelli di vestito, e anche picche che la lunga asta di legno faceva galleggiare. Molte frecce e qualche verettone dalle alette colorate. Tutto era stato nascosto in più punti della barena; i manufatti in cuoio erano stati nascosti all’asciutto: sarebbe stato pericoloso farsi trovare con una cintura o calzari di fattura forestiera.
In un cesto c’ero i granchi dal guscio molle, gli ultimi della stagione, mancava lo strutto per cuocerli, ma andavano bene anche alla brace.
Vediamo di nascondere tutto per bene, non voglio dare nulla a quei briganti! E meglio tornare con il chiaror del sole per insospettirli meno, i caproni.
Andò al più vicino ammasso di sale, ne prese un blocco a due mani e ritornò al barchino; depose il sale e lo sistemò in una riga lungo il perimetro del paiolato. Rifece due volte il trasbordo, poi andò nell’acqua che gli arrivava quasi al ginocchio: la marea stava salendo. S’avvicinò ad una corta pertica e dall’acqua trasse un sacco di rozza tela. Si compiacque del peso, saranno state otto libbre? Ritornò a riva, alla barca; aprì il sacchetto e incominciò ad incastonare veloce le vongole nel cordolo di sale addossato all’incontro della sponde con il fondo della barca. La cena per il giorno dopo, sperando di trovare un po’ d’orzo per fare una pappetta che non fosse acquetta. Acqua; prese la fiasca di zucca nel minuscolo sottoprua, tolse il turacciolo di spiga di tifa e diede un sorso che sputò dopo essersi sciacquato la bocca, quindi ne bevve un poco: l’acqua marcise i pali, e fa crescere le rane in pancia.
Tagliò dei ciuffi di fienarola e giunco, li sparpagliò dentro la piccola barca: più sembrava sporco e meno si notava il contenuto, prese anche delle cannucce secche da un mucchio tagliato qualche giorno prima. E adesso i gozzi.
Spinse il barchino in acqua, con le mani cercò sottacqua il gancio che teneva una corta ma robusta sagola di canapo intrecciato – non ricordava come se l’era procurato. Trascinò il natante vicino ad un’altra pertica che spuntava dall’acqua, ne trasse un involugro oblungo di tela; fissò un’estremità alla fune e quindi l’altra più a mezzaría, così che il sacchetto cilindrico era parallelo alla sagola e al fundo della barca. La cena della sera era lì, e se si lessavano i gozzi si potevano mangiare anche due giorni dopo. Mise il cesto dei granchi in muta ben in vista a prua, poi fece uscire una dozzina degli altri che si sparpagliarono veloci nel fondo fino a fermarsi addossati alle sponde, quieti.
Sbuffò: non gli piaceva mettere tutte quelle teste di pesce circondate da una nuvola di moscerini in barca; c’erano i filamenti scuri delle alghe secche che facevano da vassoio, ma ... Andiamo e speriamo non mi tocchi recitare la commedia: ”Buona pesca? Ecco cosa m’hanno lasciato i vostri compagni li in fondo. E quattro granchi.”
Si sciaccquò le mani, nascose il coltello in una rientranza della poppa, prese il remo e si spinse verso la città pantanado; iniziò a remare qundo l’acqua intorno fu più profonda e poteva tenere il remo nello scalmo– se avesse avuto due remi! Ma era già da ringraziare Domineiddio che non gli avessero bruciato quello e lascito l’uso di quella tinozza.
Li avrebbe beffati anche oggi i ladroni figli di cagna? Sentiva i pezzetti di sale solleticargli i piedi. Il sale ... Quel che ci serve, o Signore, è il companatico.
São Paulo, 5 dicembre 2012
GV

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