lunedì 17 dicembre 2012

Vigiliae

Vigiliae


Giancarlo Varagnolo





Sarebbero arrivati, lo sapeva. “Il deserto è come il mare”, pensò. E si chiese perché pensasse al deserto: per lo stesso spazio infinito ove lo sguardo arriva fino all’orizzonte? Per lo stesso vuoto e silenzio? Per lo stesso perdersi della mente nell’uniformità piatta del paesaggio? Ma perché proprio ora veniva questa comparazione? Adesso che lo sguardo si concentrava fino a far dolere gli occhi sull’orizzonte? Non lo sapeva, né se lo chiese, lasciando che alla memoria venissero immagini abbacinanti del mare di sabbia.

L’aveva visto il deserto, laggiù in Morea; v’era penetrato nel ballonzolio del cammello fino a trovarsi circondato, perduto, sulla distesa grigia e nel silenzio udire mormorii portati da una brezza leggera. Quando era stato? Non si sforzò di ricordare, lasciò che la sensazione del calore e di quel silenzio gli riempissero la mente.

Sarebbero arrivati, oggi stesso o domani. “Ecco - pensò, soddisfatto di trovare una causa al suo ricordo – nel deserto ogni uomo è un’isola, ogni viandante sceglie il suo percorso, il suo cammino. Ognuno può essere solo e andare e venire e fermarsi a suo piacimento. Ogni uomo; ogni fiera, ogni essere vivente. I cespugli stessi, secchi e divelti, rotolavano portati dalla brezza quando prendeva forza e diventava vento, sollevando i grani di sabbia.” La sabbia era lì, bastava abbassare lo sguardo per vederla: il litotale si estendeva alla sua sinistra, calme minuscole onde lambivano i pali appuntito conficcati nella battigia. Guardando il movimento dell’acqua ne percepì il suono, leve, sonnolento, incantatore.

Sarebbero giunti fino a lì, certo. Come fermarli se non c’erano navi né bombarde? I balestrieri avrebbero dovuto aspettare che arrivassero a riva e poi ... Istintivamente la mano sinistra si posò sull’elsa della spada che teneva al fianco, anche la daga era al suo posto infilata nella cintura, lo rassicurò il contatto delle dita della mano destra. Era un bel po’ di tempo che non duellava; nell’esercitazione del giorno innanzi s’era stancato quasi subito, il braccio ancora gli doleva un poco; le risse di taverna erano un’altra cosa: si risolvevano con pchi fendenti e affondi, più per spaventare che uccidere, più per difendersi che attaccare.

Nella taverna fuori porta il vino era già stato razionato, lo si allungava con acqua per far durare di più la bevuta: vino cristiano battezzato, celiavano gli scanzonati avventori abituali. L’oste non sembrava preoccupato, ma le taverne sono le prime a chiudere ed essendo fuori porta era quasi certo che sarebbe stata demolita. Di Alla frasca sarebbe rimasto solo la frasca, fiamme permettendo.

Socchiuse gli occhi per poter scrutare meglio l’orizzonte; il sole era alto alla sua destra, caldo già dell’incipiente ardore estivo. Sarebbero venuti da dove? I Genovesi non sarebbe stati cosi grulli da far vedere le proprie navi già nel risalire da sud; si sarebbero viste all’ultimo momento le loro vele e le orifiamme con la croce. Poteva essere che venissero da nord dopo aver navigato al largo e compiuto un semicerchio. Anzi: avrebbero potuto saccheggiare Malamocco e poi far rotta qui. “Io lo farei: sarebbe un monito e una predizione ben chiara per noi. Un bel colpo alla nostra baldanza, che già mi sembra esigua.” Così pensando volse lo sguardo e l’attenzione a qual che gli accadeva intorno. Sugli spalti del mastino più nessuno guardava verso il mare, l’attesa aveva tediato gli uomini che ora seduti all’ombra sonnecchiavano, giocavano a dadi, chiacchieravano, mangiucchiavano semi abbrustoliti di zucca. Verso la laguna qualche sandolo straripante delle ultime masserizie e averi che gli abitanti del litorale portavano in città essendo stati costretti a lasciare le loro case sul litorale. Anche il lungo stretto ponte di legno era percorso dagli ultimi ritardatari, per lo più donne e bambini, sembrava; era vietato l’accesso al ponte e negato il transito da quella sera.

Sarebbero giunti con le tenebre? Troppo rischioso per loro. Non ci sono scogli qui in questa marina, ma il fondale di sabbia ha scani e secche che arenano le navi. “E comunque c’è la vanagloria di farsi ben vedere, stendardi al vento, pettorali luccicanti, grida di guerra; la voluttà invereconda di mostrasi potente, no, più ancora di incutere terrore: la paura, l’orrore negli occhi del nemico, della vittima prescelta, della preda vagheggiata. Non per esser fere ma homeni ...” Scosse la testa e le labbra gli si incresparono in un sorriso di compatimento. Avrebbe potuto anche lui procurarsi un posto all’ombra e sedersi, c’erano sempre le vedette di scolta che avrebbero vigilato per lui.

Sedette s’un rialzo ché le armi lo impacciavano nello stare accovacciato, ma pensò che sarebbe stato comunque meglio procurasi quanto prima un pettorale e forse, forse un elmo. Meglio di tutto sarebbe stato opportuno mutar calzature: i suoi calzari erano scalcagnati e logori verso le punte. “Nel deserto come combattono? Hanno spade ricurve e ... È sorte peggiore cadere in acqua con vesti e sopravvesti e giubbe imperlinate e fusciacche frangiate come i Mori o con la cotta di maglia di ferro e il gambesone come i nostri armigeri? Che la Fortuna ci assista, perché alle picche, ai dardi, ai verrettoni nulla può l’armatura personale.” E gli sfuggì una risatina che soffocò guardandosi calmo intorno non volendo dare giustificazione del suo buonumore che gli veniva dal suo quieto sarcasmo che gli proponeva come unica cosa buona e utile e affidabile l’apprendere la velocità di sorella lepre nel fuggire, e l’agilità di mastro gatto nello schivare fendenti e mettersi in salvo. Gatti e lepri, lepri e gatti: Dio non voglia ... Avrebbero assediato la città o avrebbero congiunto ogni sforzo per prenderla quanto prima? E saccheggiarla. “Canta mihi, Diva, de ...” Non ci sarebbe stato né il Pelide, né il cavallo, né ... Chi poteva essere Ettorre in quella Clugia di marinai e mercanti di sale? Forse, certo!, più che sicuro, un qualche contrabbandiere con il quale aveva sbisbocciato più d’una volta Alla Frasca; tipi temerari, scaltri, intraprendenti, concreti e goliardi. Senza scrupoli ma anche senza sicumere.

Immagini si accavallano, fluttuano, s’offuscano finché nitida la risata di lei, afona, gli è ricordata, per contrasto, dallo stridio di gabbiani, e lo spumeggiare pigro della risacca lo rimanda al sussultare dell’ampio petto eburneo della donzella messo sapientemente in mostra dalla rotonda scollatura del corsetto bianco. Naturale che ne esca un sospiro, ch’egli sembra scacciare strofinandosi il naso. “Così van le cose del mondo; meglio pensare a ...” A che? Se avesse lì il suo liuto intonerebbe volentieri una canzone, o un motteto. Perché no una canzone a ballo o un saltarello così da smuovere quest’aria immota e dissipare il silenzio e volgere i pensieri di tutti altrove? Altrove? Lui potrebbe essere altrove, lui vagante lì per voler del Fato e del Destino, ma gli altri? Nati e morituri alcuni lì in quella città ché le Parche già hanno in mano i fili da recidere, le vite da troncare. Qualcuno canterà le geste di questi ... Questi ...? Può essere un eroe l’uomo che sta gareggiando con un suo compagno nel gettare più lontano l’urina della propria minzione? E codesti che ridono attorno e li incitano? Dalla parlata son mercenari; c’è da fidarsi di loro? Cantami, o Diva, cantami!

Il mare è deserto; il deserto è un mare. Nessuna barca può avventurarsi fuori della laguna così da essere sicuri che la vela che si vedrà sarà vela nemica. Se il mare fosse deserto di sabbia, con un cavallo arabo, minuto ma forte e veloce, potresti cavalcare fino all’orizzonte così da vedere più oltre e lasciar lì in fondo una parte di questa noia malata, di questa irrequetezza morbosa, di questa inanità dell’attesa. Se il mare ... Se questi fossero eroi. Se ..., se ...

Qualcuno grida in basso, alle sue spalle. È un allarme? Quasi. Sulla Brenta e Bacchiglione si sono avuti i primi scontri: i Patavini hanno attaccato. Ma sono stati respinti. Se hanno agito vuol dire che i legni genovesi non sono lontani. Lontani quanto? Giunge il clamore dalla città: il popolo osanna i vincitori, il popolo si ubriaca della prima inane vittoria. Il popolo: volti senza nome; Moriranno o sopravviveranno, ma nessuno si ricorderà degli uomini e delle donne che furono qui a ricevere l’onta ... ”Diomisericordioso! Quali cose sto pensando, che vo farneticando? Non è ancora iniziata e io già, io già penso alla morte di Ettorre e alla fuga e al rogo della città e alla ... alla ... sconfitta, qual Cassandra in fattezze d’uomo!”

Ma non è questo, dovrebbe saperlo; non è essere o non essere, ma apparire, immaginare, fingersi. E soprattutto lasciarsi prendere dalla corrente dei versi che ha letto, studiato, memorizzato, discusso, amato. Se le parole fossero pietre, il suo animo ora ne sarebbe schiacciato; invece sono stille di ambrosia, di ipocrasso, di idromiele che gli addolcisco, ma adulterano il cuore.

“Sorella Morte, o fratello Morte? In Sassonia la morte è maschile; anche la luna è un uomo, è il sole una donna; e allora chi dobbiamo aspettare ? E quando nella notte di luna piena parliamo con l’astro eburneo che gli confidiamo mai? Se donna possiamo farle udire i nostri lamenti d’amore, ma se è uomo al più potremmo farlo compagnone delle nostre scorribande e bevute. E il mare? Sì, anche lui può essere una lei, basta che il vostro canto sia il lingua d’oil. Bruder der Mond! Bruder der Tod! Geschwister, Geschwister! Vedremo se gli Ungari capiranno, lor che non sanno nè di greco nè di latino.” E lasciò che lo sguardo si perdesse fra i luccichii nelle minuscole onde della risacca, che sembra sussurrare pacata: arrivano; arriva-no; a-rriva-no.

Un colpo alla schiena. Buondio! S’era assopito. È il corto arco di ferro d’una balestra portata a spalla da un uomo che gli ha urtato l’omero. I Genovesi si son fatti un nome come tiratori, ma la fama non sempre corrisponde alla realtà, ed effimera è la sua duratura; a Crecy dicono che siano stati poco valorosi e molto superiori invece gli arcieri Inglesi. Qui con l’arco non si va nemmeno a caccia, preferendo falchi, reti e vischio. Cervi? Nemmeno il ricordo. Selvaggina di palude ... quanta se ne vuole, di frodo!

Si drizzò in piedi, si stira, si stropiccia gli occhi: l’orizzonte è calmo, immoto, piatto; lontano. Non polvere levata dal trotto di cavalli ... Ma quello lì a ponente non è più un deserto: scorse colonne di fumo nero di capanni o barche bruciate nell’entroterra; probabilmente saccheggio o distruzione preventiva di possibili baluardi. “Ci siamo. Era l’anno ... No, classicamente è In illo tempore, essendo consoli, idest essendo Doge in Venigia ...”

Essendo Pietro Emo Podestà in Clugia et Canceller Grando ... Uomini di commercio che gli Achei avrebbero di certo trattato con ironico distacco, ma ora è il denaro che fa la guerra, e non l’ira funesta e tantomeno la brama di gloria. Né la preda immediata che spinse i Barbari a penetrare furiosi e rapaci nelle terre dell’Impero Romano per soddisfare l’urgenza di bestiali istinti. Si sarebbero mossi, attraversando steppe, e scavalcando monti, e guadando fiumi per impossessarsi di saline? Per commerciare con il sale? Per comprare e vendere e trarne lucro? Anche l’Arcivescovo di Aquileia s’è schierato contro il Leone di san Marco! Diméntico del Pulvis es et in pulverem reverterisi? Reso orbo e blasfemo dalla vanitas mundi? Goccia su goccia: ed è il ruscello; goccia su goccia: ed è il fiume; gocia su goccia: ed è il mare che tutto nasconde in sè e trascina nel fondo; e nel salmastro delle sue acque è il ricordo del sudore di Adamo. E noi: grani di arena, e noi: pulviscolo che s’ammassa nelle spiagge, e l’acqua arretra, e l’acqua fugge, e la sabbia segna i giorni che furono e che saranno. Mnemosýne. E Clio traccia nella pergamena i nomi, e gli accadimenti, e ogni cosa degna d’essere tramandata.

Le ombre s’allungano verso il mare: il sole già ha compiuto il suo emiciclo di salita ed ora scende verso l’occidente. Ed ecco grida si levano: nuvole di fumo lì a nord. Pellestrina? Può essere? Pellestrina che nessuno ha pensato di difendere; Pellestrina abbandonata a se stessa; Pellestrina che è già nelle acque della laguna clodiense. Fiat voluntas Tua, se quella degli uomini è carente e ottenebrata.

Gli uscì un’invettiva dal petto doppiamente angustiato perché ora qualcuno sta cianciando che pode ser fumo d’incendio amico! E perché dovrebbero dare alle fiamme i loro ...? I loro di chi? Conquista è conquista, assalto è assalto, il saccheggio è mercede dovuta alle soldatesche, ai mercenari; quel che si libera dall’avversario, che non è inimico ma meramente contendente la preda, è il venente bottino. Arraffa, arraffa! “Cani!”, lo gridó agli armigeri lì con lui negli spalti, “Cani malnati!”, e le mani nell’atto di estrarre la spada, li ammazzerebbe quei figli di cagna venduti al miglior offrente poiché vede la stessa genia, la stessa bestialità in questi che gli sono alleati e quelli che stanno per venire dal mare, “Cani! Cani!”.

“Cani! Cani!”, diventa un coro, un fragore, un ruggito: scalmanati, levando le armi al cielo, tutti i soldati schiamazzano contro i lontani, invisibili assalitori. Levò alta la spada e restó cosí a volteggiarla nell’aria come spiedo, la bocca aperta un po’ per sgomento un po’ per stupore, un po’ iraconda e un po’ sardonica, afona.

Discese per bere, la spada appoggiata di piatto alla spalla pronto a piattonare il primo che gliene avesse offerto l’occasione; più che irato si sentiva irritato da quell’attesa in compagnia di sensazioni indigeste che gli secernevano nefasti umori nel corpo. Non che fosse un uomo di azione, ma il non far nulla di nulla, effe mia!, ammala.

L’idromiele era denso e zuccherino forse perché era il fondo della giara, forse perché era rimasto al sole, forse perché aveva in bocca la salsedine portata dalla brezza marina in tutte quelle ore che era stato sugli spalti a un tiro di balestra dal mare aperto. Ne bevve due misure e, rinfoderata la spada, risalì portandosi dietro un terzo di pagnotta non ancora secca. Sedette in modo d’avere la visione dell’orizzonte e incominciò a sbocconcellare il pane e a masticarne i pezzi lentamente: era buono, probabilmente uno degli ultimi pani impastati con gli ingredienti prescritti dalla corporazione dei fornai, i prossimi chissà cosa avrebbero contenuto, certamente le ghiande di Iro il pitocco. Sempre che si fosse resistiti fino all’esaurimanto delle riserve ch’erano nel granaio urbano. “Com’è mostruosa la matematica degli assedi: più combattenti restano in vita, più povere sono le razioni alimentari, se capita che ci sia un dì più da mangiare è certo che meno gente ancora è disponibile per la difesa. Sto diventando mercante insegnando Pitagora ai figli di bottegai. Chi va al mulino s’infarina.” Il pane era finito; guardò direttamente verso il mare che ora rifletteva debolmente i raggi del sole che gli arrivavano da occidente. Si ricordò del fumo, ma sembrava che quel poco che ci fosse da bruciare fosse già stato consumato perché non si vedeva più nessuna striatura verticale scura nè verso la terraferma nè verso l’isola dall’altra parte dell’imboccatura del porto. Non gli garbava di passare la notte lì in riva al mare, non tanto per la vicinanza a un possibile assalto genovese, quanto per l’umidità che fra poco sarebbe salita dal mare, non che nella sua dimora l’umido fosse minore, ma almeno avrebbe tolto il gambesone e steso le membra sul pagliericcio. E ... avrebbe tentatodi dormire, almeno quella notte, poi si vedrà; meglio tenersi in forze per domani. Sospirò: avrebbe composto un motteto; no, un saltarello: era meglio riderci sopra. Ma pensava al riso di lei, alla risata che le avrebbe scosso le spalle e il seno, ai passi di danza che forse avrebbe accennato movendo i robusti fianchi e il largo podice alla melodia del suo canto. Il corpo di lei, ecco: le calde sabbie del deserto che t’avvolgono invitandoti a giacere nel tepore, nell’immoto, nel silenzioso fluire della sabbia, del tempo.

Tanto gentil e tanto onesta pare la donna mia ... Stava guardando l’orizzonte , l’acque che incontravano il cielo, l’aereo e il liquido divisi da un nulla di tonalità diversa di colore, una nuance, eppur il cielo è cielo e l’acqua è acqua nel loro colore così simile e diverso. “Viene la donna mia come vela dal mare nemiga, ella s’accosta al mio vassel e non mi lascia andare, delle arti del saracin s’è impadronita e m’arpiona il cor con il morbido uncino della sua man paffuta.” No, anche le mani tradiscono, forse più degli occhi, ché lo sguardo si può apprendere ad atteggiar mesto, timoroso e umìle, ma non torneran virginali le mani che han lavorato duro nella puerizia e poi oltre. Siamo segnati qui nelle mani, e l’indovina berbera paganamente le osserva e legge quel che fu, e forse quel che sarà. Se il mare fosse deserto netta sarebbe la linea che divide il cielo dalla terra; se fosse deserto qui in fronte che navi mai vi arriverebbero? Che carichi favolosi non mai vi giungerebbero? Se fosse deserto di sabbia fine scricchiolerebbe sotto i leggeri calzari, e rimarrebbe l’impronta del nostro andare, informe ma certa. Se il deserto fosse l’accogliente talamo che tu hai smesso di sognare, io ... E la campana suona, lenta, lontana, mesta e fors’accorata. Il popolo si segna con la croce; anche i pezzenti assoldati per morire per il Leone fan volteggiare una mano sul petto e poi baciano le invereconde dita, amen.

Si prega un Dio Padre di tutto il genere umano, un padre che dovrebb’essere imparziale con i suoi figli, un padre ritenuto giusto, un padre che salva dal Maligno, un padre misericordioso. Panem nostrum cotidianum da nobis hodie. Oggi... Et dimitte nobis debita nostra, sicut et nos dimittimus ... Usque tandem? Le nostre rimesse sono i quadrelli che scaglieranno i nostri balestrieri? E le azze volteggianti piomberanno sulle nostre teste per suggellare il concordato; Pater Noster qui es in coelis e non qui in riva al mare, nè nelle galee genovesi, e nemmeno lasci le tue impronte sulle sabbie del desero, ma es in coelis : questo e quello sopra Padua che ben si può vedere nel tramonto, con le gibbosità dei colli. È lo stesso cielo? È lo stesso Padre? Caino è sempre l’altro, non noi!

E gli monta la rabbia in corpo contro tutto e contro tutti: vil razza dannata nel paccato di Adamo! La selva d’amore può essere ancor trovata e percorsa e goduta nel profumo dei fiori, nel murmure dei ruscelli, nel cinguittio degli uccelletti che gli zeffiri alitano sul volto lambito dal sole confortante. Che ninfe che vestali che ondine che huri e nemmeno angeli tripudianti, osannati, salmodianti diteggiando corde di lire e arpe e viole! È il battere d’un cuore ch’egli vuole ascoltare per obliarsi nella pace infinita d’un seno soffice e tepido come le sabbie del deserto. “Cani, cani! Che vedono l’osso dell’altro se stesso riflesso nello stagno e mollano quello che tengono nelle fauci per carpire la chimera, perdendo così il proprio e morranno di fame gli stolti, mentecatti; cani!” E le dita si serrano attorno alle due else delle armi che porta alla cintura; dovrà ammazzare per non essere ammazzato, dovrà togliere la vita ad altri per non perdere la propria. “E sia! Il Caso, la Fortuna, la Luna e le Stelle e la donna mia che non è timorosa di guardare e gli occhi suoi non li abbassa mai. Morire nel deserto sarebbe stato meglio ... Ma che dico morire! La sabbia s’imbeve di sangue e il sole l’asciuga; la sabbia accoglie cedevole i corpi dei caduti che le brezze aiuteranno a ricoprire manciata dopo manciata, e le armi e i drappi e ogni altro oggetto caduto perduto dimenticato sarà nascosto, celato, conservato fra mille e mille granelli di arena – ora infocati ora gelati. L’asettico dispegarsi del deserto.

Un vocio, un alterco, imprecazioni lì in basso del muraglione: i villici in armi sfogando il tedio dell’attesa alzano grida ch’è un ragliar di bruti. Quando il fragore s’acqueta e la calma torna, il silenzio gli sembrò più presente, avvolgente: udì il tenue strusciar delle onde sull’arenile lì in fronte quasi anch’esse fossero stanche del trascorso giorno nel sole, mentre dall’altro lato un murmure cantinelante indistinto lasciava indovinare la processione che si stava svolgendo in città, si poteva vedere il bagliore delle fiaccole e dei ceri oltre il tratto di laguna. Le ombre della sera s’allungavano coprenti. La battigia non si distengueva quasi più, solo l’orizzonte appariva ora decisamente marcato e diviso: mare e cielo, la compatta oscurità delle acque e il diafano opalino dell’aere. Conveniva andare ora, ritornare in città e disporre in luoghi sicuri le proprie cose; non che avesse molto, ma in momenti come questi ... è l’occasione che fa il ladro. Sarebbero giunti domani, ne era certo dopo gli attacchi ravvicinati di quel dì; forse non avrebbero dato subito l’assalto dalla parte del mare preferendo pavoneggirsi con le loro imbarcazioni e irritare gli assediati con l’attesa impotente. Domani sarebbero arrivati e già preficurava lo sgomento negli occhi e nelle imprecazioni dei militi per l’accozzaglia di scafi e vele che avrebbero cancellato la linea dell’orizzonte.

Se deserto di sabbia fine fosse stato il mare ... non ci sarebbe stato quel ponte che sembra borbottare nel calpestio del suo andare veloce sulle travi. “Gallia est omnis divisa in partes tres”, pensò guardando l’avvicinarsi di Clodia Maior nel chiarore della processione, e le fiaccole al torrione di Brondolo nel buio in fondo alla sua manca, “ma io non sono Cesare bensì un gallo, chiuso in un pollaio.”





São Paulo, 25 ottobre 2012.

Giancarlo Varagnolo




Nota: “Cantami, o diva” dovrebbe essere scritto in greco.

Nessun commento: