lunedì 17 dicembre 2012

Il leone di Chiozza

Il leone di Chiozza


Drammatizzadione di

Giancarlo varagnolo



Bentornati a questo ponte per sedere comodi su codesti vetusti marmi ed ammirare alla Vostra destra la parte terminale della impareggiabile laguna veneta, al centro osservare il Vostro zelante narratore, ancora una volta felice e onorato di intrattenerVi con una dilettevole istoria, e ... e alla Vostra sinistra potete scorgere l’agile e svettante Colonna di Vigo, della piazzetta Vigo che è questa. Colonna che ha la sua storia, e il leone lassù in cima che ne ha un’altra tutta sua. Lo so, lo so che qualcuno già mormora e sorride ironico e ... ssst! niente versi di animali.

Procediamo con ordine: la colonna. Lunga 4 kilometri, sì, cioè, alta 4 metri, solo la colonna che è la parte lunga e rotonda e cilindrica circolare; detta colonna è scolpita in marmo greco, cioè dei monti della grecia, quella con Sparta e Atene e l’Olimpo che avete studiato a scuola. No? Sì? Domani sera ritornate qua che vi faccio una lezione di storia antichissima. Perché se poi i più bravi ... Ho detto “bravi” e non “secchioni”! I più diligenti e studiosi, dicevo, vanno a leggersi la storia di questa impareggiabile città che è Chioggia, vedranno che sembra, pare che il fondatore sia stato un certo Clodius, esule troiano. Che cosa c’entrano i troiani con i greci? Ma per la guerra di Troia! Non ditemi che non ne sapete nulla. Ma sì, quella con Achille, Ulisse e il cavallo appunto di Troia, e Elena e Omero ... Omero sarebbe il poeta che ha scritto l’Iliade che è una cronaca della guerra di Troia che in greco si dice Ilio, Iliade, come dire Vicenza e vicentin.

Or dunque, non guardate me, discendente di Clodius, iliade, ma osservate la colonna: ella è sormontata da un capitello bizantino. La parte terminale della colonna! La piattaforma dove poggia il leone è stata aggiunta di poi, come la base con gradini e zoccolo cubico. Il capitello è la parte finale, la punta per così dire, della colonna: c’è il cilindro e poi quel “coso” intarsiato, lavorato, che è il capitello. Chiaro? Colonna, capitello. Bizantino perché scolpito nello stile, alla moda diciamo così, di Bisanzio, che sarebbe Costantinopoli che sarebbe, anzi è oggi, Istambul.

Ma lasciamo perdere Storia e geografia e educazione artistica e andiamo ai fatti: restiamo qui in piazzetta Vigo, alla colonna di Vigo, che fu trovata, sola soletta, questa e questa sola, qui in Chioggia nel 1763 durante gli scavi per le fondamenta della Torre Civica, dove ora c’è l’imponente palazzo municiale, e ci son voluti 23 anni perché dal centro città arrivasse fin qui e fosse eretta – e Voi vi lagnate del ritardo dei treni... Bon, dopo che ho finito il racconto potete andarvi a leggere quel che è scritto sui quattro lati della base. Per i soliti ‘nalfabeti, ricordo i numeri romani: Muu è mmmille, Di di dado è 500, LLL di luna è 50, Ci è facile perché è ccccento, ics è 10, Vi come Vittoria è 5 e un’asta è 1, quindi 1786, l’anno di erezione – erigere, eretto, bello dritto lì – è scritto: Mmm Dd Ci Ci Lll ics ics ics Vi e un’asta.

Andiamo avanti, anzi in alto. Ed eccoci arrivati al nostro leone. Avendo le ali va di qua e di là senza sforzo e senza sporcarsi le zampe. Perché ha le ali? Ma perché è il leone di san Marco! Essendo santo lui, il san Marco, anche al suo leone è stato dato un segno di ... santo, di divino: le ali come gli ... angeli; bravi! Vedete che ha un libro fra le zampe?! Bene; se andate a vedere su un altro qualsiasi leone di san Marco che sia alla vostra portata di occhio, potrete leggere: “Pax tibi Marce evangelista meus”, Pace a te Marco, mio evangelista, e non vi sto a dire dei quattro evangelisti: Portos, Athos, Aramis e Marcos.

Il leone! Aarrr! [ruggito] È proprio chioggiotto; tutto sua madre. Ma come?! Venezia ha il leone, di san Marco, e Chioggia ha la leonessa di Clodius, il troiano. I leoni non li porta mica la cicogna come Dunbo l’elefantino, che volava anche lui, né nascono sotto i cavoli o il radicchio! La leonessa fa i leoni, la mucca fa i mucchi e il gallo fa chicchirichì. Ammirate il suo sorriso! È lassù adagiato come fosse su un divano a guardare “Le veline” alla TV. Sorride che sembra la pubblicità d’un dentrificio di quelli anticarie, antibatteri, anti alitosi, anti placche, anti suocere. Sorride con il suo libricino aperto che in verità non è il vangelo di Marco, ma I promessi sposi del Manzoni che la sua mamma leonessa gli ha dato per imparare l’italiano: “Studia, Fofino, che ti fa bene!” E Fofino ... Eh: Fo-fi-no; così lo chiama sua mamma, la leonessa della città di Chioggia! Figurarsi un leone con ‘sto nome! “Re Leone Fofino”, “Fofino, il re degli animali”. Il suo nome per intero in verità è FortunatoFelice Leon Cluniacense o de Clugia. Sapete, vero?, che la città di Chioggia ha come patroni due fratelli, martiri, Felice e Fortunato, così in loro onore abbiamo Leone Fortunato Felice, nick name: Fofino. “El gato de Ciosa” è una “nomenança”, un nomignolo ingiurioso, un appellativo e un soprannome scaturito dall’invidia dei nostri vicini. Invidiosi di che? Ma guardate attentamente il nostro Fortunato Felice Leon de Clugia! Sorride, spaparanzato comodo con un libro in mano di cui guarda le figure – ha un’edizione di quelle giuste per adolescenti. Mentre gli altri leoni marciani, marciani non marziani! Marciano: di Marco.

Dicevo che se guardate gli altri leoni di san Marco, li vedete tutti ritti in piedi, sull’attenti, seri, canini in fuori – i canini sono ‘sti denti qua! Libro ben aperto, coda possibilmente eretta, in tiro, ali spiegate a squadra, altro che i corazzieri del presidente della repubblica! Serio. “Boni, che se no ve magno! Agli ordini!” Invece il nostro lì sdraiato che butta un occhio agli aperitivi, agli spritz del bar, non che gli piacciano: è astemio e quasi vegetariano. Come, non lo sapevate? Vegetarian a xé. Cioè preferisce il pesce alla carne.

Lo sapevo che qualcuno avrebbe esclamato: “Per forsa: a xé un gato!” To nono sarà un gato spelacchiato! Il pesce è più salubre, più dietetico, più ... più bon de la carne. Non è mica stupido il mioleone là in alto. E anche perché con tutto il pesce, il buon pesce che c’è a Chioggia, cosa vuoi mangiare carne che viene chissà da dove e da chi. Sì, ogni tanto due fettine di sopressa con l’aglio ... Ah, non è come quei leoni ... Adesso vi racconto il fatto.

C’era una volta un leone che convocò altri tre animali, una mucca una capra e una pecora, o un lupo una volpe e un corvo, o ... beh, insomma, a quei tre disse: “Facciamo una società, uniamoci, e tutto quello che catturiamo lo divideremo fra noi quattro.” “Ben, ciò” pensarono gli altri, “il leone è l’animale più forte e abile nella caccia che avremo senza dubbio il nostro tornaconto.” Così la sera si ritrovarono e guarda lì: il leone aveva preso un’antilope, sapete: di quelle africane della savana che zampettano, saltano dritte così [mostra]. “Bene bene” disse il leone, “ora prendo la prima parte perché mi spetta di diritto; la seconda me la prendo perché sono il più forte. La tarza me la date perché sono il re ...” “E la quarta?” chiesero gli altri tre soci, con l’acquolina in bocca. “Voglio proprio vedere chi avrà il coraggio di toccarla! Gli do una di quelle zampate ...” Quando i prepotenti propongono di far società, state pur certi che se ne approfittano, si prenderanno sempre la parte migliore, se non tutto, come fu in questo caso.

Piaciuta la favola? Ve ne racconto un’altra. Sono di Esopo, che è un greco, come il marmo della colonna là, vissuto più di 2000 anni fa, immaginate. Qualcuno, i più studiati, forse conosceranno meglio Fedro, che è vissuto solamente 2000 anni fa e che ha tradotto dal greco in latino le favole di Esopo e ne ha aggiunte altre sue. Questa è carina perché il leone ... Ma procediamo con ordine, dall’inizio.

Nella savana, dove vivono i leoni, e non nella foresta ché fra alberi, cespugli, liane e tutto il resto della flora non è facile muoversi. Nella savana, dunque, c’era una zanzara; una zanzara normale, piccolina così, ma un po’ pazzerella che s’era messa in testa d’essere più forte di un leone e che voleva affrontare per dimostrarlo, voleva proprio fare un incontro di lotta con lui. Quando il leone lo seppe, immaginatevi le risate che si fece: “Una zanzara mi sfida a duello? Ahahaha! Una zanzara afferma che è più forte di me? Ahahah! Una zanzara piccina così? Ahahah! Voglio proprio vedere.” Il leone acconsentì a battersi contro la zanzara. Nella savana si sparse la voce, ed anche nella foresta vicina- non vi dico le scimmie come se la godevano a immaginare il match. Nel giorno dell’incontro c’erano tanti di quegli animali ... più spettatori che alla finalissima della Coppa dei Campioni ... Brasile-Italia. Gong! Inizia il primo round. “Vieni che ti mangio! Grrr” celiava, cioè scherzava il leone, “Dove sei, che non ti vedo!” E la zzanzara zzzzzì vola dritta veloce sul naso del leone e zzzaccate! Una bella punturina piccola, ma così pruriginosa, così fastidiosa, così insopportabile ...il naso è un punto sensubile, neh, che il leone comincia a darsi zampate sul muso, e che zampate! Si graffia e si mette KO da solo. Olé, olé olé olé! Vittoria della zanzara al primo round! Evviva! Il re, il leone, deve ammettere la sconfitta. “Ma guarda un po’ te che mi doveva capitare.”, e si gratta piano pianino delicatamente con la punta di un’unghiona il naso che gli continua a prudere. La zanzara, con aria di sufficienza, “Ve l’avevoz detto che avrei vintozz.”, svolazza pavoneggiandosi di qua e di là e tacip! “Cozza èz quezsto? Ohz poveraz mez!” Era tanto presa a darsi arie per la sua vittoria che non si era accorta della tela di ragno, dove ora si trovava impigliata. “Ohz , pozveraz mezzz! Ohzz, pozveraz mez, vo’ a morerezzzz!” Il pubblico non se n’era accorto di quel che stava accadendo, erano tutti presi a commentare gridando e ridendo la sfida appena conclusasi. Ma il leone ch’era lì vicino sente tutto ‘sto ronzzzio di disperazzzzione e ... “Eccolo qua il nostro campione, il nostro vincitore!” E ... e ... Questo leone non era un manigoldo, un malvagio, un cinico prepotente come quello della favla precedente, no, questo era, come dire, saggio, buono. Pluc! Dà un colpetto con il dito alla ragnatela e libera la zanzara. “Vedi, mia cara, spesso non sono i grandi ostacoli bensì i piccoli inconvenienti a impedire l’attuazione dei nostri propositi.” “Zzzz, grazzzie, zzzsì; grazzzie, maezstà!” E rassicurata, ma ancor con il cuoricino palpitante, la zanzara volò via. Un grosso applauso a Re Leone!

Questo che vi propongo ora è più un aneddoto che una favola, e la morale che insegna è: badiamo più alla qualità che non alla quantità. E ha come protagonista la nostra leonessa, la leonessa che è nello stemma della città di Chioggia. Dunque, moltissimi secoli fa nacque il leone che ora vedete lassù sulla colonna. Figlio unico. Una volpe, amica della leonessa, aveva invece dato alla luce ben 5 figli; erano volpachiotti molto vivaci e poi, si sa, cinque è un bel numero per fare molti giochi e molta confusione. Così chiacchierando del più e del meno, la volpe dice a Eleonora ... – Scusate, m’ero dimenticato di dirvi il nome della madre di Fortunatofelice Leon: E-leon-ora Clodiensis. “Mia cara Leonora – dice la volpe – sarai anche una leonessa, regina degli animali, ma come madre ... Guarda lì il tuo piccolo solitario, solo solo, un po’ poco avere un unico figlio. Io ne ho cinque, guarda che bellezza, gurda che vitalità ...” “ Hai ragione, comare Volpe, ho un figlio solo, ma è un leone, e sarà re.” Taratatàn!

Ovviamente re degli animali, perché qui è sempre stata repubblica, la Serenissima Repubblica di Venezia. Ed ora l’ultimo racconto che riguarda il nostro Fofino, il nostro Leon de Clugia!

“I Genovesi stanno arrivando per mare!” “I Padovani da terra!” “Gli Ungari ...” Dal cielo no ché non erano ancora stati inventate le aereonavi, gli aerei, e quindi non c’erano nemmeno i paracadutisti. Icaro? Qualcuno ha detto “Icaro”? Bravo: dieci e lode. Ma non erano molto affidabili le ali di piume e cera. “Alle armi! Alle armi! Ogni uomo valido si prepari alla difesa. Ogni donna ... a casa a fare la pappa e a téndare i fioi!” E le bestie, nel senso di animali?”Ghe pensi mi” fa il nostro leone, quello lì “Ciamé tute le bestie al raduno!” Ovviamente parla veneto, anzi ciosoto de Ciosa – vi ho ben detto che sta studiando la lingua italiana là con il romanzo dei Promessi Sposi. Così giungono tutti gli animali della città ed anche da Clodia Minor, l’odierna Sottomarina, e da Brondolo ch’era l’estremo sud delle difese chioggiotte. “Quadrupedi, e anche bipedi: ‘scolteme! Ghe sarà la guera; anca nu dovemo darghe ‘na man a ‘sti omeni. Savé ben come che la va a finire se vinçe ‘st’altri: i ciape i cope i maçe e i bruze tuto.” Così manda i cani, le volpi, i cavalli e i gabbiani ad aiutare nella difesa. “E de ‘sti qua, cossa femio?” fa un falco, di quelli che si usavanoper a caccia – ve lo spiego un’altra volta, quando venite a vedere Chichibio e la gru, come viene usato per cacciare – e ‘sto falco, che aveva il grado di aiutante in campo del re Leon, indica le lepri che sembravano già tremare di paura, gli asini che parevano addormentati, ed anche una rappresentanza di ratti che erano lì come osservatori non essendo sudditi del leone. “Maestà, li mandemo via? No i xé boni da gnente.”, esclama un gatto, di quelli randagi che ne sanno e ne fanno più del diavolo e che, essendo un felino come il leone, era il suo vispo consigliere e confidente. “Nunquam! Illi quoque ...”, e qui Fortunatus Felix Leon declama un distico in latino come usavano fare tutti i condottieri dell’epoca, copiando da Giulio Cesare – questo sì che lo conoscete, eh?! “Giammai! – traduco in italiano forbito – Anche loro, pauperrimi, possono apportare ausilio ai temerari combattenti. Gli asini con la loro tonante assordante orrida voce saranno trombettieri e daranno l’allarmi e il via alle cariche. Le lepri, pié veloci, saranno i nostri messi portaordini. E i ratti – aggiunse senza esitare sua maestà leonina – potrebbero, a loro piacere, infiltrarsi fra le file nemiche e appropriarsi ergo, cioè, anche rovinare le loro provvigioni alimentari. Buon pro Vi faccia!” Così parlò Fortunato Felice Leon de Clugia nel 1379. Il resto è Storia. Oggi è “Palio della Marciliana”.

Concludendo rispondiamo al pressante quesito: perché si fan beffe i forestieri di questo nostro integerrimo leone e lo si nomina con l’appellativo di “el gato de Cioooxa”? Per invidia, tutta invidia, nient’altro che invidia. Potrei dire ignoranza, ma sarei frainteso; ignoranza come non-conoscenza. Che cos’è che ignorano quelli che vengono qui in Chioggia da fuori? Che cos’è che ci invidiano? Il gatto. Sì, veridicamente, la nostra predisposizione a condurre una vita da gatti: abbastanza liberi, abbastanza indipendenti, abbastanza ... vai-con-la-marea. “Fin che ghe n’è, fragia!” Fino a che ce n’è (di qualsiasi cosa), approfittane adeguatamente. La marea per sei ore cresce, per sei ore cala. Così va la vita. Meglio un giorno da leoni ... Mi fate ridere! Viva i gati e le renghe a scota deo!

A rivederci!

São Paulo, 1° ottobre 2012.

Giancarlo Varagnolo



Note di regia: 1- le favole vanno raccontate con più enfasi vocale e gestuale.

2- Quando si spiegano i numeri romani usare la simbologia comune dell’alfabeto muto (es. la M sono tre dita verso il basso).

NB : Il finale abbisogna di un’aggiustatina.

gv

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