martedì 3 maggio 2016

8 del 3


                                             G I A N C A R L O    V A R A G N O L O
                                                    
                                        §-                              8 del 3                                    -§                              
                                                                       ********
                                                                     - atto unico -
 Personaggi:
      SOFIA: mezz'età, tipo normale, tailleur gonna, tacchi bassi;                                                                     MARIA: giovane, camicia avorio maniche lunghe, gonna ampia bruna sotto il ginocchi, espadrillas - trucco del viso: "pallido" ma luminoso;                       LIDIA: casual-sportivo, pantaloni, tacchi alti.
      #Scena: un corto palo semibruciacchiato e pezzi di legno, quasi al centro; di lato una croce quadrata (tipo "pisana") e davanti una sedia impagliata (sulla quale è seduta Mr coperta da un velo cenere).
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    VOCI fuori campo: Perchè? (ripetuto più volte, in toni e volumi; entra Sf dal lato oposto di Mr).
   SOFIA: Come? Come? Come può essere accaduto? (il primo a volume normale, poi la voce si abbasa fino a diventare un sussurro, un " pensare parlato") Le grida, il fuoco, gli urli e spasimi. Occhi sbarrati, bocche contratte. La fiamma e il fumo. L'odore di corpi che trasudano paura. Come tutto questo, così ... temporale estivo che bagna, flagella, innonda; strappa, divelge, sradica; trascina ... (andando verso Mr) Maria. Maria; Maria? Sei qui, lo so, ancora qui ... (guardando i rsti del rogo) Le calde ceneri, le ceneri, la morte dalle dita di ghiaccio venuta con il fuoco. Maria; Maria. (toglie il velo che la copre) Maria! Maria (avvicinandosi quasi a toccarla) come hanno potuto? Come? Sbranata da stolidi cani, dilaniata la tua anima da turpi corvi; e il belare delle pecore, il ragliare degli asini, lo sguittire del maiale nel brago. Come è stato, Maria? (le toglie la grossa corda che le serra i polsi) Difenderti: ma come? Fuggire: ma dove? La piena dell'odio che sommerge tutti i cuori, la nebbia del terrore che ottunde le menti, e gli animi si rattrappiscono, seccano, muoiono. Come è potuto accadere? E ancora, e ancora. Maria Maria Maria: come non può accadere a me? A me. (guarda la corda che tiene in mano, l'avvolge ai polsi, l'avvicina al collo, ...)
    MARIA (voce fra il normale e il "soave") Sono gli altri
 a deciderlo, hai visto?, non noi; non io, non tu. Gli altri, quegli altri che ruminano odio e rancore per la
 loro paura di vivere.
   Sf: Quali "altri"? Altri chi? La piazza gremita di folla ululante ... donne e bambini ... Gli altri ... sono tutti, tutti {quanti}.
   Mr (lieve sorriso): Se la mandria ti travolge non è sua la colpa, la causa è il mandriano che l'ha costretta a correre, a muggire, a impazzire.
   Sf: La mandria, il gregge, la folla; gli altri ... Ad essere dilaniata sei stata solo tu, Maria, tu sola.
   Mr (sorridendo triste): La prescelta, dalle circostanze, dalla cattiveria degli uomini. La sacrificata di oggi, la vittima del giorno presente; la mia polvere si confonde già con le arse di ieri e del giorno prima e delle passate stagioni, non ricordi più? Non sono la prima, ma l'ultima del presente giorno, domani, chissà forse ... chi può dirlo? (prende un capo della corda e lo tira piano facendo inclinare Sf che lo tiene stretto, quindi ottovoce:) tu.
  Sf: Come può essere che ciò accada? Come può cadere la scelta su di me che ... che ... Che abbiamo da condividere? L'amicizia, che fu; null'altro ci accomuna, ci fa somiglianti, ci confonde. Io? No, mai!
   Mr: Non dipende da te, da me, da noi. Non siamo noi a scegliere il nostro futuro; possiamo tntare sì, ma il destino è già segnato fin dalla nascita nel nostro corpo, il nostro, nostro, nostro.
   Sf (lascia andare la fune e s'erge) Quali sono i segni? Dove sono le tracce del mio destino? E nel tuo corpo cos'erano? Dov'erano? Come l'hanno saputo, loro. (si guarda intorno, si avvicina a Mr) Quali sono gli indizi, i segni tuoi, quali? (gurda circospetta, poi, sottovoce ma imperativa:) Quali?
   Mr (avvolgendo la grossa fune al braccio): Il taglio profondo, la ferita con la quale veniamo al mondo; la ferita che sanguina ogni ritorno della luna quando diventiamo feconde; la ferita da dove esce la vita, entra l'amore, e il più delle volte è posseduta dall'odio. (scioglie l'avvolgimento dal braccio e percuote Sf per indicare il corpo) Il corpo nostro, la tua sembiante e la mia. Questi nostri fianchi (passa la corda man mano che parla), e il ventre e il petto e la bocca che deve cantare o tacre. Queste mani che parlano e gli occhi, lo sguardo nostro. Lo sguardo, maledetto sia, che sempre porta in sè lo scintillio della vita, dell'amore, dell'accondiscedenza. E l'odio rancoroso cresce negli altri che pure sono nati da donna, che pure hanno succhiato il nostro latte, che pure sono stati amati, accuduti, cresciuti senza chiedere noi nulla in cambio. Quegli altri, gli uomini, i maschi, i nati con la verga. E noi donne ferite, anguinanti, attiriamo questi cani famelici infoiati dai nostri umori e pazzi, dementi, furiosi ci sbranano nella loro cieca brama di possesso. E di odio, e d'impotenza, e di vergogna. E di timore e paura. (s'è alzata e avvicinata allo spezzone del palo) Distruggono, bruciano le proprie angosce.
    Sf: Maria ... Maria, che stai dicendo? Di che cosa {parli} ...?
   Mr: Sssst, capirai. (le dà la corda) Capirete; dovrete capire; bisogna che vi rendiate conto, voi, le vive, dell'odio che vi circonda, del desidrio iroso di vendetta che vi segue in ogni ora del giorno, della schiumosa rabbia impotente che cerca spasmodicamente l'occasione, il pretesto, un modo d'agire danneggiandoci, umiliandoci, facendoci sparire. (Sf tenta di intervenire "Ma ..?", Mr le mette la mano aperta davanti la bocca) Non chiedere a me, e nemmeno loro lo sanno. Fors'è il loro irrigidirsi afflosciarsi che li rende incerti, sospettosi, insicuri, angosciati, paranoici, furiosi, devastati devastatori. Chiedono sangue, per paura, per fuggire alla vita, per odio al vivere seguendo la fasi lunari. Sempre fecondi e mai sazi. E si scannano fra loro tentando così di dimenticari, di obliare la nullità del loro stato nell'incertezza della loro potenza virile. Noi siamo ferite, il loro terrore è di essere feriti. Piuttosto la morte, e così diventano eroi, nel sangue di sè e degli altri. Così diventano lividi morti viventi massacratori vanagloriosi delle sofferenze degli altri per dimenticare le loro pene, le loro angosce, le loro lacerazioni. Quegli altri: i maschi. (s'inginocchia e siede sui talloni, alla giapponese - attimo di silenzio con Sf che non riesce a trovare le parole e gesticola, pianamente, un po', indi:)
   Sf: Come, come puoi dire che è così? Non tutti ... forse alcuno ... La piazza era gremita, l'ho visto. Tutti, dunque, anche gli amici di un tempo. Come può accadere? E tu, allora, dunque ... capro espiatorio' Innocente immacolata per le smanie insoddisfatte altrui? Vittima di cupidige e rancori non tuoi, non nostri, ma loro! Ed io, tu dici, forse, chissà, può essere che sia la prossima a ... (s'avvicina al palo, vi lega il pezzo di corda) Perchè ogni stagione dà i suoi frutti, perchè ogni stagione ha le sue pene, perchè ogni tempo consuma le sue energie. Io, la prossima, perchè (...)
   Mr (a bassa voce): Donna; donna, donna. Nessun altro motivo, ma il nostro essere femmine. E poi madri, e poi e dopo e sempre oggetto dl desiderio del maschio.
   Sf: Ma anche noi ... l'ampleso voluto, desiderato, cercato, goduto; sognato ... Perchè la stizza, la rabbia, l'odio, il furore dell'uomo che pur ha gioito e soddisfatto l'agognato piacere? Non dovrebb'esserci pace e oblio e lamguore dopo che i corpi si sono congiunti in spasmi, sudore e deliqui? Lo si chiama amore non anticamera dell'ira e rancore mortale.
   Mr: Non essere mai appagati, non sedare mai la smania che ti serpeggia nelle vicere, non por fine al desiderio e vivere nel'insoddisfazione e l'insinuante timore di una possibile impotenza, menomazione, perdita di potere, sottomissione ...(su un solo ginocchio, busto eretto, sussurrato:) Castrazione; ecco, sì, castrazione: il divenire ancor più inutili, accessori, di quel che sono. Il fuco già usato, sfruttato, munto lanciato fuori dal favo. (si alza in piedi) Noi: la vita; noi: l'alimento; noi: la matrice; noi: il dolore che si sopporta, il sangue che scorre e esce; noi: il dare. (si pone con la schiena al palo, le braccia dietro) Noi: le sacrificate prchè non conosciamo sconfitta; noi: le vilipese perchè siamo pazienti; noi: esacrate perchè ci bastiamo; noi: le invidiate. (alza le braccia come se ora fosse legata al di sopra della testa)
   Sf: Invidia? Invidia di che? perchè? Come non accettare ...? Forse è nostra la colpa, o di un dio che ha voluto così? In natura non è disgiunto, bipartito, diviso perchè s'incontri e ci si congiunga per continuare la specie e con esso la Vita? Può l'uno senza l'altro esistere, continuare a sussistere; perpetuarsi? dunque, come può essere questa furia crudele, insensata, incessante verso l'altra metà dell'universo? Omicidio come lento suicidio; disprezzo come inane rivalsa della prpria pochezza, bassessa, inerzia, viltà. È questo, Maria?
   Mr (muovendo qualche passo fra i resti della pira): Non resta che cenere, dopo le fiamme e l'acre fumo, e il calore, ecco, null'altro che cenere; impalpabile. Il vento la disperderà e la pioggia l'unirà, dissolvendola, alla terra. Altro fuoco, altra cenere; altre vite, altre morti, pene e gioie, altre, talora nuove forse conosciute, altre, ancora. (va alla sedia, siede) Ci si stanca, no, non di vivere, non di soffrire, non di andare verso il nulla, no; ci si stanca del diurno, continuo, incessante stato d'allerta che l'altro t'ompone; ci si stanca e si cede per la troppa tensione, per l'attenzione continua alle avvisaglie dell'arrivo del nemico, del male, dell'orrore. Ci si stanca; mera stanchezza, spossatezza, forse,; e così i nostri sensi si ottundono, li lasciamo anchilosare, svanire, immiserire ... per stanchezza, per sonno, per desiderio d'oblio e vuoto. (dal tono sommesso, quasi rassegnato, passa a un sorriso:) Perchè mi guardi così? Non ero io a cercare l'estasi, ma il bisogno, la pulsione d'appartarmi dalla realtà, a muovermi verso l'isolamento, della mia mente almeno, una chiusura per continuare ad essere ancora, in qualche modo, viva al mondo. Come nascondersi nell'alto d'una torre e guardare da lì la piazza del mercato. Nascosta, sola, in pace, se non felice. E poi suonano le campane (le mani che teneva in grembo s'alzano sopra la testa) don don dan don, e per un attimo credi che t'abiano scoperto, ed è la fine. Don, don; don. (vedendo Sf interdetta) Capirai, vedrai, capirai.
   Sf (volgendosi a guardare il rogo): Ma allora ... Tu ... No! Dimmi che non è vero! Dimmi che non `vero! ... Maria, no. ... Quando, come? (la prende per gli òmeri).
   Mr (calma, quasi sorridente): No, non io; non temere, Sofìa, no, non io. O forse, ecco, sì, negli ultimi momenti, quando già la mia mente, il mio spirito, la mia anima, la mia voglia di vivere non era già più qui su questa terra. Forse allora ho acconsentito, ho lasciato che mi plasmassi secondo i loro desideri, i loro dettemi, i loro preconcetti, i loro ubìe. Perchè, vedi, sono gli altri a decidere le tue azioni, a decretarne il senso, il valore, il significato. Mille sguardi, mille interpretazioni, mille giudizi e mille sentenze. E tu, ed io o l'altro a compiere lo stesso identico atto ci troviamo ad essere intesi, fraintesi, capiti, visti e creduti anche per quello che non è, al di là dell'intenzione, motivo, causa, volontà nostra, mia o tua. (s'alza e va verso il lato opposto, seguita da Sf) Arsa, condannata al rogo, inquisita, santamente inquisita ... Le prove della colpevolezza mia, i miei misfatti? Nel prisma mentale dell'accusa, dei testimoni in bona fides. Prendi sbadatamente un legnetto bruciacchiato (raccoglie) e tracci spensieratamente l'iniziale del tuo nome: ecco, emme di Maria, logico, chiaro, lineare. (lasciando cadere il pezzo di legno) Sicura?! Non potrebbe essere emme di morte, emme di maligno, emme di maledizione, emme di melacotogna o merlo? E se cammino troppo eretta (esegue), non sarà perchè sono altezzoza? o per mettere lubricamente in mostra le tette? o per vedere troppo oltre? Sai andare a cavallo, suoni il liuto, scrivi poesie?! E lavi con acqua e aceto le ferite? Tu, donbna!? Tu, che hai mangiato la mela! Tu, che ci hai dannati! Tu, (...)
   Sf: Ma la madre di Dio, Maria, la santa Maria, la Madonna, non è donna, femmina, madre? Non è venerata?! e le altre tante sante e martiri ...?
   Mr: Martiri ... Le sante martiri riempiono un calendario, e le altre? le non santificate, non beatificate, non riconosciute e dimenticate? Le martiri della quotidianità, della vita di tutti i giorni? Le {quelle che sono} picchiate, le avvilite, le schiavizzate, le represse; le stuprate ...? Morire dentro è peggio che morire per davvero. Tu che farai? (muove col piede i legnetti guardandoli)
   Sf: Io?! Io che c'entro? Fare che? Io ... Che dovrei fare: sono già come le altre, lo so, mi vedo, le vedo. Perchè io dovrei cambiare? E poi, per che cosa? Che dovrei fare? Sto già facendo, vedi: son venuta, son rimasta qui quando tutti, tutte se ne sono andate.
   Mr: Talvolta gli occhi non servono per vedere, nè le orecchie per udire, nè la lingua per parlare. Vieni, siedi; respira piano. (Sf esegue) Non guardare me, ma il nulla: la punta del tuo naso. (glielo sfiora) Le spighe di grano mosse dal vento, l'erba del prato andeggia nel silenzio, ma l'onda di chiama perdendosi sulla battigia. Nel sole, nel chiaro della luna, nella note bruna un silenzio punteggiato di sonorità lontane. (il tutto dette come se fosse un lento carillon a suonare: a sillabe staccate - cercare la melodia! - intanto entra Ld dal fondo)
   LIDIA (arrivata al palo): Cenere: un'altra donna ridotta in polvere; polvere al femminile. (andando verso Mr & Sf) Voi qui: due  donne! C'eravate (...)? (Mr le fa cenno di tacere indicando Sf; Ld s'avvicina, sussurrando:) Che le è successo? E lei che ...? (cenno del capo al rogo, Mrfa cenno di no, Ld a gesti la porta al centro e:) Vedo con rammarico che la pazzia dilaga. Quante donne qui sono state condannate al rogo? Solo lei (indicando Sf)? E (...)
    Mr: Non lei, io, solo io; ma altre sono incarcerate e denunce cadono sul banco dell'inquisitore come fiocchi di neve nell'inverno peggiore. Lei ... non so, l'ultima amica e forse sarà l'unica colpa che la perderà.
    Ld (sorpresa-perplessa): Dunque tu ... Ma tu, dunque, ... (sorride, poi ride giubilante) Allora ... Allora sei una strega per davvero! Che piacere! Cioè, capiscimi, intendo dire, ecco, insomma, non strega delle loro, ma "strega" (cenno delle virgolette) delle nostre, di noi donne. Che piacere! (l'abbraccia, Mr rimane sulle sue, vagamente sconcertata)
    Mr: Loro ... gli inquisitori, m'hanno rimproverato di trasgredire le regole della Chiesa; loro, hanno proclamato ch'ero posseduta da spiriti maligni. Loro ... loro mi han rinfacciato la mia impudicizia nell'essere donna, solo. Loro m'hanno condannato biliosi per quel che io sono, stravolgendo ogni mia azione, ogni mia parola, lo stesso mio silenzio, volgendo il tutto in blasfemia, perversione, diavoleria, maleficio, tyurpedine, eresia, e ... (guarda interrogativa Ld e sconsolata il rogo)
    Ld: Lo sappiamo: loro, loro, loro: i maledetti, i misogeni, i tristi eunuchi, gli agonizzanti sofferenti della loro stessa invidia, gli odiatori della Vita, i senza pace, i senza gioia, i maledetti. E dietro a loro tutti gli altri, il branco di sciacalli, lo stormo di corvi, il groviglio di cobra, l'accolita di tarati. "Dio lo vuole!" e ci azzannano, ci graffiano, ci mordono, ci macellano. E se poi Dio fosse una donna, negra e libertina? Loro ... i maschi. Loro, che hanno inventato l'invidia del pene quando smaniano di riintrodursi nell'utero materno. Rancore, disprezzo, timore perchè il cordone ombelicale è stato tagliato. Non ci perdonano questo abbandono: l'averli allontanati dal nostro ventre, dal nostro seno, dalla nostra intimità. L'odio cresce dentro i loro testicoli e il loro dichiarato "amore" è bisogno, bisogno di colmare il vuoto che è in loro, bisogno lancinante di non sentirsi rifiutati, da me, da te, dalla vita stessa.
    Mr: Ho visto quanto erano colmi d'odio gli occhi crudelmente sfavillanti degli inquisitori, e lo udito nei ghigni della folla. Un odio che s'accresce di se stesso con tempeste d'ira di cui non capivo la causa. Perchè io (...)
    Ld: Perchè io, e tu ... siamo donne: solo questo. Il nostro destino prefigurato dalla nacita. È scritto nel "grande libro", sì, certo, ma embra che il buon dio maschio abbia concesso solamente una striminzita paginetta ad ogni donna. Ti, invece, credevi d'averne a disposizione un capitolo, vero? Io, di pagine, ne voglio mille!
   Mr: Non volevo nulla, niente in più di vivere la vita, la mia quotidianità, d'essere libera ... ma nemmeno sapevo d'essere libera! L'ho scoperto poi quando quella libertà m'è stata tolta chiudendomi in una fetida prigione; rinfacciandomi il mio fare.
   Ld: È questo, sorella, che dobbiamo apprendere: essere noi e crescere, difenderci, lottare. (la scuote cordialmente)
  Mr: Lottare? Volevo vivere la vita, la mia vita; già ogni giorno porta problemi che devono essere affrontati. E poi: chi immaginava d'avere tanti nemici? Che ci fosse tanta malvagità intorno a me? Vivevo e mi bastava.
  Ld: Non basta, l'hai sperimentato sulla tua pelle; non basta "vivere", bisogna guardarsi attorno, capire dove si è. "Vivere", certo, in prima persona è fondamentale, ma poi guardare vedere capire la realtà che ci circonda. E da sola, una non si basta.
   Mr: Ma io ... Certo, non ero sola: i vicini, quelli che potevo aiutare, bambini talvolta da accudire, ... animali ... che buffi! e ci si può parlare: t'ascoltano!
   Ld (vagamente ironica): Ah, parlavi con gli animali! E i tuoi "cari" vicini lo avranno testimoniato sotto giuramento, n'evvero? (Mr afferma scuotendo la testa bassa) Vedi, da sola sei come un solo filo di questa corda (la prende in mano), uno solo quanto è forte, quanto peso può sollevare o trainare, o tenere legato, senzache si spezzi? Ma tre o quattro? E tutti questi? (dà strattoni alla fune) L'unione fa la forza; e, uniti, si vince; o lo meno si resiste di più. Qualcuno che ti copra le spalle ... più occhi che vedono, più (...)
  Mr: Ma io ..., io vivevo, vivevo senza pensiri, senza timori, senza ... senza nulla; vivevo! Ed anche così, perchè ero così, m'hanno accusata di ... di ... (scuote la testa).
  Ld: Non sei la sola. Potrei chiamarti ingenua, ma la colpa di cui non t'hanno accusato apertamente è che tu sei vera, lieta, verginale in un mondo di rancori, invidie, disillusioni. Un'altra vita, un'alra testimone; un'altra vittima.
   Mr (a testa china): Mi dispiace.
   Ld: Di che? (le alza la testa prendendola per il mento) Hai vissuto come si dovrebbe vivere, e la tua agonia è un monito che resta. Non ... (la stringe agli omeri come a consolarla-darle forza)
   Mr: Forse è meglio che vada.
   Ld: Riposa in pace. Il tuo ricordo resterà sempre con noi. (abbraccio, Mr esce dal fondo, Ld la guarda sparire poi, calciando i pezzetti di legno:) Tra le fiamme anche il sangue brucia, non lacia segno; tutto diventa cenere, polvere, fumo. I popoli vinti, gli schiavi ribelli, gli infedeli, gli eretici, gli indios, gli ebrei, i diversi, gli altri, i nemici, ... le streghe, le donne. Gli animali, in mancanza di meglio. Caccia e sterminio; ammazzare: lo sport preferito dall'uomo. Il calcio? Sì, erto, ma con una bella zuffa, pestaggio, alla fine. Àca, toro! (ultimo calcio e va verso Sf) Om. Meditare: ottimo; è come la crema antirughe o rassodante: male non fa, però ... però ... però (espressione dubbiosa; poi, rivolta al pubblico) La ... la chiamo? Certo che non è un can-che-dorme, ma, al di fuor di metafora, è una bella responsabilità, sapete, "svegliare" qualcuno. E se sta facendo un bel sogno, il sogno che lenisce le miserie, gli affanni, le cilecche della vita vissuta quotidiana? Talvolta è meglio non sapere, non far partecipe gli altri di come veramente va il mondo. E se poi l'illuminata, la risvegliata, la presa di coscienza si tramuta in paranoia, schizofrenia, pazzia? (vicina, di lato, con voce "yoga":) Il grano maturo s'inchina ai raggi del sole, i caccia da ricognizione rientrano e prendono il volo quelli da bombardamento, farfalle volano di papavero in papavero, macchie rosse: sangue non ancora rappreso. È il mattino di un nuovo giorno. (batte due volte, leggera, le mani)
   Sf (Sf la guarda, poi cerca con lo sguardo Mr e s'alza): Maria?... Era qui ... L'avete vista?
   Ld: Sì, se n'è andata, andata .. (indica il rogo e il fondo) Resta il ricordo e la cenere.
   Sf: ... Chi sei?
   Ld: La nuova maestra di musica. (ride) Di una musica che deve cambiare. Vuoi imparare? Ci stai?! (assenso dubbioso di Sf) Prendi fiato ... (lento e molto scandito) "Se pur che siamo donne" - ripeti. (Sf canta incerta, Ld riprende, e assieme:) "Se pur che siamo donne, paura non abbiamo" ... Brava! Un pochino di più ritmo, di brio! "Se pur che siamo donne, paura non abbiamo ......" (da fuori campo un primo coro registrato, a cui si unisce un secondo e poi un terzo ... e si spera che si unisca anche il pubblico!).
                                                                                    Pasto (Colombia), 18 gennaio 2016
                                                                                             Giancarlo Varagnolo
                                  (Nota: Si possono modificare le restanti parole della popolare canzone, o sceglierne    una più recente purchè  popolare e conosciuta.)

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