domenica 1 maggio 2016

The Target AUDIENCE

                                                           The TARGET AUDIENCE
                                                 
                                                                                                           Giancarlo Varagnolo
   Sarò chiaro e breve. Breve perchè abbiamo calcolato i tempi, e chiaro, comprensibile, “capibile” poichè già è stato presentato ad un pubblico, audience, attivo  che ha espresso il proprio parere, e sul suggerimento di tale pubblico (ristretto) abbiamo rivisto, rotoccato, assestato l’esposizione Il pubblico; la platea; gli ascoltatori, …, VOI.
                Proponendo uno spettacolo teatrale, quanto si pensa a chi verrà a vederlo? Molto poco, e talvolta meramente in termini di affluenza di gente, anzi, più prosaicamente, in entrate finanziarie: più gente, più presenze, più biglietti venduti, maggior guadagno. E il più delle volte ci si accorge dello spettatore quando è assente, quando la sala è semivuota, quando insomma, NON c’è, quando lo spettacolo è stato un flop, un fiasco, non ha attirato, incuriosito, interessato più di tanto. Alcuni teatranti, di questa diserzione, di questo essere ignorati, di questa poca attrattiva, se ne fanno un vanto, sì, perchè pensano, autísticamente, narcisisticamente,  che aver pochissimo pubblico li qualifichi, automáticamente, come avanguardia incompresa.
                È ovvio che, se dovessimo accontentare tutti con il nostro fare, ci troveremmo nella situazione di quel padre del racconto … Già probabilmente lo conoscete, comunque, sintéticamente: c’è un padre anziano, un figlio giovanissimo e un asino da portare al mercato per essere venduto. All’inizio del percorso il figlio è sull’asino, poi il padre, poi nesssuno dei due, poi tutti e due e, in un finale ridicolo, sono loro a portare l’asino in spalla – tutti questi cambiamenti perchè venivano criticati dai passanti che incontravano.
                Ed allora? Non possiamo non tener presente l’audience, meglio: dobbiamo aver presente e chiaro a chi ci rivolgiamo, per chi recitiamo, chi è il ricevente del nostro messaggio di cui gli attori sono i vettori, i portatori, gli “araldi”.
                Per uno scrittore di racconti o romanzi, gia è stato detto, basta e gli è sufficiente un suo único proprio lettore ideale; per un poeta … uno specchio gli è, narcisisticamente, bastante; ma per l’opera teatrale no,  principalmente perchè è effimera in termini di tempi di recitazione, di invio del messaggio: la battuta vola, dura pochi secondi e non c’è possibilità per lo spettatore di rivedere, di rewind.
                Come capriccio, gioco letterario, ho scritto un atto único per un solo attore da recitare SENZA spettatori, ovviamente è inserito in un racconto, non è un monologo a se stante.
                Orbene, chi ha la priorità nella progettazione: il referente o il destinatario? Il messaggio o il ricevente? A chi dico che o che cosa dico a chi? C’è chi scoppia di idee (scoppia: autobomba …) e chi ha un pubblico da soddisfare (le superstars dello spettacolo). Ma chi è questo pubblico? La massa; tutti e nessuno. Quelli lì! Andiamo, che un’idea-immagine ce l’avete. Io – è un esempio preso a caso, neh – nella stagione estiva recito (o dirigo o scrivo … scusate la poliedricità) per 4 tipologie di spettatori: turista, bambini; amatori del teatro classico; i miei concittadini, per i quali non recitiamo in italiano ma in dialetto veneto. Beh, se debbo proprio essere sincero, c’è una quinta categoría di audience: i miei amici & colleghi, in tutte le occasioni che loro mi offrono, non ultime le cene, i simposi e i convivi, di esibirmi “al naturale”!
                Ma che teatro político fai, allora? Chiederete voi. Beh, è o non è tutto POLITICO?
                C’era una volta … il teatro político. Mi raccomando ragazzi fate attenzione perchè: chi non capisce oggi, capirà meno domani, e poi credendo di non capire si rifiuterà, più o meno consciamente, di comprendere il mondo che lo circonda.
                Ah, NON spegnete i cellurari perchè se Dio, Allah, Thor, Krisna, Zoroastro e Piripicchio non hanno bisogno del telefonino per contattarvi, la vostra mamma sì; e magari invitate qua l’interlocutore.
                Teatro; che è “fare come se”; essere altro da sè; agire per pos-posta persona, DENTRO un altro carattere (il personaggio, il ruolo). Facciamo che io sono il papà e tu la mamma; io sono un leone, e io un gorilla! Io un serpente e tu Eva; Però non mi faccio nuda! A me basta che mangi la mela. Ma non mi piacciono le mele! Posso un manga? Non c’erano manghi nel Paradiso Terrestre! Beh, facciamo finta che … Va bene. Non si potrebbe un gelato? Ehi! Quandomai i gelati crescono sugli alberi!? Uhm …, ecco: tu arrivi con il carrettino dei gelati … Cosa? Guarda che  in città, nel 2016, un albero di frutta dove lo trovi? Un gelataio sì! Dai: facciamo finta che …!
                Questo è teatro. Politico. Ahí! La faccenda si complica prerchè il termine, la parola è talmente abusata … in alcuni paesi é diventata un insulto, un quasi sinónimo di cacca o peggio di prostutuzione, sapete, quelli che si vendono per … Beh, ma anche altri vendono altro per un pugno di dollari.
                Lessicalmente “política” significa arte di governare, cioè indirizzare  e tutelare le risorse di un pueblo; che poi sia diventata sinónimo di corsa al potere amministrativo statale per averne tutti i benefici materiali (soldi, prestigio, soldi, autorità, soldi, privilegi, soldi, …) è cosa risaputa. Ora mettere insieme un “fare come se" con un “agire per prendere il potere concretamente" … niente di più facile, semplice, lineare!
                Stupiti? Allibiti? Ma dai! Quando fate un diavolo a quattro, con urla e capriole, perchè la mamma vi compri qualcosa (gelato, gioco, maglietta, etc.), non state facendo  “teatro político”? Tutta la sceneggiata (che ripetete ad oltranza) non ha lo scopo di far cambiare idea al pubblico, ristretto a mamma-papà-zie …, e farlo ragionare come voi per ottenere quel che desiderate voi?!
                Ecco: questo è teatro, ed è teatro político. Tutto il teatro è político. Tutto. Lo è perchè veicola a tutto tondo (l’attore, l’azione, l’oratoria) un’idea, un suggerimento di trasformazione del presente, della realtà. Del vissuto quotidiano. In questo, però, dobbiamo tener presente il divenire storico, ossia: quello che è attuale oggi, non lo era ieri nè lo sarà domani – poco importa che i cosidetti grandi temi rimangano, sia esso l’amore o la sete di ricchezze o la brama di potere, che ci siano sempre ricchi e poveri, sfruttati e sfruttatori, oppressi e oppressori. Diverse le ideologie, gli interessi, le speranze, …, le angosce.
                Immaginatevi voi stessi in una polis greca, o immaginatevi qui in época pre-ispanica, immaginatevi voi stessi proprio ora sulle Alpi italiane a sciare … Bueno, che azione teatrale (dramma, commedia, tragedia, farsa, show) proporreste? Perchè? Quali argomenti per far sì che il vostro pubblico, pensi, rifletta si commuova e soprattutto venga a riempire la platea? Ovviamente, umanamente, qualcosa che è in voi, che è nel cammino, nella direzione delle vostre idee, del vostro pensiero (che potrei chiamare, tout court, ideología).
                Le vibranti omelie dei sanguigni predicatori medioevali erano monologhi effervescenti di un ottimo teatro político – ora, al più, è come se raccontassero una favola a bambini già mezzo addormentati. Non che il pubblico televisivo sia più sveglio; nè quello teatrale: troppi messaggi, e la gente ne è satura, ingolfata, intorpidita. Desistere di fare teatro? Sia mai!
                Vediamo un poco di chiarirci le idee, di trovare il modo ottimale di veicolarle e … e di trovare gli auditori, il pubblico, l’audience. Chi ci applaudirà, insomma!
                Non ditemi che NON cercate l’applauso; non ci credo. Però, attenti e siate onesti con voi stessi, poichè ben diverse sono le congratulazioni, l’entusiastico assenso, la condivisione, la gioia che procúrate: l’applauso è la sintesi di tutto questo, ma che vi applauda la mamma o l’amico del cuore è scontato, che lo faccia una platea non proprio amichevole o attenta è ben altro.
                Ben altro anche l’applauso per una gigioneria adulatrice o quello per una battuta sarcástica o feroce contro la status quo (governo, economía, …).
                Non sarò io qui & ora a discutere di ideología (gasp!) política, vediamo piuttosto, teóricamente il target audience, cioè il pubblico a cui va dirigida una nostra messa in scena.
                Nella traduzione di target in spagnolo ho trovato il termine “blanco”, el blanco, così uso questo lemma e siamo meno gringo o yankee, y vamos dar en el blanco, del pubblico.
                Un pubblico, che è ben ricordarlo, è formato da individui, e fra questi cerchiamo e scegliamo il nostro destinatario della comunicazione e/o dell’azione.
                Apro parentesi su questa bipartizione perchè quasi mai azione e comunicazione coincidono, ovvero hanno lo stesso “blanco”. Per comunicazione intendo sia l’azione scenica che tutto ciò che trasmette un messaggio, e quindi: manifesti, video, pubblicità tout court, volantini. Per azione: è il coinvolgimento concreto del pubblico, qualcosa come quello che avete fatto qui pèr le calli l’ultimo giorno del festival. Vedete bene che non può essere lo stesso pubblico, anzi si fraziona il target, el blanco, man mano che si specializza-finalizza la comunicazione o l’azione. Non sono problema teorici, ma pratici, talmente pratici e concreti che i risultati, la risposta, l’avete inmediatamente. Certo ed indispensabile è che siate onesti con voi stessi, onesto nel senso che non perdiate di vista il destinatario e lasciate perderé di confrontarvi con la concorrenza,  - che in pratica significa: “Vedi gruppo XY: io sono più bravo di te a fare i video, a coinvolgere la gente, a fare spettacolo! Tie’! :P “ . Chiusa parentesi.
                Prendiamo dunque questo spettatore modello, o modello di spettatore (ribaltamento pseudo situazionista) che sarà il receptor del nostro prodotto comunicativo, che saprà senza dubbio (si spera) condividerlo  e soprattutto utilizzarlo per cambiare almeno un poco la percezione della realtà; la propria realtà: el ámbito físico, biológico, psíquico, cultural, institucional, social en lo que el sujeto desenvuelve su existencia; y en su dimensión procesual, todo lo que acontece en ese ámbito. Abbastanza chiaro e scevro da griglie ideologiche, nel senso che la realtà è qui a portata di mano, si tratta  solo di metterci d’accordo sulla nomenclatura (non necesariamente “políticamente corretta”): proletario o lavoratore, borghese o classe media, sfruttato o salariato, feccia o dannato della terra, …, radical chic (bobos) o intellettuale di mierda. Di questi ultimi l’ambiente della cosidetta sinistra ne è pieno e sono questi che da una rivoluzione di fatto passano a una che è solamente parlata, chiacchierata, salottiera e che non sarà mai.
        Detto questo, a quale pubblico indirizzare "Madre Courage"? Al di qua della peculiarità socio-storica-culturale di un popolo, v'è in ogni dove la suddivisione in classi, livelli, strati o come volete chiamarle: abbiamo gli acculturati e non, gli aperti e gli ottusi, i ricchi e i poveri, natyuralmente, e quelli che guardano al futuro e quelli che guardano al passato e quelli che si guardano l'ombelico. A chi daremo in pasto il coraggio di questa madre? Chi inviteremo a partecipare alle vicissitudini di questa donna? E perchè? Ossia: quale messaggio vogliamo trasmettere? Qual è la morale che noi vogliamo veicolare con questa narrazione? Noi, e sottolineo noi, perchè è nella messa in scena che diamo le indicazioni interpretative e le connotazioni del fatto, dell'accadimento che non è mai, mai, neutro.
    Per esempio: la madre è una top-model, ovviamente truccata da poveraccia, o è un'attempata attrice non proprio sexy? Il cuoco è un poco di buono o è banalmente un sempliciotto?Ci facciamo beffe (interpretative) di cattolici e protestanti, o pontifichiamo seriamente sui due lati della medaglia cristiana? Se continuassi a parlarvi mettendomi il naso rosso tipico del pagliaccio, mi ascoltereste con lo stesso tipo di attenzione? E se lo facessi in mutante? :D Certamente attirerei l'attenzione più degli omosessuali che delle donne; l'attenzione che non è ritenzione & comprensione del messaggio, di quello che sto dicendo, perchè, ripeto, è il pubblico, il ricevente, che decodifica ciò che vede e ode, ovvero capisce, sì ca-pi-sce quel che vuole, o può o crede di capire.
    Le donne ... intendo: le donne come pubblico: non ci si pensa quasi mai - anche perchè pubblico è maschile. Invece ci dovermmo pensare, specialmente mettendo in scena una madre e ancor pi`una figlia la quale di coraggio, credo, ne ha pi`della madre.
    Suona il tamburo ...
    Nel 2016! Ma non ha un telefonino ...?  What'sup ...? Oh, scusate, il dramma è ambientato nel XVII secolo. C'era una volta ... E già siamo fregati, sì, perchè "se c'era una volta, tanto, tanto, tanto tempo fa, allora è una fiaba, e chi se ne frega della realtà di oggi. Già stiamo dando indicazionisbagliate al nostro caro amato pubblico di spettatori. Perchè? Ma perchè è tutt'altro che lineare la comparazione tempi che furono e tempi che sono! Se si parla del passato, lo spettatore si sente sicuro di non essere coinvolto, che non si sta parlando di  lui, della sua realtà quotidiana e si adagia sulla poltrona per godersi lo spettacolo e non pensare, al più avrà un pochino di quella cosa lì, la "catarsi".
    E allora: vogliamo dare a Madre Courage e ai suoi figli un furgoncino, sgangherato quanto volete, ma con un motore? E un telefonino, vecchiotto ma funzionante  almeno alla figlia?! Oddio! Sto riscrivendo l'ambientazione e quindi il dialogo: devo far dire: "Siamo a secco di benzina!" e non "È finita la biada!". E Kattrin (la figlia) è presa perchè stava mandando messaggini ... ma sì, come hanno fatto al Cairo, a Istanbul, a Occupa Wall Street, lì dove si protesta e ci si muove contro le barbarie di oggi qui, ora.
    Caro spettatore: la poltrona ti è un po' scomoda adesso, eh!? Cara spettatrice: ti ci ritrovi in questa telenovela dal vivo? Tu faresti lo stesso? È oggi che questo accade, che questo può accadere, che TU puoi far accadere perchè purtroppo continua a essere così il mondo. Oggi, oggi, ora.  Chiaro? E tu, tu, anche tu che sei stato trascinato qui da qualcuno, tu cosa ne pensi? Che cosa potresti o puoi fare?
    Il messaggio non è stato chiaro?!!! Porcamiseria! : rivedere il testo; tagliare, rinverdire, aggirnare, semplificare, ... Il pubblico deve mobilitarsi dopo lo spettacolo, divenire "politico", antagonista. "Podemos"! Ya!
    Però ci sono gli altri, anche quegli altri che si sono adeguati, che sono soffocati, intorpiditi, chiusi nel loro stretto orizzonte della propria sopravvivenza, i rassegnati. A questi non proponiamo, no, ideologie e nemmeno miti che li alienerebbero ancor di più dalla realtà quotidiana, no, a questi diamo la speranza, la luce in fondo al tunnel, un'indicazione concreta, tangibile, attuale, fattibile, materialista; la speranza. d'un domani che deve, che può, che sarà diverso, migliore.
    Asta la Liberdad ! Siempre.
Pasto (Colobia), (11-14)gennaio 2016.
Giancarlo Varagnolo

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