
Giancarlo Varagnolo
Adieu, Venessia!
Dramma in 3 atti.
1° atto – Salotto borghese; notte del 30 aprile 1797.
2° atto – Campiello; mattinata fine vendemmiaio.
3° atto – Salotto come sopra, ma “dimesso”; pomeriggio dicembre.
Personaggi:
Michele,
Lorenzo, Betta (Ilisabetta) figli di
Girolamo,
Giustina,
cameriera,
Odoardo,
famiglio;
Carlo
Antonio, Jacopo, amici;
popolani
(uomini, donne, bambini);
Arlecchino
& Brighella.
Atto 1
<scena I> GIUSTINA [entrando dalla stessa porta]: Ha chiamato? Vi
porto un altro caffè!?
GIROLAMO
[stancamente]: Ci sono novità? Si
sente niente? Si vede qualcosa?
GIU:
No, a me sembra una sera come un’altra. E non è la prima volta che i paronsini fanno tardi, anzi ...
GIR:
Cosa vuoi capire tu! Si tratta di cose importanti, importantissime. Non sono
andati a giocare a bassetta o faraone! Capisci!?
GIU:
Non se la prenda con me se ... se ... le cose non vanno nel verso giusto. Ci
entro io? No! Sono i vostri signori figli ad essere in ritardo. Quindi ...
quindi porto il caffè?
GIR:
Portami un bicchierino, ma piccolo piccolo, di elisir; ma poco, ho lo stomaco sotto
sopra.
GIU:
Il malvasìa, va bene?
GIR:
Sì, ecco, brava. Dopo torna al liagò
a guardare in strada, ma senza farti vedere.
GIU:
Sarà fatto. [uscendo, a parte] È da un po’ di settimane che sono tutti nevrastenici in ‘sta casa.
GIR:
Mancava solo questo: che i Francesi venissero a rompere le togne! E nessuno che abbia fermato quel demonio di generale: dritto
da Parigi fin qui. Cosa si aspetta a mobilitare gli Schiavoni? Come si può
continuare ad essere neutrali se abbiamo l’armata francese in casa da settimane?!
Ma omai è tardi, tardi, tardi. Sono già a Mestre i galli barbari; e noi capponi
nella stia. Che (...)
GIU
[rientrando]: Ecco qua. Va bene
così ... poco? La bottiglia l’ho lasciata di là, anzi, vuole che glielo dica?,
è stata la signorina Ilisabetta, vostra figlia, che ... mi ha detto di non
(...)
GIR:
Sì, sì, va bene. Casomai ti chiamo. Ma: è ancora alzata la signorina? Beh, sì,
immagino ....
GIU:
Se la lasciava andare con i suoi fratelli era meglio; per me.
GIR:
Una donna!? Queste sono cose da uomini! [beve un sorsetto]
GIU:
Se lo dite voi ...
GIR:
Ma è sempre il solito? Mi sembra leggero leggero ... [altro piccolissimo sorso]
GIU:
Io non so nulla, patron. Voi lo
sapete bene che di là è tutto sotto chiave. Però è ben che sappiate che la cuoca
si lagna ché incomincia a scarseggiare roba per il desinare: verdure, uova,
vino, ... e anche legna.
GIU:
Eh lo so, lo so. E anche tabacco da fiuto ... [beve]
GIR:
Fortuna che a me non piace [a parte] poco.
GIR:
Brava! È cosa da uomini.
GIU
[a parte]: Un’altra!? È tutto
per loro!
<scena II> BETTINA [entrando]: Che cos’è da uomini, signor padre?
GIR:
Fiutare tabacco. [si alza appoggiandosi al bastone]
BET:
Infatti; lo dimostra il naso più grosso e grande che il buon Dio li ha
provvisti!
GIR
[ridacchia]: Sempre con la
risposta pronta, la mia Bettina.
BET:
Converrete, padre mio, che almeno in qualcosa, noi donne ...
GIR:
Se si tratta di lingue taglienti ... la Durlindana di Orlando è poca cosa.
BET:
Vedo che i miei cari fratellini non sono ancora tornati. Si sa nulla? [guarda i due]
GIU:
Io non ho visto nulla, né sentito nulla. È tutto calmo lì fuori.
GIR:
A me sembra strano; con tutto le cose raccapriccianti che ci hanno raccontato i
fuggiaschi dalla terraferma ...
BET:
Ma almeno stanno deliberando quacosa a Palazzo? Una decisione deve essere
presa; da uomini!
GIU:
Non abbiamo che cicisbei qui in città, solamente buoni a essere servizievoli,
con le donne.
GIR:
Tu taci! Qua il bicchiere, e ritorna a fare la guardia.
GIU
[a BET]: E quando vado a
letto? Io sarei anche stanca ...
BET:
Fra poco; anzi ... Signor padre, lasciate che Giustina vada a dormire, resterò
io qui con voi.
GIR
[a GIU]: Hai chiuso con il
catenaccio, il portone, vero?!
GIU:
Come mi avete ordinato voi.
BRT:
Se ci riesce lei a farlo scorrere, penso di poterlo fare anch’io.
GIR:
Con le tue manine ...?
BET:
Ah, signor padre, questo fraseggio da cicisbeo proprio non vi si addice.
Piuttosto voi: come va la gamba?
GIR:
Con i pensieri che ho in questi giorni, neanche me ne sono accorto, ma è meglio
che mi sieda. E tu Giustina, hai da andare? E vai! [GIU va]
<scena III>
BET: Potevi mandare Odoardo con Michele e Lorenzo; son tempi ...
GIR:
Appunto perché sono tempi di burrasca è preferibile che un uomo valido stia qui
in casa per difendere quattro donne e un vecchio ... infermo! I tuoi fratelli
... sono uomini fatti!
BET:
Lorenzo è più giovane di me! E di giudizio ... un pulcino.
GIR:
Non è con il fratello maggiore? Allora ... Vieni qui e siediti qua, con me. Se
ci fosse la tua povera madre ...!
BET
[trattenendo il riso]: Mi sembrate
un personaggi da commedia!
GIR:
Mi sto forse esprimendo in versi martelliani?
BET
[sorridendo]: No, mi riferivo al
carattere d’un personaggio di quel tal Carlo ...
GIR:
Bella roba! Quello che mette cineserie in scena e augellini verdi. [gorgheggia ciurlando in “cinese”] Cipilin-ciir-cian-cì.
BET
[risata]: Adesso vi riconosco,
padre mio; non il Pantalon brontolone di poco fa!
GIR:
Eh, figlia mia, il Carnovale è finito; vedi un po’: anche a teatro non più
commedie, ma tragedie sono le preferite dal pubblico. Lo spirito dei tempi, si
dice. D’altronde il nuovo secolo avanza ...
BET:
È ben così; ma son sempre guerre e morti e rapine ...
GIR:
Non qui: è da secoli che la Repubblica di Marco è serena, anzi Serenissima! [ridacchiano entrambi] Sérénité e fraternité,
liberté, ...
BET:
Égalité ...
GIR:
C’è da crederci? Ai posteri ... [bussano; tramestio,
voci]
BET:
Eccoli! Sono loro. [va verso la porta]
<scena IV>
LORENZO [entra, trafelato, con CARLO ANTONIO]: Il doge si dimette, la Repubblica è finita!
GIR:
La repubblica? Averemo un re?
LOR:
No, signor padre, non più la decrepita oligarchia, né l’ottenebrato Gran
Consiglio, non i truci Inquisitori di Stato, non doge né san Marco, ma la
libera repubblica dei citoyens!
MICHELE
[entra con ODOARDO]: La repubblica
è morta, viva la repubblica! È un nuovo inizio, padre mio; la fenice che riserge!
GIR:
E i francesi che cosa dicono?
ODO
[presso la porta]: O così [accenna ad alzare le braccia] o bombardano.
BET:
Ci si è arresi, dunque!
GIR:
Non si combatterà in laguna, graziadei. È così?!
MIC:
No, no, non si preoccupi signor padre; abbiamo tempo per sistemare ogni
faccenda prima che il generale Buonaparte e i suoi soldati mettano piede qui.
GIR:
Ci sarà pur bisogno di un Provveditor Generale per la città ... E gli
Schiavoni? Non sorgeranno attriti con la soldatesca francese?
LOR:
Il Buonaparte non li vuole nemmeno vedere! Prima li manderemo via da Venezia,
prima si imbarcheranno per tornare a casa, e poi, poi entreranno le milizie di
Francia.
BET:
Chi ci difende? Chi ci garantirà la nostra integrità?
LOR:
Cittadina Isabetta (...)!
MIC:
Saremo noi stessi, noi cittadini a formare un comitato , una Municipalità ... provvisoria.
Troppi sembrano niente affatto entusiasti di come si evolvono le cose, ma ...
BET:
Indubbiamente, è stato tutto piuttosto rapido e inaspettato, direi. E noi per
nulla preparati; che dico: nemmeno lo si immaginava che in così poco tempo ...
LOR [canticchia]: Ah! Ça ira, ça ira, ça ira le peuple en ce
jour sans cesse répète, Ah …
BET: Nessuno s’è opposto? Nessuno ha protestato? Il Doge ...?
ODO:
Sua Serenità Lodovico [pone una mano davanti la bocca].
GIR:
E la proprietà, la roba, i commerci ...?
MIC:
Avremo dello obbligazioni, nulla più. Non fummo nemici, né vinti.
BET
[risatina di scherno]: Non siamo vinti? No!? Abbiamo solo ceduto come una
vecchia cortigiana imbellettata e lubrica!
LOR:
Nessuno ha ceduto! Buonaparte e la sua armata portano con sé idee nuove, aprono
visioni d’un mondo rinnovato, diverso, di liberi e uguali! E noi lo stiamo
accogliendo nell’accettazione di dovuti mutamenti futuri.
MIC:
Cara sorella, penso tu abbia visto giusto: una vecchia (...)
GIR:
Una parvenza di rispetto a ... vostro padre! Certo, sono altri tempi; idee
(...)
BET:
Oh, i nostri uomini, [calcando sulla pronuncia] les citoyens. Abbisognava che
il Francese fosse sulla gronda lagunare per decidersi finalmente a mutare le
cose? Che avete fatto fino ad ora? Nulla, se non melose rime e incongruenti tragedie, in versi [risata di scherno].
ODO:
Ogni cosa a suo tempo; ogni stagione ha i suoi frutti.
BET:
Odoardo, oh, pardon, excuse moi, citoyen
Odoardò [non riesce a trattenere il riso]
LOR:
Ridi, ridi; ma ora non ci lasceremo sfuggire il momento: è la nostra ora! È
l’aurora della nuova repubblica, della rinnovata umanità.
MIC:
Lorenzo ha ragione: è oggi la nostra ora, e il passato [gesto di allontanare]
GIR:
Ma, figli miei, crollato il fodamento, come reggerà la parete, con i puntelli
forestieri? Con le idee d’oltralpe?
LOR:
Ma son esse la face, la luce che trae dalle tenebre dell’ignoranza (...)
GIR:
Svuotando conventi e monasteri? Devastando palazzi? E mozzando la testa ai re?
MIC:
È un inizio (...)
BET:
Mi si dice che sian cadute anche teste di citoyens non exactement ... aristocratiques.
ODO
[esagerando sconcerto]: Sacrebleu!
GIR:
Non imporranno quell’orribile strumento di morte anche qui, spero.
LOR:
Padre mio, pianteremo alberi della libertà, li leveremo alti per piazze e
campielli!
BET:
Con quanta radice? È da vedere, eh, citoyen Carlò Antognò!?
CARLO
ANTONIO [fino a quel momento zitto e “contemplando”
BET, come ridestandosi]: Oh, eh ... dipende da ... dal
...
MIC:
Dal giardiniere! Da quanto noi, il popolo, saprà ... ne avrà cura.
ODO
[“svagatamente” irrisorio]: Les citoyens!
LOR:
Sì, i cittadini, noi tutti, non meramente una obsoleta, decrepita, infiacchita,
miope oligarchia.
GIR:
Il popolo!? [bonariamente perplesso] Gondolieri, panettieri, fruttaroli, facchini, servidori ... [a ODO] Non che qualcuno abbia più testa del loro
padrone, naturalmente, e più giudizio e sia più scaltro, ma : uomini piccoli,
idee modeste.
MIC:
Diamo loro la libertà di crescere,
d’essere uguali così come ogni uomo nasce.
LOR:
Tutti gli uomini sono uguali in dignità e diritto.
BET:
Le donne partecipano di questa libertà, di codesta uguaglianza?
CAR
[accorato]: Certo! Sono le madri
che educheranno per prime i figli alla Libertà. Le donne ... [si perde nello sguardo ironico di BET]
BET:
Madri! Lo presentivo; madri! La donna è ben di più che madre. Per Libertà intendete anche questo: non essere meramente
madri? Se gli schiavi non vogliono più padroni, anche noi donne non vogliamo
più essere serve!
GIR:
Che stai dicendo figlia mia?! Bettina ...
MIC:
Libertà è anche questo, certamente. Libertà è essere liberi; liberi per essere
(uguali).
LOR:
uguali. Viva Bettina! [va verso la sorella che non si
lascia abbracciare]
CAR:
Viva!
BET
[beffeggiando]: Viva. Ma intanto
oggi m’avete lasciato a casa ... “perché son cose da uomini”. Non m’avete detto
così or sono poche ore, cari i miei fratelli giacobini?!
CAR:
Poteva essere pericoloso ...
GIR:
Lo penso anch’io ...
BET
[fra il sarcastico e l’umorato]: Ovviamente pericoloso solo per
noi donne. Chiaramente: cose da uomini
già ... liberi!
ODO:
Non necessariamente; l’imprudenza (...)
MIC:
Bettina, lascia cadere il tuo sarcasmo. In Francia e nelle Americhe le donne hanno
contribuito attivamente alla nascita della nuova era a fianco dei loro mariti,
figli e ... fratelli, sì, di loro spontanea volontà e comando, come a Parigi
nella presa della Bastille. Eppoi questo è l’inizio ...
ODO:
Una due tre teste son facili da far cadere, ma rifarne una, una sola di nuova
...!
CAR:
Le sorti della repubblica marciana si decideranno completamente a giorni.
LOR:
E poi la vera nuova clara repubblica di libertà, uguaglianza, fratellanza.
GIR:
Dalla Francia ... tutto alla moda.
MIC:
Le idee nascono in terreni fertili; in Venezia ... e in tutta quest’Italia
provinciale, chiusa, bigotta, barocca e (...)
BET:
E ... Vedremo, vedrò!
GIR
[ai figli]: La grande decisione,
a quando?
MIR:
Entro il mese; fra due settimane al massimo; Napoleone Buonaparte è impaziente
... Minaccia ...
ODO:
Un maggio di sole spine.
CAR:
Non ci sono rose senza spine; e coglierle [guardando BET] val bene qualche graffio.
BET:
Le citoyen Napoleon le vuole già in vaso o sbaglio? Agli altri pungersi, caro
Carlino [occhiata ironica].
GIR:
I francesi ... il generale ... aspetta la resa ... per entrare a Venezia? [assenso dei tre giovani] A quali condizioni? [i tre si scambiano occhiate] Resa ...
incondizionata?! [desolato-allibito] E ...?
LOR:
Molti aspettano questo momento. E poi: opporsi a che? Perché?
GIR:
Per ...
BET:
Per un minimo di dignità! Dignità, amor proprio, ...
CAR:
Onore.
BET:
Quello lo si è già perso lasciando arrivare i francesi fin qui senza opporsi,
senza prendere posizione, senza ... Gli ignavi!
MIC:
I popoli sono confusi, ma l’orozzonte si va schiarendo.
LOR:
Le idee sono nell’aire.
ODO:
E montano cavalli ben veloci, ben valenti.
BET:
E soldati pure, che incendiano, saccheggiano, uccidono, ...
CAR
[in tono di scusa]: È la guerra.
GIR:
Da quanto tempo s’era in pace, qui, nella Serenissima? Doveva arrivare quel rompicollo
di francese a ...
LOR:
Dicono sia mezzo italiano.
GIR:
E mezzo ... Ancora qualche settimana e poi vedremo, lo vedremo. Intanto possiamo andare a dormire tranquilli; non è
così? [cenni di assenso, fiacchi] E allora andiamo. Il signor Carlino si ferma qui, suppongo, vista l’ora
tarda.
CAR:
Non so se ...
LOR:
Sì, certo. I tuoi sanno che sei con noi.
GIR
[va verso la porta rifiutando l’aiuto di BET]: Andiamo, Odoardo, non penso abbiano bisogno di te. Restate pure a
discutere, sangue giovane! [apre la porta, sorpreso] Oh, guarda guarda un po’ chi c’è qui! Una spia della Francia o ... dei
Signori della Notte? [ridacchia]
<scena V>
GIU [confusa]: Ho sentito rumori, e delle voci, e stavo venendo a vedere che era e se
c’era bisogno di me e ...
GIR:
Va bene, va bene; e dato che sei qui ancora in piedi, prepara il letto al ...
cittadino Carlino che (...)
BET
[ironica]: Potrebbe anche
prepararselo da solo, il cittadino
Carlo Antonio. Uguaglianza, uguaglianza. Eh?!
GIR[risatina]: Calma, calma, figlia mia! Siamo ancora
sotto il governo della Serenissima Repubblica di Venezia. Per poco, ma ... Buon
riposo. Buona notte. [esce con ODO e GIU]
<scenaVI>
LOR: Il nostro signor padre è incorreggibile.
MIC:
È della vecchia scuola; un borghese galantuomo ...
BET:
Per la sua età è molto, ma molto più aperto alle novità di troppi giovani
damerini in culotte e parrucca incipriata.
CAR:
Lo considero molto liberale e (...)
BET
[squadrandolo]: Voi, invece, con
questi abiti ... e ... i capelli!
LOR:
Che ne sai tu per criticare?
MIC:
Lorenzo, non metterti a discutere con tua sorella su questo terreno: lo
dovresti sapere che milady è esperta
in moda ... francese, e poesia e arte ... Sfoglia ancora le copie de La Donna Galante di nostra madre.
CAR:
Sono un ammiratore fervente delle donne di (garbo).[tace alle occhiate degli altri]
BET
[ostentando indignazione]: Citoyen Carlinò, queste sue smancerie hanno sapor di ... cicisbeo! [MIC e LOR ridono]
CAR:
Ma è la verità, credetemi. Sono parole che vengono direttamente dal (...)
BET+LOR+MIC:
cuore! [risata]
MIC:
E gli occhi, il petto e il crine della mia bella mi fan sospirar.
LOR
[canticchia]: La biondina in
gondoletta la s’ha un poco [occhiacci].
CAR:
Oh, smettetela! Io volevo meramente esternare (...)
BET:
Va bene, va bene, mio caro Carlo Antonio. [a tutti] Ma ditemi, ora che nostro padre non c’è, ditemi la verità: la situazione è
grave? C’è la possibilità che i francesi bombardino ...?
MIC:
Sì e no. Dipende dal Maggior Consiglio, dal Doge, da ... noi. Il generale
Buonaparte ha il suo caratterino ..., ed è appena generale!
LOR:
Ma sono uomini così che ci vogliono: passionali, sicuri, arditi e fieri!
Condottieri audaci e inflessibili. Cesari, Alessandri, ...
BET:
Non esageriamo: ha vinto appena alcune battaglie.
LOR:
La stoffa cel’ha, ce l’ha! Era capitano solo tre anni fa.
Vedremo,
vedremo. E intanto il nostro doge? E
il Gran Cosiglio? E i notabili marciani, eh?! Altra stoffa o ... nessuna
stoffa?
MIC:
Chi poteva immaginare ... Un esercito francese
che invade la Serenissima, un esercito repubblicano!
E l’Impero che non riesce a fermarlo, con i suoi generali ...!
LOR:
È il vecchio contro il nuovo! Vecchiume facile da spazzare via ... a cannonate.
[canta] Vive le son, vive le son ... vive le son du
canon!
CAR: Se continui crederanno che i francesi sono già in città.
BET:
Carlino ha ragione. Però: quando scade l’ultimato?
MIC
[tutubante]: Quattro giorni. Ma
... ma sua Serenità il Doge ha due settimane di tempo per ... per abdicare e
dar Venezia al Buonaparte; e licenziare tutta la milizia schiavone.
LOR
[confidenziale]: Liberare tutti i
prigionieri e svuotare i conventi.
BET:
Perché i conventi? Ah, sì, sono giunte notizie delle scellerataggini dei
francesi verso preti, frati e monache in specie.
CAR:
Sono elementi più oscurantisti, più retrogradi, più infingardi degli
aristocratici stessi.
LOR:
Le cornacchie! Ça ira! Li serviremo di barba e parrucca.
MIC:
Il governo nuovo sarà di cittadini veneti, così molti abusi e arbitrî e
vilipendi saranno limitati.
BET
[scettica]: Come nell’entroterra!
CAR:
Lì era occupazione d’un esercito vincitore ... Le cernide poco hanno potuto
fare, quelle poche che pur sono riuscite ad organizzarsi.
MIC:
È stato un rimandare per troppo tempo, lo ammetto; vediamo però di salvare il
possibile. E se dobbiamo incolpare qualcuno, sono le muffite cariatidi che
seggono ancora gli scanni del Gran Consiglio. Indolenti pusillanimi.
LOR
[canticchia]: Ah! Le aristocrates à la lanterne.
CAR: Il mio signor padre ... dice che secoli di mollezza non potevano non
produrre questa letargia delle istituzioni e l’assopimento dell’iniziativa
qualsivoglia. Chiama Venezia con l’appellativo di ruffiana.
BET:
Io sapevo di ... baldracca.
MIC: Sorella! [anche CAR stupisce]
BET:
Liberté, égalité ...
CAR:
Non vi si addice un parlare così poco ... così ... ecco, insomma.
BET:
Scusate, miei signori, ehm, cittadini. Quindi, se ho ben inteso: Libertà, ma
solo un poco; uguaglianza, quanto basta, e l’altra, lì ...?
[all’unisono] CAR: Fratellanza. +
LOR: Fraternité.
BET:
Ecco, questa un pizzichino, come il sale nell’acqua per far cuocere la polenta.
MIC:
Lo so, lo so; già sento nostro padre dire: “Dal dire al fare ...!” Sì; però
guarda un po’ che cosa hanno combinato i nostri cari prelati, vescovi e papi in
diciotto secoli partendo da pace et
amore.
LOR:
Non fornicare!
CAR:
Date a Cesare quel che è di ..
BET:
Va bene, va bene; j’ai tout compris. Un prossimo Doge? Non ci sarà. Consiglio
...?
MIC
: Il Governo provvisorio della municipalità di Venezia.
LOR:
L’assemblea dei cittadini liberamente eletti fra tutti gli stati sociali. Ma
niente vecchie parrucche.
BET:
Ci sono già i nomi? [i 3 si guardano “reticenti”] Ah, non importa, tanto lo saprò a breve. E, ditemi, cittadini donne ce ne sono? [i 3 attoniti]
CAR:
Non ... non ...
MIC
[d’un fiato]: Non ce n’erano e non
ci abbiamo pensato, al momento.
LOR
: Donne ... [gusta l’idea]
CAR:
Potreste essere voi, voglio dire tu, cittadina Ilisabetta, una delle (...)
MIC:
Ma che stai dicendo, Carlino?
[unisono >] CAR: Pensavo ... + BET: Perché no?!
MIC:
Perché ...
LOR:
Eh! Perché le donne no?
MIC:
Non ho detto le donne, ma Betta! Bom,
è tardi e domani sarà una giornata che presagisco dura.
LOR:
Campale! Se ne discute domani, va bene sorellina cittadina?!
BET:
Ma andate a ... sulle zucche di Chiozza! [siede]
CAR:
Andate che ...? Questa non l’avevo mai sentita.
MIC:
Dev’essere farina del sacco della Giustina.
LOR:
Sì, [umorato, con inflessione campagnola] va’ a cagar su’e suche de Chiòza!
Sàlgaro!
CAR
[incredulo, guardando BET]: Pulito! Son tempi nuovi, certo, però ... non ...
BET
[conciliante]: Suvvia, non me ne
voglia! Sempre meno orribile di Tieste che beve il (...)
CAR
[sdegnato, ma lamentoso]: Ma quella è una tragedia, è teatro, è ... invenzione. [MIC e LOR sgurdi d’intesa per uscire]
BET:
Vede che si sa poco delle persone anche se le si conosce da tempo.
LOR:
Cittadina sorella, il voi è stato
abolito; ogni buon citoyen usa il tu. [cenno d’intesa a
MIC, escono]
<scena VII>
BET: Accordato. Bien, mon citoyen Carlinò, dis-moi: qual è le véritable comportamento di una … donna
nuova, d’una cittadina.
CAR:
Né l’arroganza dell’aristocratica, né la sfrontatezza della popolana; né la
civetteria d’una preziosa né la sciatteria d’una contadina. Parlar di garbo e
... diretto, ma senza grossezze da trivio. La moderazione [si guarda in torno cercando consenso] ... Ma dove
...? Michele, Lorenzo ...?
BET:
Una cattiveria delle loro: vedete? Non si può far affidamento sui propri
fratelli. [melodrammatica] Ed ora, io qui e voi, soli, noi due ... [sospiro]
CAR:
Impertinenti! Villani e screanzati. Vogliate perdonarmi, signorina Isabetta, ma
devo chiedervi licenza e andare. La situazione è oltremodo incresciosa. [accenna ad andare]
BET
[facendo il gesto di trattenerlo]: Non siate sciocco; che mal vi può essere ... due amici, due cittadini che chiacchierano ... di cose
serie, per di più.
CAR
[s’è fermato, ma è imbarazzatissimo]: Oh, sì, lo so, non v’è nulla di male. Ma lo sapete com’è la gente:
mormora, sparla, inventa corbellerie [si muove verso l’uscita], spettecola. Non voglio che voi [occhiata
interrogativa di BET], che tu, tu, la tua ...
BET:
Lasciamo che la gente parli, [inizia chiusura sipario] che il popolo dica!
CAR
[all’attimo della chiusura finale]: Bettina, io (...)
Atto 2.
[durante tutto l’atto continuo va&viene
di gente nel “campiello”]
<scena I> [sipario chiuso] ARLECCHINO [seduto sul bordo sinistro della ribalta, borbottando finge la lettura del
giornale che tiene verticalmente]: ... senti, ciò! ...
Oh ...
BRIGHELLA
[entrando da destra]: È tempo delle
nespole, però s’ha da coglierle con garbo, altrimenti ti si spappolano fra le dita.
Con tutti ‘sti francesi giunti qui in città ... [passa dal gesto spappolare a
quello di soldi e rubare; è giunto presso ARL] Guarda un po’ chi c’è qui: un paravento della Cina.
ARL
[fa scorrere il foglio verticalmente: la pagina interna
diventa esterna; scuote la testa come se commentasse, migugnando].
BRI:
Ma capisci qualcosa? [non ricevendo risposta si pone alle
spalle di ARL e mima di leggere]
ARL
[burbero]: Tieni qua che a me
non piace avere qualcuno che mi soffia
dietro le spalle Va bene libertà, ma
in riga non in fila. [gli dà un foglio]
BRI
[girando il foglio in tutti i modi]: Ecco, non trovo più il punto dov’ero!
ARL
[indicando sul proprio foglio]: Eccolo qua, orbo d’un pandòlo! [si alza] Io avrei già fame. Al mio padrone le notizie gli fanno perdere
l’appetito, a me invece [mima “appetito”]. È che lui è un cervello di quelli fini-fini-fini.
BRI
[triste]: Beh, anche a me, sai
...
ARL:
Hai preso il male francese! Cioè, voglio dire ti dispiace che [gesto di andare-mandare via] il Serenissimo ...? Ma noi stiamo sempre dalla Buona-parte, ciò!?
BRI:
Però con tutti ‘sti cambiamenti ... chissà se andiamo in meglio, chissà se
andiamo in peggio. Guarda a Parigi!
ARL:
Ho visto, ho visto. Quelli che stavano in alto sono venuti giù, con o senza
testa, e quelli in basso sono andati su, con o senza merito, e quelli al centro
... sempre là: dà-a-me-che-io-do-a-te-senti-qua-prendi-là-avanti-così. E darsi
del tu, perché adesso guai ad essere
con la puzza sotto il naso! Facciamo i francesi anche noi. Guarda qua [costruisce un cappello piegando il foglio, BRI lo imita]. Visto che bello?! E adesso mettitelo in testa, mon général citoyen!
BRI:
Come mi sta? Sembro un napoleone francese?
ARL:
Ma non così ché ti si vedono le orecchie! Coprile; giralo! Ecco fatto, sacrebleu!
BRI:
È il mio nome in francese? [vanitoso] Secrobl(...)
ARL:
Ma no, Brighella! È che se parli francese devi dire: sacrebleu! pest(e)! liberté!
donne-moi! ma chérie! Arrête! là bas! Sang.
BRI
[ripete pasticciando il tutto, poi]: Tamam mi? Iyi? Iyi.
ARL:
A me sembra turco; ma potresti essere turco ... ma no! ma no! Che poi non
credano che sei uno schiavone rimasto qui camuffato, una spia! Sacrebleu ...
BRI:
Hai ragione, me n’ero scordato. Poveri schiavoni, mandati via da un giorno per
l’altro...!
ARL:
Povere schiavone restate qui ... da uno per l’altro [moina].
BRI:
Andiamo, citronnier, sang va, chasserons!
ARL
[canticchiando]: Dansons la carmagnoe,
... [camminata arlecchinesca, s’apre il sipario]
<scena II> STRILLONE 1: Il monitore veneto! Il
monitore veneto! Libertà. Virtù. Uguaglianza. Il monitore!
VENDITORE
DI ZUCCA: Succa barucca! Barucca calda!
ST2:
La rivista veneziana urbana! Rivista veneziana! La rivista!
ST3:
La gazzetta urbana veneta! La gazzetta urbana! La gazzetta!
ARL+BRI
[entrano, si defilano, spariscono]
LOR+MIC+CAR
[abbigliamento mutato]+JACOPO [entrano da sinistra]
ODO
[entra ultimo con giornale in mano leggendo]: “Venezia rigenerata spiegar deve nuovo linguaggio.” Tutto fu fatto per
verbum ... dicono.
MIC:
Come esseri senzienti, è l’intelletto attraverso la parola che ...
JAC:
Ma se non c’è l’azione ... È l’azione, l’atto, il fare che travolge, sconvolge,
cambia e rigenera.
CAR:
Un po’ troppo filotedesco [ridacchia], gli imperiali agognano la tempesta e poi sono i galli dell’Enciclopedia
a scatenare l’assalto e il temporale!
ODO:
Suppongo ci vogliano le due cose ...
LOR:
Il temporale che provochi il movimento.
ODO:
Veramente pensavo a idee tradotte, portate, messe
in pratica.
CAR:
Le vuote parole o i fatti concreti che le contraddicono.
MIC:
Saremmo infatti bestie e non uomini se azione e pensiero non fossero uniti.
JAC:
Lapalissade; ovvio. La questione qui
è: chi viene prima? La parola? L’atto?
MIC:
La parola; il concetto, ...
LOR:
Però alcune volte s’agisce senza cognizione, senza pensamento, senza ...
CAR:
C’innamoreremmo se non conoscessimo prima il concetto, l’idea, la parola amore?
LOR:
E perché no? È una cosa che rugge
dentro, che ti prende all’improvviso.
ODO:
I fantolini conoscono e cibo e fame e amore materno prima di saper parlare.
MIC:
Non mi sembra un buon esempio, Odoardo, ché gatti e cani e tutti gli animali
fan lo stesso ma poi niuno di loro ... parla.
LOR
[ironico]: E scrive. Il nostro
cane sa farsi intendere abbaiando, e come! Ma stiamo parlando di uomini e non
bruti, degli esseri umani.
ODO
[accennando]: Questi qui intorno o
quelli di palazzi ed accademie?
LOR:
Di tutta l’umanità.
JAC:
Tutti gli uomini nascono uguali, disgraziatamente poi ...
CAR:
Qualcosa v’è pur d’innato; l’ereditarietà del sangue non è forse (...) ?
ODO
[risata]: Un mentecatto è
sempre un mentecatto, però un re resta re mentre il popolano viene rinchiuso in
una capponaia dopo essere stato preso a sassate.
MIC:
Stai parlando dell’ancien regime, non delle nuove repubbliche, un re Giorgio
(...)
POPOLANA1:
Viva la repubblica! Viva la repubblica!
POPOLANO1:
San Marco! San Marco! [altri s’uniscono]
PA1:
‘ mi nissun m’ha comprà [canta e inizia la danza] fóra i galeti, fóra i galeti; a mi nessun me avrà né con galoni né coi
confetti! [progressivamente tutti ballano e cantano]
PO2
[nerboruto, avvicinandosi ai nostri fermi]: Voi da che parte state: con Venessia o con ‘sti bécchi?
ODO:
Con Venezia, Venessia! [gli altri confermano
vivacemente]
PO2:
Ai giacobini ci tagliamo i pallini! [risata e pacca
sulla spalla a ODO]
CAR:
Forse è meglio andare.
MIC
[sorridente]: Una furlana,
danziamo la furlana ...!
ODO:
Il Serenissimo Principe Lodovico è ... furlano, non è?!
JAC:
L’astuzia del popolo!
LOR:
Potevano muoversi anche prima invece di aspettare che la barca fosse affondata!
CAR:
Speriamo non accada come a Verona ...
MIC:
Teste calde, i veronesi! Qui ... si va in gondola. [mima il remare, è preso sottobraccio da una popolana; danza]
LOR
[ridacchiando]: Se avevamo le
coccarde tricolori, chissà come andava a finire.
ODO:
L’altro giorno sono intervenuti i soldati francesi per disperdere i popolani
che volevano saccheggiare la casa d’un citoyen.
CAR
[sospirando]: Se la signorina
Bettina non si rifiutava di cucire le coccarde ...
LOR:
Che sorella ... petulante! [invita a danzare una
donzelletta]
ODO:
Non tutto il male vien per nuocere. E poiché c’è un ballo, vi conviene ballare,
cittadini giovanotti! [ridacchia]
CAR:
Ma è un ... una ... bagarre réactionaire!
ODO:
Ssst, niente franceserie! Ballare adesso. [lo sospinge, CAR è preso dai danzatori]
JAC:
Gran bestia, il popolo! Chi l’avrebbe detto?
ODO:
Che avrebbe rivoluto i vecchi ... padroni? L’andazzo di sempre?
JAC:
Per [cenno] la populace ... libertà, uguaglianza ...
Democrazia ...
ODO:
Signorino Jacopo, [sottovoce] cittadino Jacopo, non eri tu a proporre poco fa l’azione? Mettiamo
le plebi di fronte al fatto compiuto
e può essere, può essere, che
s’illuminino di idee nuove!
<scena III>
BET [arrivando con GIU]: Odoacre, che sta succedendo? Jacopo, voi qui?!
GIU:
Io ho paura, signora Betta!
BET:
Cittadina; vero, cittadino Jacopo?!
ODO
[cenno di tacere]: Non è proprio il luogo qui ora. Non sentite che cosa cantano? Sono
arsenalotti e non sanculotti questi.
JAC
[sconsolato]: Il nostro popolo ...
BET:
Cosa vi aspettavate dopo averli lasciati nell’ignoranza per secoli e con la
pancia mezza piena e mezza vuota? E con il bell’esempio del patriziato
libertino?!
JAC:
Ma è proprio per questo, [sottovoce] cittadina Bettina, che dovrebbero festeggiare l’arrivo degli ideali
nuovi di libertà e democrazia, e non voler restare ancora e sempre servi
angariati, miserrimi e ... ottenebrati. [due giovani
popolani s’approssimano]
PO3:
Posso avere l’ardire e l’onore d’inviatere lor signore alla danza dei ...
veneti?
PO4:
Mostriamo al Francese che siamo vinti ma non domi! Convenite con noi? Ai balli,
dunque!
BET:
Onorata, signori, ma sto conferendo qui con questo mio caro zio. Tu, Giustina, se
vuoi partecipare ... Con garbo, da gentiluomini, se posso perorare ...
PO3+4:
Con tutto il riguardo possibile. [si mettono ai lati di
GIU]
GIU
[esterefatta]: Signorina,
signorina, io ... io ... [va, rilassata]
BET [a JAC]: Visto? Égalité.
JAC: Se fosse solo questo! Sfacciataggine ...
ODO:
Indubbiamente; ma un paio di mesi fa avrebbero, per lo meno, chiesto a me, come
anziano del gruppo, il permesso di invitare le nostre care ... donzelle. Un
passo alla volta.[ridendo] L’azione avanti il pensamento.
BET:
L’azione ...? Di che state parlando?
JAC:
D’ogni azione, d’ogni atto, d’ogni accadimento. Chi vien prima (...)
BET:
L’uovo o la gallina? [ride] Sempre con la testa fra le nuvole filosofiche, il mio Aristofane!
JAC:
Aristofane non era un filosofo, ma (...)
BET:
Uno che almeno sapeva far ridere e non beveva cicoria!
ODO:
Cicoria?
PO1:
I soldati, i soldati! I francesi! [confusine, grida; il
campiello apparentemente si svuota:
alcuni escono, altri s’appiattiscono contro i muri delle case]
LOR+MIC+CAR+GIU
[sono sparsi sulla scena, vagamente perplessi &
attenti]
BET+ODO+JAC
[a destra della ribalta, giornale spiegato, sbirciando a
sinistra]
ST1:
Il monitore veneto! Il monitore!
ST2:
L’Osservatore, l’Osservatore! Nuovo giornale enciclopedico!
JAC
[legge]: “Liberare gli uomini
dai ceppi della superstizione e dal peso della tirannia ...”!
BET
[leggendo]: “... tirannia intermedia.” Intermedia?
ODO
[neutro]: Intermedio: che sta
nel mezzo; fra due ...
BET:
Perché meramente quella che sta in mezzo?
E le altre due? quella sopra e ... [confusione esterna]
GIU
[avvicinandosi]: Donna Betta, non
sarebbe meglio andare?
PO+PA
[scostandosi dai muri, s’avviano sulla sin. verso i clamori]: Andiamo. Che è? [a soggetto]
LOR:
Uno scontro, con i soldati.
MIC:
Fermiamoli, fermiamoli. [va verso l’uscita a
proscenio a sin. E si ferma a braccia alzate] Cittadini, veneziani, popolo di san Marco: ferma, ferma! Non immoliamo
inutilmente le notre vite contri i francesi, contro ... il barbaro straniero!
PO+PA
[quasi fermi]: Morte alla Francia!
Via l’esercito invasore! Morte a Buonaparte! Viva san Marco! Viva la
Repubblica! Fuori lo straniero! Morte ...! Viva ...!
CAR [fra la folla]: Fratelli! Figli della Serenissima
Repubblica, frenate l’impazienza e l’ira che è di tutti noi. Si sta
ricostruendo il governo della repubblica e ben presto le truppe francesi
ritorneranno oltralpe.
LOR
[vicino a MIC]: Come è sorta la Repubblica Traspadana e
la Repubblica Cispadana, vi sarà la terza sorella: la Repubblica veneta!
PO+PA:
Viva san Marco! Viva il Doge! Viva la Serenissima! Morte ai giacobini! Morte!
MIC:
Non spargiamo inutilmente il sangue delle genti venete ... Vinti, ma non domi!
Viva la repubblica! [grida a soggetto]
PA1:
Andiamo a vedere, sono i nostri fratelli!
PO2:
E sì, ciò, è da un po’ di tempo che le cose le si sanno troppo dopo!
MIC+LOR+CAR
[sono trascinati fuori dalla “minuta plebe”]: Si farà quel che si puote. [vocio scomparendo;
continua a passare gente parlottando]
<scena IV>
JAC: Dovrei andare anch’io, restare mi sembra una viltà.
ODO:
Si tratta di spegnere l’incendio, non di propagarlo. Ci vogliono ... santi, non
eroi.
JAC:
Mi confondete, Odoardo. [BET ridacchia]
ODO:
Scusatemi; non era mia intenzione, cittadino
Jacopo, conforderti.
BET:
Noi donne ne sappiamo qualcosa. [ODO e JAC la guardano
con stupore diverso] Ma sì! Voi maschi, gli eroici cavalieri erranti, i cuor-di-leone a guerregiar,
e noi, fragili donne, aspettando per
curarvi le ferite e rattopparvi le culottes.
JAC
[irritato]: Se è codesto a far
sante voi donne ...
ODO:
Calma, calma, cittadini; non equivochiamo, m’avete mal inteso. Ovvero è una
parte del problema.
BET:
La parte più importante! Che uguaglianza e libertà mai sarebbe se (...)?
JAC:
Rivoluzione è proprio questo: uomini e donne
con il berretto frigio! Non hai visto poc’anzi?
BET:
Berretto frigio? Dove, qui? Minuta plebe insoddisfatta ch’ama la baruffa!
JAC:
A Parigi hanno dato inizio alla Rivoluzione distrugendo la Bastiglia; con le
loro mani hanno raso al suolo il simbolo dell’oppressione, della tirannia,
della (...)
ODO
[tacitando BET furente]: Va bene, si sa, è Storia. Sono eroi della Gloriosa Rivoluzione francese.
Però dopo gli eroi e [rivolto a BET] le eroine che distruggono abbattono,uccidono e muoiono, c’è bisogno di santi,
e non intendo uomini e [a BET] donne pii, o pavidi o timorati o senza piedi per terra, no, bensì uomini
e donne determinati a costruire, a riedificare, a porre in atto il cambiamento,
indefessamente, pazientemente, con un
eroismo, sì eroismo ma diverso: quello del giorno per giorno.
<scena V>
CAR [entra trafelato, seguito da LOR e MIC]: Stanno per smontare i cavalli della basilica di san Marco!
JAC+BET+ODO:
Chi? Come?! Perché?
CAR:
Buonaparte vuole la quadriga per portarla a Parigi.
JAC:
Ma questo è saccheggio!Non lo può fare.
BET:
Con quale diritto?!
LOR: Del più
forte, del vincitore, del padrone.
MIC: Il popolo è
furente; s’è sparsa ora la nuova della richiesta.
ODO [alza il giornale tenendolo per un angolo come uno straccio]: E qui si pubblicano racconti ameni, poesie auliche e dissertazioni
altamente scientifiche.
BET: Farà
qualcosa il Provveditore generale?!
MIC: Nulla. O,
può essere, che vi aggiunga le briglia d’oro ... È il lacchè del generale Buonaparte.
CAR: Riparazioni
di guerra, tributo alla Rivoluzione, aiuti ... I pretesti non mancano. Già i
francesi hanno saccheggiato le casse dello Stato ed ora rubano, rubano tutto
quel che viene loro sottomano con il beneplacito del Governo provvisorio della
Municipalità, di NOI!
LOR: Non siamo
repubbliche sorelle?! Non innalziamo la stessa bandiera di libertà e
uguaglianza?! Perché si fa questo?
ODO [ironico]: L’ospite è sacro; l’abbiamo noi stessi
invitato a cena, e se il suo appetito è insaziabile, nostra culpa, nostra
grandissima culpa.
MIC [ridendo amaro]: Non ti sapevo allievo de’ Gesuiti!
Attento, ché su questo il Francese non ammette deroghe [gesto di tagliare la gola]
BET: Se questa è
Rivoluzione ... capisco come un furfante arrivi presto ad essere generale!
ODO: Fra
furfanti e mercanti non c’è molta differenza; al di là della rima, c’è la
stessa attitudine, anzi attività: trarre profitto dal prossimo, gabbarlo e,
alla fin fine, derubarlo.
CAR: Può essere,
ma non con le baionette puntate sul petto! Sono pirati saraceni, volgari
predoni!
PO1 [passando]: Sì, son ladri, prepotenti, sbruffoni e
spergiuri. Morte ai francesi! Viva san Marco!
PA1: Si vede che
avete conosciuto quelli sbagliati. A me ... Hanno un così bon ton ... E pagano.
[ridacchia]
PA2: Chi
s’accontenta, gode; baldracca da burchio!
PO2: Ben, ciò,
finché bevono, mangiano e poi pagano, tutto bene. Nella mia taverna i patrizi
non si facevano vedere, quasti qua [alzata di spalle] égalité e vai coi boccali di vino!
PO3: A me hanno
preso la peota ... in cambio di un pezzo di carta ... ben firmata, ciò!
PO4: A me hanno
detto “te li darò, te li darò”, ma dopo un mese non ho visto né un franco né un
besso.
PA2: Su questo
sono tutti precisi,’sti signori, sodati e baroni: quanto ci fanno penare le dame
e damine e damoni e cavalieri prima di tirare fuori dal borsello i soldi? Tutti
approfittatori!
LOR [intromettendosi]: Ben detto! Ma che si dovrebbe
fare per cambiare tutto questo?
PO1: Ucciderli
tutti! Impiccati là alle Procuratie.
PO2: Sì, bravo!
E dopo andiamo tutti a farci frati a Sant’Erasmo.
PA1: Avere
forestieri prepotenti in casa, a me non fa piacere. E se i cani grossi
cominciano col mangiare i cavalli della Basilica, quelli piccoli vorranno le
uova delle nostre galline.
PO4 [umorato]: O la gallina tutta intera!
LOR: Facciamo
qualcosa allora. Prima non andava bene, adesso sembra andare anche peggio ...
Facciamo (...)
PO3: Per me non
si stava tanto male gli anni passati; il Carnevale, la benedizione del ...
PO4: La vita di
sempre: sei ore l’acqua cresce, sei ore l’acqua cala. Con questi qua [scettico] mah?! Anche il nome dei mesi hanno
cambiato.
PA1: Mi pare
ovvio: se sono francesi, li chiameranno in francese, vero [a LOR] giovanotto?
PA2: La solita
gatta ruffianina ...!
LOR [sorridendo]: No, no, non sono i nomi in francese! Lì a Parigi hanno proprio
cambiato il calendario: non si va più dal 1° al 30, ma da ... dal (...)
PO2: Oh bella,
il mese non comincia più dal primo giorno? Da dove incominciano? Dal 7? Dal 12?
Sono matti, ‘sti francesi!
JAC : Dal 22,
incominciano dal ventidue. [risate incredule intorno]
PO2: E dal 22
vanno fino a che numero? Cinquanta?
PA1: Ma sanno
contare? Dal 22 ..., e dopo una settimana, ciò, il mese è terminato.
JAC: No, signora
mia! Il 22 è diventato uno e poi si
contano i soliti trenta giorni.
PA1: Bisgna
essere bravi a fare i conti ... io non so se
... Mi aiuterete [a LOR] voi?
LOR [da cicisbeo]: Con molto piacere, indubbiamente!
Cavalier vostro.
JAC [a LOR a parte]: Due tumide labbra e un seminudo seno ed
eccoti il cicisbeo di sempre.
LOR: Ma che
dici?! Sto fraternizzando con il popolo! La Fraternité non la vogliamo
praticare? [ride]
BET: Andiamo in
Piazza a sentire che si dice. Andiamo?!
CAR: Può essere
pericoloso, signorina Isabetta.
BET: Andiamo
solo a dare un’occhiata. Vieni Giustina, e animo, animo!
GIU: Io ho
paura, padroncina; i soldati non rispettano nessuno, specialmente noi donne, e
i francesi ...
PA1 [intromettendosi]: Basta saperli prendere,
credetemi; non sono peggiori dei nostri arsenalotti.
PA3: Almeno quelli
li capisci, ma questi ... patatì-patatà,
pest, diablou, merrd.
MIC: Andiamo,
andiamo prima che si faccia notte!
PO5 [dal fondo]: “Putte, chi mette al lotto?/ Xè qua la
Venturina / Son vegnù de matina / Semo d’inverno, fora de stagion, / ma xè rivà Bonaparte Napolion./ Via, no ve
fe pregar / Chi vien a comandar? “/ Oggi abbiamo
anche la figura / del generale cianfrese
in miniatura!
JAC: Questa è
bella! Voglio proprio vedere.
PA1 [a LOR]: Avete soldi da comprare delle pallottole? Oggi mi sento fortunata!
PO5: Ecco qua [prende da un cesto che un garzone tiene]: maiolica della migliore [mostra la statuetta].
CAR: Ma che è
questo? Un cherubino con la feluca in testa?!
BET: Un putto
... nudo. È il Buonaparte da piccolo?! [risatina]
PO5: La Libertà
è nuda, non è?
JAC: Io sapevo
che era la Verità, non la Libertà!
PA1: Se una
persona è libera, è anche ... così, a suo agio.
LOR [a PA1]: L’angioletto ...
PO1: Cosa
rappresenterebbe quello lì con la cuffia in testa?
MIC: Buonaparte,
il Generale! [ironico] La somiglianza è sorprendente.
PA2: Quello che
ha mandato via il nostro Doge?
PA3: Quello che
vuole portarsi via i cavalli di san Marco?
PO2: Vergogna,
carogna! [altre esclamazioni di disappunto]
PO5: “Cossa gh’aveu co mi? Mo che disgrazie!/
Cossa mai v’oggio fato?”
PO4: Ma va là,
pampalùgo! Pandòlo!
PO5: “Vôi dir l’animo mio, che non son un pandolo.”
MIC: Non è
giornata, putto, non è giornata per codeste figurine.
ODO: Continuate
con piatti e scodelle, che son sempre utili e van bene per tutti [sospinge PO5 verso il fondo].
PA1: Mi sarebbe
piaciuto fare una giocata.
LOR: Ci sono
altri giuochi a cui giuocare ...
JAC: Pandolo,
per esempio, pandolo. [mima]
PA1 [divertita]: Ma non mi dite! È un gioco da fantolini.
LOR [istrionico]: Certamente; però c’è la variante ...
francese. La conoscete?
MIC [dando un lieve scappellotto a LOR]: È questo, non
è? Quando invece di battere la lippa, date la mazza sulla schiena
dell’avversario. Andiamo, va’.
BET [eccitata]: Sì, andiamo!
MIC: Veramente
voi (...)
ODO [prevenendo BET, a MIC]: Mi prendo io la
responsabilità delle signore. [a BET] Ma mi prometta che starete vicino a me.
BET: Sì, sì,
certo! Oh, grazie, Odoardo!
GIU: In tutta
onestà, signorina, io preferirei ritornare a casa.
CAR: È quello
che suggerisco anch’io a voi signore.
BET [prendendola sottobraccio]: Suvvia, andiamo; non
siamo le sole donne: guarda!
PA1 [mettendosi al fianco di GIU e prendendo il braccio di LOR]: Ecco, così siete ben custodita.
PA2: Se andate
voi, vengo anch’io.
LOR: A San
Marco!
PO2: Viva! Viva
san Marco! [altre grida “marciane”]
CAR [rassegnato]: E andiamo.
JAC: Mi
dispiace, ma ho promesso ai miei di ritornare a casa per il desinare.
CAR: Non sarà
...?
JAC: Ma no,
figurati. A più tardi! A ‘sta sera! Ciao! [guarda gli altri uscire sulla sin.; grida a soggetto, clamore svanendo]
<scena VI>
[sipario tirato fino a JAC, da des. entrano
bisticciando ARL+BRI]
BRI:
Credi di sapere tutto tu!
ARL:
Ti dico che è così! Mio paron ... [vedendo JAC] Aspetta mi. [trotterella fino a JAC] A me scusa, mon signor çituien, xelo uno studiante, xelo no?!
JAC
[sorpreso]: Sì ben, sì, in
Padova.
ARL:
Go scomesso col mio amigo, çitaden anca lu, eh, ma de fora ... No, a ghe iera
za qua, mondo prima dei cianfresi buonacarte, eh sì.
JAC
[infastidito]: Dovrei andare; se è
cosa certa e rapida ... a disposizione, altrimenti [un passo a sin.].
BRI
[s’è avvicinato facendo gesti di meraviglia al pubblico]: Parlighe s-cieto e
drito, sucon!
ARL:
A go chi un ziornal de foglio de carta: eccolo qua [mostra un blocchetto che è il giornale più volte ripiegato]. Il qui mio presente amigo (...)
BRI
[dà una spinta a ARL, che piroetta, per toglierlo di mezzo]: El ga magnà lengua de papagalo ‘sta matina: chi vòlo che lo fermi pi’?!
JAC:
Vado. [gesto di saluto]
ARL:
No, signor studiante, ecco qua [dispiega il foglio], qua, qua, qua! [batte soddisfatto con l’indice] Questo achì non la è,
el me diga in verità veritanda, non la è una poesia in laversi?
JAC:
Sì, codesta lo è.
ARL
[a BRI]: Cossa te gheva dito?
Le polesie le se scrive con poche parolette per ogni rigo, a ogni laverso se va parabasso.
BRI
[ancora dubbioso, a JAC]: Xela poprio cussì?
JAC
[guardando più da vicino]: Sembrerebbero endecasillabi, divisi in ottave, ma ...
BRI+ARL
[con differenti intonazioni]: Ma ...?
JAC:
La rima non è ...
BRI
[trionfante]+ARL [timoroso]: Non è ...?
JAC:
Non è con schema fisso.
BRI:
Ciapa su! No la è come te dixevi ti, baùco!
ARL:
No xé vero! Mi gavéa dito [sproloquio parlottato,
a soggetto].
JAC:
Io vado, addio (...)
ARL:
No, no no, signor cituien. El ghe lìgia lu
a colui qui, ché mi go ... un
spisseghin in te la gola. [simula tosse]
BRI
[beffeggiando]: “Spisseghin in
gola”! No’ te sè lézare, no’ te sè!
JAC
[legge garbatamente]: “Io non ho
punto a far (...)”
AEL
[borioso]: A xé l’Aristo; no,
el Danti! [imitando JAC] “Io no’ ponto l’affar ...”
JAC
[serio]: No, non credo
proprio. [cerca fra le facciate] Mi sa che è un certo Gasparo, veneziano.
BRI
[con sufficienza]: Gasparo ...
ARL
[incredulo]: Gasparo? Ma: ve [ai 2 e al pubblico] pàrelo un nome da poeta? Danti,
Arìstio, Omerio, ... Arlecchin eh, sì, i xé nomi da poetti, ma Caspero ...!
Ma-andemo-mo!
JAC
[vagamente divertito]: Continuo? [agli esagerati assensi dei 2, con maggior enfasi] “Io non ho punto a far colla tempesta / [ARL ripete veloce a modo suo ogni verso, BRI sottolinea mimicamente le
ovvietà, es.: alzar la testa] delle bombe infuocate e de’ cannoni, / sto colla turba cheta de’ coglioni
/ che non debbono al mondo alzar la testa ... / ... E perciò mi nascondo /
quando uno parla di eserciti disfatti / o di vittorie o di paci o di patti / e
grido: oh pur siam matti, / noi ranocchi col muso ne’ pantani / a gracidar di
regi e di sovrani!”
BRI:
Bela, bela, bela. Bravo, el mi’ tosato!
ARL:
Te l’avevo mo dito, eh, suca de Ciosa? [a JAC] Grassie, un saco e una sporta de grassie
JAC:
Piacere mio, cittadini! Aurevoir! Ciao!
ARL:
Arivuré! Auguri!
BRI:
Addio!
ARL
[fingendo la lettura, in una mano il giornale, l’altra
alzata]: Oh pur siam matti, noi ranocchi e sorzi
tampegani ... sempre a gracidar col muso nei pantani!
BRI:
Gra-gra-gra. [chiusura sipario]
Atto 3
[a sipario chiuso viene letto il testo,
preferibilmente con accento tedesco]
“Traité
de paix définitif conclu entre la
République française et l’empereur, roi de Hongrie et de Bohême. (…) Article VI. La
République française consent à ce que Sa Majesté l'empereur et roi possède en
toute souveraineté et propriété les pays ci-dessous désignés; savoir: l'Istrie,
la Dalmatie, les îles ci-devant vénitiennes de l'Adriatique, les bouches du
Cattaro, la ville de Venise, les lagunes et les pays compris entre les états
héréditaires de Sa Majesté l'empereur et roi, la mer Adriatique, et une ligne
qui partira du Tyrol, suivra le torrent en avant de Gardola, traversera le lac
de Garda jusqu'à Lacise ; de là une ligne militaire jusqu'à Sangiacomo, offrant
un avantage égal aux deux parties, laquelle sera désignée par des officiers du
génie nommés de part et d'autre avant l'échange des ratifications du présent
traité. La ligne de limite passera ensuite l'Adige à Sangiacomo, suivra la rive
gauche de cette rivière jusqu'à l'embouchure du Canal-Blanc, y compris la
partie de Porto-Legnago qui se trouve sur la rive droite de l'Adige, avec
l'arrondissement d'un rayon de trois mille toises. La ligne se continuera par
la rive gauche du Canal-Blanc, la rive gauche du Tartaro, la rive gauche du
Canal, dit la Polisella, jusqu'à son
embouchure dans le Pô, et la rive gauche du grand Pô jusqu'à la mer. (…)
Fait et signé à San-Fiormo, près d’Udine, le
17 octobre 1797 (26 vendémiaire an 6 de la République française, une et
indivisible.)
Signé, Bonaparte ; [si apre il
sipario] le marquis De ….»
<scena I>
[GIR è seduto sul divano, LOR su una sedia a
lato, MIR è in piedi, sul lato opposto, schiena al pubblico; attesa]
BET
[entrando dal fondo]: Ecco pronti i
caffè. [la segue GIU con un vassoio]
GIR:
Grazie, figliuola. A me ...
BET:
Sì, padre, ecco il vostro vino preferito. [gli porge il bicchierino]
GIU:
Sono già zuccherati.
MIR:
Buono. Mi mancherà il caffe della Giustina.
LOR:
A me mancherà la Giustina.
BET:
Sempre il solito irriducibile impertinente!
LOR:
Scusami, sorellina cara, un puro lapsus linguae: Giustina/Bettina. [porge la tazza vuota a BET che la rifiuta] Vedi? Vedi come sono confuso.
GIR:
È deciso che dobbiate andare? Risoluzione ... ineluttabile?
MIC+LOR:
Sì, padre.
BET:
C’è pur chi resta.
LOR:
A che fare? Inginocchiarsi al dispostismo imperiale? Curvarsi sotto il gioco
d’un tiranno?
BET:
Il vostro Buonaparte non è da meno in quanto a prevaricazioni e assolutismo.
MIC:
Se ne è già discusso, e non puoi dire che ti abbiamo nascosto le nostre
preoccupazioni e aspirazioni.
GIR:
Se tutti la pensassero come voi ...
LOR:
Se tutti l’avessero pensata come noi,
non si sarebbe giunti a questo ... tradimento.
GIR:
Tradimento? Negli affari, quello che ha fatto il generale Buonaparte, si chiama
trarre il maggior profitto.
LOR:
Con il sangue dei popoli? Essendo spergiuro?
MIC:
Ci siamo ingannati, Lorenzo, ma da soli, come sciocchi innamorati acciecati
dalle parvenze dell’amata, e la mente offuscata non s’è resa conto della realtà
delle cose.
BET
[ironica]: I vagheggini della
Rivoluzione. Uomini ...!
LOR
: Se non si ama e non si crede, dove si trova la spinta per l’agire? E le
ragioni.
BET:
Nell’interesse nostro!
MIR:
Non vi credevo così egoista e ... grossolana. [BET sorride beffarda]
GIR:
Voi giovani! Attizzate il fuoco con frasca verde e poi imprecate contro il fumo
che vi soffoca.
LOR:
Che fumo?
MIC
[piatto]: Sbagliando si
impara.
BET
[dopo una lunga risata, che coinvolge il padre]: Prendi, Giustina [le dà il bicchiere del
padre poi le tazze dei fratelli], forse i signorini
vogliono fare il bis. [cenni di diniego]. Bene; vai. È quasi essere a teatro. [GIU esce]
GIR:
Ma gli errori si pagano; per questo è bene profittare delle esperienze altrui. Storia maestra di vita!
LOR:
Ma qui, padre, ora si fa la Storia!
GIR
[serafico]: Nulla di nuovo sotto
il sole.
MIC:
Come potete dire questo, padre? I popoli insorgono contro sovrani licenziosi e
tiranni, e proclamano libertà e uguaglianza non in nome di Dio ma della
Ragione!
LOR:
Il popolo!
BET [ironica]: Saresti voi il popolo?!
GIR: Venezia era una repubblica, Atene era una repubblica, e Roma? Aveva i
Tibuni della Plebe, cioè del popolo.
E ...? Oligarchia, tirannia, assolutismo.
MIC: E Santa
Inquisizione dovreste aggiungere. Ma non per questo si deve desistere da ...
LOR: Liberare
l’uomo dalla tirannia e dalla supestizione: è questo che ci muove, è questo che
ci brucia in petto!
BET: Posso
giustificarvi meramente perché parlate a nome di coloro che non possono farlo o
non sanno.
GIR: O non ne
hanno alcuna voglia. Il popolo è acqua di marea, è banderuola al vento, ...
LOR: Vento;
vento? Bonaccia bianca; anzi, caligo.
GIR: Logico. Non
si può pretendere che una plebe tenuta in miseria, soggezione e ignoranza
diventi a colpi di cannone e ballando attrono ad un albero, libera e illuminata da un giorno per l’altro.
LOR: Potrebbe
provarci!
BET: A fare che?
LOR: A ... a
essere liberi, a ...
GIR: Essere ma
non sentirsi ... La vergine cuccia.
MIC: Non vedo il
paragone fra ... [gesto].
GIR:
Ce ne sono due in uno!
BET:
Due?!
GIR:
L’empio servitore e la tenera cagnolina; entrambi proprietà della
languida Dama. Ma l’audacia del servo
diviene sacrilegio quand’egli liberamente
si mette contro la beniamina della padrona, ed è libertato.
LOR:
E ...?
GIR:
Il servo cerca non un nuovo lavoro, bensì un nuovo padrone sporgendo al passeggiere inutile lamento. La subdola cagna invece
(...)
<scena II>
ODO [entrando con JAC]: Eccoci qua; bagagli sistemati.
JAC:
Pronti per partire!?
LOR:
Certo, Jacopo, si va, si va!
GIR:
Non vorrei che la frenesia della libertà vi fosse cattiva consgliera. Siete
determinati ad andare?
MIC:
Padre, non c’è molto che noi qui possiamo fare, e come repubblicani e giacobini siamo nelle scellerate liste
degli imperiali.
LOR [prendendo
sottobraccio JAC, intona]: Alons enfants, de la
Patrie le jour de (…)
GIR: Ssst, per carità! Avrete tempo di sfogarvi nella Transpadana.
MIC:
Cisalpina, ora è Cisalpina.
GIR:
Ma sì, a Milano! Cambia tutto così in fretta ...
BET:
Che può darsi il caso che domani muti ancora ... di nome e di governati!
LOR:
Cassandra; Bettina: Cassandra veneziana! Non essere così pessimista, sorella.
BET:
Quando è un generale tiranno, ingiusto e bugiardo a decidere le sorti dei
popoli ...!
MIC:
Ma sono le necessità militari del momento! Sono concessioni temporanee per
riorganizzare e continuare (...)
BET:
Le sue conquiste e poi farne mercato!
Ci ha venduti e traditi, dopo averci illusi, il vostro generale.
JAC:
Può essere, o forse è senza dubbio così, però la casa è demolita, il Palazzo è
caduto ...
LOR:
E ne costruiremo uno nuovo, invece di continuare a rattoppare il vecchio
fatiscente edificio!
GIR:
Ma intanto voi ve ne andate ...
BET:
Lasciando solo noi qui a contrastare l’amministrazione del Governo imperiale. [amara] Non che abbiate fatto molto per arginare
le soperchierie del francese.
MIR:
Il Direttorio era formato da repubblicani tiepidi e nighittosi, e capeggiato da
uomini fedeli al Buonaparte.
GIR:
Venduti, vuoi dire. È quel che ormai si dice apertamente nelle calli e
campielli.
ODO:
Le cose val meglio saperle da due bocche che da una. Non è possibile una chiara
visione quando ancora si è invasati dall’amore, o dal rancore o dalla paura.
LOR:
Paura? Vedremo che non saprà offrire la propria vita, chi non saprà morire per
la Libertà!
JAC:
Libertà o Morte!
GIR:
Scusate, libertà di chi e morte di chi?
BET
[sarcastica]: La loro.
MIC:
Di tutti. Non è sempre stato così? Ci si adopera per la salute comune nel
governo o nell’esercito, o con la parola o con la penna o colla mano; gli
inetti non (...)
GIR:
Per dieci secoli i veneti hanno combattuto per essere liberi sulla propria
terra, lottando contro invasori d’ogni razza, ma ora voi ...
LOR:
Riconquistermo la Repubblica, libereremo Venezia!
GIR:
Venendo da Milano, sotto una bandiera
...
ODO:
Si vocifera di Italia; d’un regno, o
repubblica italica.
BET:
E Venezia?
ODO:
La repubblica di Genova già non esiste più.
JAC:
Data a chi?
GIR:
Non sarebbe più saggio restare qui, e impedire che gli inetti, i molli e i
torpidi affossino del tutto la Serenissima?
BET:
Restare e resistere allo straniero è non meno coraggioso di servire in armi.
LOR:
S’è deciso. [a MIC e JAC, che assentono]
ODO
[quasi neutro]: Il barcaiolo, giù in
rio, è l’unico che non apprezzerebbe
un vostro cambio di programma.
BET:
Se gli diamo un terzo del pattuito senza che egli muova remo, vedrete come [gesto di sufficienza].
GIR:
Io non insisto; siete uomini, non ragazzini.
ODO
[prevenedo BET furiosa]: Le donne non sono ammesse
negli eserciti. Certo, potreste addurre la scusa che siete la sorella di [cenno ai 3], ma per il resto del tempo avreste la
compagnia di putte non molto onorate e (...)
BET:
Siete tutti insopportabili! [va verso l’uscita]
MIC:
Bettina, resta! Non tenerci il broncio. Potrebbe essere l’ultima volta (...)
BET
[torna e s’abbracciano]: Sciocco! Non lo devi né dire né pensare. Voglio rivedervi tutti qui per
...
ODO:
Carnevale, addio! Gli austriaci, bigotti come sono ...
GIR:
Ritornate quanto prima. Tuo padre non mi sembrava nemmeno lui tanto propenso a
lasciarti andare. Che dice, eh?
JAC:
Burbero era prima, ora è diventato un selvaggio, un ... eh sì, come l’ha
chiamato la mia signora madre, un cane rabbioso. D’altronde ...
GIR:
Eh, lo so, lo so: tempi duri per gli armatori! Barche, navi e anche gondole:
tutto si prendono! Un poco questi e un
tanto quegli altri.
Le gondole ...
LOR:
Forse sperano di trovare la biondina
sotto-prua.
MIC:
La vecchia tabaccona delle Vignole, altroché! [ridono]
JAC:
Oh, guardate. [cerca ed estrae dal tascapane] Me l’ha regalata mio barba Bortolo.
LOR:
Bella! Ma la sai fumare?
BET:
Ma non è puzzolente?!
GIR:
Vostro zio Bortolo è tornato proprio in un bel momento!
JAC:
Mi ha dato anche questo tabacco; tabacco turco, viene dalla Siria, da Cipro: è
delizioso!
MIC:
Ma la pipa ...? Magnifico! Fammi vedere.
BET
[vicina]: Il leone, il leone
di san Marco!
LOR:
Ne voglio una anch’io! Dove ...?
ODO:
Così tutti i vostri commilitoni sapranno che siete veneziano.
JAC:
È quello che mi ha detto lo zio: “Va’ e mostra d’essere degno del nostro
leone!”
BET:
Tutti con la pipa! San Marco!
LOR:
Non sarà turca?!
JAC:
Ma no! È chioggiotta. Come il Buonaparte ci ha traditi, i pipari chioggiotti
per far dispetto a lui e a quegli altri in arrivo, stampano queste pipe con il
leone marciano.
ODO:
Così è anche un buon motivo per far baruffa. “Xelo el fumo o el lion che ve dà fastidio?”
GIR: Il popolo ...
BET:
Ma perché non alza la voce? Non scende in Piazza e ... e ...[alza i pugni].
JAC:
Forse hanno paura; nelle calli non si vede nessuno.
MIC:
Se siamo confusi e incerti noi, che può avere in animo un popolano che vive
alla giornata?
ODO:
Non si possono pretendere uguali aspirazioni da gradi diversi di cultura.
LOR:
Diciamo ignoranza.
GIR:
Ognuno sa quel che è bene per lui nel proprio entour.
BET:
La graziosa cagnetta ...
MIC:
Pensiamo ancora nel dare al popolo, nel fare per il popolo, ma non lo abituiamo a pensare e agire come popolo,
autonomamente. Lo teniamo ancora con le dande.
ODO:
Il Buonaparte li aizza con gli sproni, ma tiene le briglia ben ferme e corte in
mano.
GIR:
Un timoniere è necessario ...
LOR:
Certamente; però sia l’equipaggio a decidere ove andare.
GIR
[ridendo]: Alle ahahah alle ...
Vignole.
ODO:
In villa ...
MIC:
I mutamenti hanno bisogno di tempo e di incitamenti; e di pazienza.
GIR:
Mi sembra che qui e a Parigi ... tutta questa pazienza e tempo non si siano
avuti.
LOR:
Gli Enciclopedisti son decenni che lavorano per illuminare il popolo e poi ...
e poi arriva il momento in cui la misura è piena!
MIC:
Direi piuttosto che è come una gòmena che si sfilaccia fino a spezzarsi, o che
qualcuno taglia di netto.
ODO:
Cosa fatta, capo ha. Direi che è ora, se vogliamo andare.
BET:
Andate? Siete certi ...?
LOR:
Man della Madonna! Betta, non insistere!
MIC:
Si va e si torna.
BET
[mesta]: Sì, le smanie per la
villeggiatura.
GIR:
E Carlo Antonio? È in ritardo; o va ...?
JAC:
Non viene; resta, qui.
BET:
Come?! Quando ha deciso di non ...?
GIR:
Perché? Voi quattro eravate così uniti e convinti!
JAC:
Non ...
MIC:
Non ha cambiato idea, l’ideale è quello di sempre, ma ha deciso di restare.
Pensa di avere ... di essere più utile qui.
LOR:
Io ho molte perplessità su questa sua defezione.
<scena III>
GIU [entra seguita da CAR]: Il signor Carlino.
GIR:
Lupus in fabula.
BET:
Si stava proprio parlando di voi.
MIC:
Nessun cambiamento di ... ?
GIR:
Giustina, visto che ci sei, porta del Malvasia per tutti. S’avrà il tempo per
un brindisi, Odoardo?! [cenno a GIU che esce]
ODO:
Più si fa buio e più saremo sospetti. Son di ronda pattuglie di arsenalotti,
soldati francesi e guardie imperiali.
CAR:
Che si guardano in cagnesco e si schivano come appestati.
BET:
Allora: resti?
LOR:
Ah, il nostro Carlo Antonio!
CAR:
Sì, resto qui. Mio padre ...
GIR:
Ognuno sa quel che fa e perché. Almeno un baldo giovine rimane con noi, e ciò
ci solleva un poco.
LOR:
Non ditemi che non saprete far fronte alle galline bicefale in casacca bianca,
signor padre!
GIR:
Mi preoccupano di più i galletti nostrani [guarda i tre sorridendo].
BET:
Per non parlar di capponi.
LOR+MIC+JAC+CAR[si guardano interrogativi]
ODO:
La signorina Isabetta si riferisce ai nobiluomii che per una presa di tabacco e
il quetissimo vivere ... tacciono ed acconsentono.
BET:
Giustamente, Odoardo; però ci metterei anche un bel po’ di parassiti e
profittatori del popolo minuto.
MIC:
La canaglia, gli inetti e gli sfruttatori sono inestirpabili come la gramigna.
LOR:
O i ratti di chiavica.
GIU
[entrando]: Ratti?! Dove?
BET:
Ma no, non temere, Giustina! Solo gli esempi eruditi di mio fratello. [l’aiuta con la
boccia e i calicini]
GIR:
Non mi dilungherò perché il miglior augurio che si possa fare in questi frangenti
(...)
BET:
Aspettate, padre; Giustina non ha il bicchiere.
GIR:
Beh, che aspettate, buona donna? Andate a prenderlo e tornate, veloce.
ODO:
Mi sembra un po’ scossa anche lei, la nostra Giustina.
LOR
[lezioso, a BET]: Le donne che hanno
un cuore ... [rientra GIU]
GIR:
Bene; dunque: alla salute di tutti noi! [bevono, GIU
piange]
BET
[abbracciando GIU]: A un presto
ritorno!
LOR:
A un glorioso (...)!
BET
[risentita]: Pensa a tornare ...
tutto intero, pandolo!
ODO:
Su, su , adesso andiamo. [abbracci & saluti a
soggetto] Li vado ad accompagnare in barca fino in
terraferma.
GIR:
Vedi che trovino un buon carro.
ODO:
A Milano ci possono arrivare anche a piedi, sono le guardie di sicurezza in
laguna che mi preoccupano. [esce con MIC+LOR+JAC]
GIR:
Sì, bene: meglio che restiamo qui, per non attirare l’attenzione in riva.
Vediamo di mangiare qualcosa, eh, Giustina? E non pianga. Ritornano sì, quelle
teste calde. [a BET che fa per segurlo] No, resta pure qui a far compagnia al nostro Carlino; io non ho desinato,
sapete ... il trambusto ... [esce con GIU]
<scena IV> CAR: Fors’è meglio che vada anch’io, non ...
BET
[formale]: Sareste così
scortese e insensibile da lasciar sola con il suo dolore una debole donna che
ha visto i suoi fratelli partire verso un ignoto destino?
CAR:
No; sono qui. Ecco: resto.
BET
[svenevole]: Vi ringrazio,
meglio, scusa, ti ringrazio per
condividere e alleviare questa mia afflizione. Sedete. [fa sedere CAR su una poltrocina, siede sul divano; lo guarda e perentoria] Adesso mi raccontate tutto, tutto:
il come, il perché, il ... l’eccetera et cetera. [vedendolo smarriito, sorridendo] Ma dai, signorino
Carlino! Scherzavo.
CAR:
Vuoi dire che ti stavi burlando di me? Non è proprio il momento. Non è facile
... staccarsi così dagli amici; dissentire da loro, e ...
BET:
E ... ?
CAR:
Quando hai parlato di capponi, ho pensato ti riferissi a me.
BET:
A te? Perché? L’ho detto ben chiaro ai miei fratelli che qualcuno doveva
restare e che forse, anzi, è certo che ci vuol più coraggio e sopportazione nel
restare qui inerme, che non
guerreggiare in armi.
CAR:
Mi rincuori a parlare così; credevo di essere il solo ... a parte mia madre, ma
le madri ...
BET:
Così è stata l’insistenza di tua madre (...)
CAR
[riso triste]: Non mi crederete
così succube dei miei genitori!? Se son rimasto non è per amore dei miei o,
peggio, come so che molti pensano, per viltà. Lo vedo che voi non lo credete,
ma di questi tempi, sapete, solo ai vecchi è concessa qualche attenuante.
BET:
Quindi siete rimasto qui, malgrado il sospetto di codardia, per quale ragione?
Non credo che vostro padre abbia bisogno di voi per i suoi negozi, né vedo ...
[lo guarda curiosa e poi diretta] No, non ditemi: siete innamorato! [ride piano, mano
alla bocca]
CAR:
Più che l’amore, è il sentirmi responsabile ... Lontano, come avrei potuto ...
?
BET:
Quindi lo ammettete di essere innamorato.
CAR:
Non ... non sta a me dirlo. [ARL e BRI facendosi
appena vedere tirano i teli del sipario dall’interno; chiuso, sono sulla
ribalta]
BET:
O bella, e chi dovrebbe dirlo? Ma lei lo sa? Lei ... la conosco?
CAR:
Sì, .....
BRI
[a sipario chiuso]: Ben, insomma,
s’ha capìo, no?!: e vissero felici e contenti.
ARL:
Ah, no ghe el quarto ato, che se vedea ...par esempio, tre anni dopo di poi?
BRI:
No, xé finio cossì; adieu! Anche parché dopo a ghe el 14, el 48, el 60, el
(...)
ARL:
Speta, speta, che me segno i numari. 14, 48, 60 ...
BRI:
60 e 66, 70 e (...)
ARL:
Basta cussì: go za fato tombola!
BRI:
Sì, co’ quatro numari!
ARL:
Ma mi gavevo i mii, a le scontevia, ciò.
BRI:
‘ndemo, papalùgo! Adieu!
ARL:
Ariverduar! [inchino, riaprono il sipario; tutto il cast
in riga]
São Paulo, 26 nov 2013.
Giancarlo Varagnolo
Note
1 - I versi di Gasparo Gozzi sono citati in Mario Berengo, Giornali veneziani nel Settecento. p.25;i versi del lotto della Venturina dal Campiello di Carlo Goldoni.
2 - Innegabilmente presente Ippolito Nievo, Memorie di un ottuagenario.
3 - La pipa chioggiotta realmente esiste, si veda lo schizzo (? - "scarabocchio") in Giorgio Boscolo, La pipa chioggiotta. prima del 1850.
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