martedì 3 dicembre 2013

Adieu, Venessia!



 

Giancarlo  Varagnolo

Adieu, Venessia!

Dramma in 3 atti.

 

1° atto – Salotto borghese; notte del 30 aprile 1797.

2° atto – Campiello; mattinata fine vendemmiaio.

3° atto – Salotto come sopra, ma “dimesso”; pomeriggio dicembre.

 

Personaggi:

                Michele, Lorenzo, Betta (Ilisabetta) figli di

            Girolamo,

            Giustina, cameriera,

            Odoardo, famiglio;

            Carlo Antonio, Jacopo, amici;

            popolani (uomini, donne, bambini);

            Arlecchino & Brighella.

 

Atto 1

 ODOARDO [esce sulla ribalta aprendo un poco il sipario, in vestito di scena, con giacca del 2° atto] Buona sera, citoyens et citoyennnnes! Questo che andiamo a rappresentare è un dramma storico. Vi propongo quindi e perciò alcuni punti di riferimento ... per non farla troppo didatticamente prolissa [cenno al sipario] in scena. L’anno è il 1797; il luogo ... lo dice il titolo stesso: Venezia, ma potrebbe essere anche Chioggia, perché no?! Napoleone Buonaparte arriva e senza colpo ferire, come si diceva allora, entra nella Dominante, Venezia, dopo che il Doge, Serenissimo Principe, ha abdicato – “Noi (doge) siamo rassegnati alle divine decisioni...”. Bom. Il nostro grande piccolo uomo, che aveva minacciato “sarò un Attila per lo Stato veneto” se non fossero soddisfatte le sue richieste, fa a noi veneti una grande carognata, che è, mi scusino, una bella presa per il culo, come si suol dire. Perché, che fa? Regala più della metà della gloriosa – e diciamolo! – gloriosa Repubblica Veneta all’imperatore austriaco, con il trattato di Campoformido del 17, che porta sfiga, ottobre del ’97, milesettecento e novantasette; così i veneziani si trovano “bechi e bastonai” come dice l’adagio popolare. I Francesi prendono senza chiedere, cioè rubano tutto quello che possono come, ad esempio, i quattro cavalli della chiesa di san Marco... Sì, dopo li hanno restituiti, anche perché Napoleone “xé ‘nda a fundi”. La Befana dell’anno nuovo ci porta in regalo, perché siamo stati cattivi, cioè “mona”, gli imperiali o crucchi, dopo sette mesi di soldati francesi. E qua si chiude il sipario sul dramma nostro, quello che andiamo a recitare! [tono recitativo cupo] Era la notte buia e moralmente tempestosa di domenica 30 aprile 1797. [s’apre lentamente il sipario] “’Sta notte no semo sicuri neanche nel nostro letto.” – si lamentò il Doge, l’ultimo. [ODO entra nella scena non notato da GIR seduto e pensoso, e esce dalla porta laterale in fondo]

<scena I>  GIUSTINA [entrando dalla stessa porta]: Ha chiamato? Vi porto un altro caffè!?

         GIROLAMO [stancamente]: Ci sono novità? Si sente niente? Si vede qualcosa?

         GIU: No, a me sembra una sera come un’altra. E non è la prima volta che i paronsini fanno tardi, anzi ...

         GIR: Cosa vuoi capire tu! Si tratta di cose importanti, importantissime. Non sono andati a giocare a bassetta o faraone! Capisci!?

         GIU: Non se la prenda con me se ... se ... le cose non vanno nel verso giusto. Ci entro io? No! Sono i vostri signori figli ad essere in ritardo. Quindi ... quindi porto il caffè?

         GIR: Portami un bicchierino, ma piccolo piccolo, di elisir; ma poco, ho lo stomaco sotto sopra.

         GIU: Il malvasìa, va bene?

         GIR: Sì, ecco, brava. Dopo torna al liagò a guardare in strada, ma senza farti vedere.

         GIU: Sarà fatto. [uscendo, a parte] È da un po’ di settimane che sono tutti nevrastenici in ‘sta casa.

         GIR: Mancava solo questo: che i Francesi venissero a rompere le togne! E nessuno che abbia fermato quel demonio di generale: dritto da Parigi fin qui. Cosa si aspetta a mobilitare gli Schiavoni? Come si può continuare ad essere neutrali se abbiamo l’armata francese in casa da settimane?! Ma omai è tardi, tardi, tardi. Sono già a Mestre i galli barbari; e noi capponi nella stia. Che (...)

         GIU [rientrando]: Ecco qua. Va bene così ... poco? La bottiglia l’ho lasciata di là, anzi, vuole che glielo dica?, è stata la signorina Ilisabetta, vostra figlia, che ... mi ha detto di non (...)

         GIR: Sì, sì, va bene. Casomai ti chiamo. Ma: è ancora alzata la signorina? Beh, sì, immagino ....

         GIU: Se la lasciava andare con i suoi fratelli era meglio; per me.

         GIR: Una donna!? Queste sono cose da uomini! [beve un sorsetto]

         GIU: Se lo dite voi ...

         GIR: Ma è sempre il solito? Mi sembra leggero leggero ... [altro piccolissimo sorso]

         GIU: Io non so nulla, patron. Voi lo sapete bene che di là è tutto sotto chiave. Però è ben che sappiate che la cuoca si lagna ché incomincia a scarseggiare roba per il desinare: verdure, uova, vino, ... e  anche legna.

         GIU: Eh lo so, lo so. E anche tabacco da fiuto ... [beve]

         GIR: Fortuna che a me non piace [a parte] poco.

         GIR: Brava! È cosa da uomini.

         GIU [a parte]: Un’altra!? È tutto per loro!

<scena II>  BETTINA [entrando]: Che cos’è da uomini, signor padre?

         GIR: Fiutare tabacco. [si alza appoggiandosi al bastone]

         BET: Infatti; lo dimostra il naso più grosso e grande che il buon Dio li ha provvisti!

         GIR [ridacchia]: Sempre con la risposta pronta, la mia Bettina.

         BET: Converrete, padre mio, che almeno in qualcosa, noi donne ...

         GIR: Se si tratta di lingue taglienti ... la Durlindana di Orlando è poca cosa.

         BET: Vedo che i miei cari fratellini non sono ancora tornati. Si sa nulla? [guarda i due]

         GIU: Io non ho visto nulla, né sentito nulla. È tutto calmo lì fuori.

         GIR: A me sembra strano; con tutto le cose raccapriccianti che ci hanno raccontato i fuggiaschi dalla terraferma ...

         BET: Ma almeno stanno deliberando quacosa a Palazzo? Una decisione deve essere presa; da uomini!

         GIU: Non abbiamo che cicisbei qui in città, solamente buoni a essere servizievoli, con le donne.

         GIR: Tu taci! Qua il bicchiere, e ritorna a fare la guardia.

         GIU [a BET]: E quando vado a letto? Io sarei anche stanca ...

         BET: Fra poco; anzi ... Signor padre, lasciate che Giustina vada a dormire, resterò io qui con voi.

         GIR [a GIU]: Hai chiuso con il catenaccio, il portone, vero?!

         GIU: Come mi avete ordinato voi.

         BRT: Se ci riesce lei a farlo scorrere, penso di poterlo fare anch’io.

         GIR: Con le tue manine ...?

         BET: Ah, signor padre, questo fraseggio da cicisbeo proprio non vi si addice. Piuttosto voi: come va la gamba?

         GIR: Con i pensieri che ho in questi giorni, neanche me ne sono accorto, ma è meglio che mi sieda. E tu Giustina, hai da andare? E vai! [GIU va]

<scena III>  BET: Potevi mandare Odoardo con Michele e Lorenzo; son tempi ...

         GIR: Appunto perché sono tempi di burrasca è preferibile che un uomo valido stia qui in casa per difendere quattro donne e un vecchio ... infermo! I tuoi fratelli ... sono uomini fatti!

         BET: Lorenzo è più giovane di me! E di giudizio ... un pulcino.

         GIR: Non è con il fratello maggiore? Allora ... Vieni qui e siediti qua, con me. Se ci fosse la tua povera madre ...!

         BET [trattenendo il riso]: Mi sembrate un personaggi da commedia!

         GIR: Mi sto forse esprimendo in versi martelliani?

         BET [sorridendo]: No, mi riferivo al carattere d’un personaggio di quel tal Carlo ...

         GIR: Bella roba! Quello che mette cineserie in scena e augellini verdi. [gorgheggia ciurlando in “cinese”] Cipilin-ciir-cian-cì.

         BET [risata]: Adesso vi riconosco, padre mio; non il Pantalon brontolone di poco fa!

         GIR: Eh, figlia mia, il Carnovale è finito; vedi un po’: anche a teatro non più commedie, ma tragedie sono le preferite dal pubblico. Lo spirito dei tempi, si dice. D’altronde il nuovo secolo avanza ...

         BET: È ben così; ma son sempre guerre e morti e rapine ...

         GIR: Non qui: è da secoli che la Repubblica di Marco è serena, anzi Serenissima! [ridacchiano entrambi] Sérénité e fraternité, liberté, ...

         BET: Égalité ...

         GIR: C’è da crederci? Ai posteri ... [bussano; tramestio, voci]

         BET: Eccoli! Sono loro. [va verso la porta]

<scena IV>  LORENZO [entra, trafelato, con CARLO ANTONIO]: Il doge si dimette, la Repubblica è finita!

         GIR: La repubblica? Averemo un re?

         LOR: No, signor padre, non più la decrepita oligarchia, né l’ottenebrato Gran Consiglio, non i truci Inquisitori di Stato, non doge né san Marco, ma la libera repubblica dei citoyens!

         MICHELE [entra con ODOARDO]: La repubblica è morta, viva la repubblica! È un nuovo inizio, padre mio; la fenice che riserge!

         GIR: E i francesi che cosa dicono?

         ODO [presso la porta]: O così [accenna ad alzare le braccia] o bombardano.

         BET: Ci si è arresi, dunque!

         GIR: Non si combatterà in laguna, graziadei. È così?!

         MIC: No, no, non si preoccupi signor padre; abbiamo tempo per sistemare ogni faccenda prima che il generale Buonaparte e i suoi soldati mettano piede qui.

         GIR: Ci sarà pur bisogno di un Provveditor Generale per la città ... E gli Schiavoni? Non sorgeranno attriti con la soldatesca francese?

         LOR: Il Buonaparte non li vuole nemmeno vedere! Prima li manderemo via da Venezia, prima si imbarcheranno per tornare a casa, e poi, poi entreranno le milizie di Francia.

         BET: Chi ci difende? Chi ci garantirà la nostra integrità?

         LOR: Cittadina Isabetta (...)!

         MIC: Saremo noi stessi, noi cittadini a formare un comitato , una Municipalità ... provvisoria. Troppi sembrano niente affatto entusiasti di come si evolvono le cose, ma ...

         BET: Indubbiamente, è stato tutto piuttosto rapido e inaspettato, direi. E noi per nulla preparati; che dico: nemmeno lo si immaginava che in così poco tempo ...

         LOR [canticchia]: Ah! Ça ira, ça ira, ça ira le peuple en ce jour sans cesse répète, Ah …

         BET: Nessuno s’è opposto? Nessuno ha protestato? Il Doge ...?

         ODO: Sua Serenità Lodovico [pone una mano davanti la bocca].

         GIR: E la proprietà, la roba, i commerci ...?

         MIC: Avremo dello obbligazioni, nulla più. Non fummo nemici, né vinti.

         BET [risatina di scherno]: Non siamo vinti? No!? Abbiamo solo ceduto come una vecchia cortigiana imbellettata e lubrica!

         LOR: Nessuno ha ceduto! Buonaparte e la sua armata portano con sé idee nuove, aprono visioni d’un mondo rinnovato, diverso, di liberi e uguali! E noi lo stiamo accogliendo nell’accettazione di dovuti mutamenti futuri.

         MIC: Cara sorella, penso tu abbia visto giusto: una vecchia (...)

         GIR: Una parvenza di rispetto a ... vostro padre! Certo, sono altri tempi; idee (...)

         BET: Oh, i nostri uomini, [calcando sulla pronuncia] les citoyens. Abbisognava che il Francese fosse sulla gronda lagunare per decidersi finalmente a mutare le cose? Che avete fatto fino ad ora? Nulla, se non melose rime e incongruenti tragedie, in versi [risata di scherno].

         ODO: Ogni cosa a suo tempo; ogni stagione ha i suoi frutti.

         BET: Odoardo, oh, pardon, excuse moi, citoyen Odoardò [non riesce a trattenere il riso]

         LOR: Ridi, ridi; ma ora non ci lasceremo sfuggire il momento: è la nostra ora! È l’aurora della nuova repubblica, della rinnovata umanità.

         MIC: Lorenzo ha ragione: è oggi la nostra ora, e il passato [gesto di allontanare]

         GIR: Ma, figli miei, crollato il fodamento, come reggerà la parete, con i puntelli forestieri? Con le idee d’oltralpe?

         LOR: Ma son esse la face, la luce che trae dalle tenebre dell’ignoranza (...)

         GIR: Svuotando conventi e monasteri? Devastando palazzi? E mozzando la testa ai re?

         MIC: È un inizio (...)

         BET: Mi si dice che sian cadute anche teste di citoyens non exactement ... aristocratiques.

         ODO [esagerando sconcerto]: Sacrebleu!

         GIR: Non imporranno quell’orribile strumento di morte anche qui, spero.

         LOR: Padre mio, pianteremo alberi della libertà, li leveremo alti per piazze e campielli!

         BET: Con quanta radice? È da vedere, eh, citoyen Carlò Antognò!?

         CARLO ANTONIO [fino a quel momento zitto e “contemplando” BET, come ridestandosi]: Oh, eh ... dipende da ... dal ...

         MIC: Dal giardiniere! Da quanto noi, il popolo, saprà ... ne avrà cura.

         ODO [“svagatamente” irrisorio]: Les citoyens!

         LOR: Sì, i cittadini, noi tutti, non meramente una obsoleta, decrepita, infiacchita, miope oligarchia.

         GIR: Il popolo!? [bonariamente perplesso] Gondolieri, panettieri, fruttaroli, facchini, servidori ... [a ODO] Non che qualcuno abbia più testa del loro padrone, naturalmente, e più giudizio e sia più scaltro, ma : uomini piccoli, idee modeste.

         MIC: Diamo loro la libertà di crescere, d’essere uguali così come ogni uomo nasce.

         LOR: Tutti gli uomini sono uguali in dignità e diritto.

         BET: Le donne partecipano di questa libertà, di codesta uguaglianza?

         CAR [accorato]: Certo! Sono le madri che educheranno per prime i figli alla Libertà. Le donne ... [si perde nello sguardo ironico di BET]

         BET: Madri! Lo presentivo; madri! La donna è ben di più che madre. Per Libertà intendete anche questo: non essere meramente madri? Se gli schiavi non vogliono più padroni, anche noi donne non vogliamo più essere serve!

         GIR: Che stai dicendo figlia mia?! Bettina ...

         MIC: Libertà è anche questo, certamente. Libertà è essere liberi; liberi per essere (uguali).

         LOR: uguali. Viva Bettina! [va verso la sorella che non si lascia abbracciare]

         CAR: Viva!

         BET [beffeggiando]: Viva. Ma intanto oggi m’avete lasciato a casa ... “perché son cose da uomini”. Non m’avete detto così or sono poche ore, cari i miei fratelli giacobini?!

         CAR: Poteva essere pericoloso ...

         GIR: Lo penso anch’io ...

         BET [fra il sarcastico e l’umorato]: Ovviamente pericoloso solo per noi donne. Chiaramente: cose da uomini già ... liberi!

         ODO: Non necessariamente; l’imprudenza (...)

         MIC: Bettina, lascia cadere il tuo sarcasmo. In Francia e nelle Americhe le donne hanno contribuito attivamente alla nascita della nuova era a fianco dei loro mariti, figli e ... fratelli, sì, di loro spontanea volontà e comando, come a Parigi nella presa della Bastille. Eppoi questo è l’inizio ...

         ODO: Una due tre teste son facili da far cadere, ma rifarne una, una sola di nuova ...!

         CAR: Le sorti della repubblica marciana si decideranno completamente a giorni.

         LOR: E poi la vera nuova clara repubblica di libertà, uguaglianza, fratellanza.

         GIR: Dalla Francia ... tutto alla moda.

         MIC: Le idee nascono in terreni fertili; in Venezia ... e in tutta quest’Italia provinciale, chiusa, bigotta, barocca e (...)

         BET: E ... Vedremo, vedrò!

         GIR [ai figli]: La grande decisione, a quando?

         MIR: Entro il mese; fra due settimane al massimo; Napoleone Buonaparte è impaziente ... Minaccia ...

         ODO: Un maggio di sole spine.

         CAR: Non ci sono rose senza spine; e coglierle [guardando BET] val bene qualche graffio.

         BET: Le citoyen Napoleon le vuole già in vaso o sbaglio? Agli altri pungersi, caro Carlino [occhiata ironica].

         GIR: I francesi ... il generale ... aspetta la resa ... per entrare a Venezia? [assenso dei tre giovani] A quali condizioni? [i tre si scambiano occhiate] Resa ... incondizionata?! [desolato-allibito] E ...?

         LOR: Molti aspettano questo momento. E poi: opporsi a che? Perché?

         GIR: Per ...

         BET: Per un minimo di dignità! Dignità, amor proprio, ...

         CAR: Onore.

         BET: Quello lo si è già perso lasciando arrivare i francesi fin qui senza opporsi, senza prendere posizione, senza ... Gli ignavi!

         MIC: I popoli sono confusi, ma l’orozzonte si va schiarendo.

         LOR: Le idee sono nell’aire.

         ODO: E montano cavalli ben veloci, ben valenti.

         BET: E soldati pure, che incendiano, saccheggiano, uccidono, ...

         CAR [in tono di scusa]: È la guerra.

         GIR: Da quanto tempo s’era in pace, qui, nella Serenissima? Doveva arrivare quel rompicollo di francese a ...

         LOR: Dicono sia mezzo italiano.

         GIR: E mezzo ... Ancora qualche settimana e poi vedremo, lo vedremo. Intanto possiamo andare a dormire tranquilli; non è così? [cenni di assenso, fiacchi] E allora andiamo. Il signor Carlino si ferma qui, suppongo, vista l’ora tarda.

         CAR: Non so se ...

         LOR: Sì, certo. I tuoi sanno che sei con noi.

         GIR [va verso la porta rifiutando l’aiuto di BET]: Andiamo, Odoardo, non penso abbiano bisogno di te. Restate pure a discutere, sangue giovane! [apre la porta, sorpreso] Oh, guarda guarda un po’ chi c’è qui! Una spia della Francia o ... dei Signori della Notte? [ridacchia]

<scena V>  GIU [confusa]: Ho sentito rumori, e delle voci, e stavo venendo a vedere che era e se c’era bisogno di me e ...

         GIR: Va bene, va bene; e dato che sei qui ancora in piedi, prepara il letto al ... cittadino Carlino che (...)

         BET [ironica]: Potrebbe anche prepararselo da solo, il cittadino Carlo Antonio. Uguaglianza, uguaglianza. Eh?!

         GIR[risatina]: Calma, calma, figlia mia! Siamo ancora sotto il governo della Serenissima Repubblica di Venezia. Per poco, ma ... Buon riposo. Buona notte. [esce con ODO e GIU]

<scenaVI>  LOR: Il nostro signor padre è incorreggibile.

         MIC: È della vecchia scuola; un borghese galantuomo ...

         BET: Per la sua età è molto, ma molto più aperto alle novità di troppi giovani damerini in culotte e parrucca incipriata.

         CAR: Lo considero molto liberale e (...)

         BET [squadrandolo]: Voi, invece, con questi abiti ... e ... i capelli!

         LOR: Che ne sai tu per criticare?

         MIC: Lorenzo, non metterti a discutere con tua sorella su questo terreno: lo dovresti sapere che milady è esperta in moda ... francese, e poesia e arte ... Sfoglia ancora le copie de La Donna Galante di nostra madre.

         CAR: Sono un ammiratore fervente delle donne di (garbo).[tace alle occhiate degli altri]

         BET [ostentando indignazione]: Citoyen Carlinò, queste sue smancerie hanno sapor di ... cicisbeo! [MIC e LOR ridono]

         CAR: Ma è la verità, credetemi. Sono parole che vengono direttamente dal (...)

         BET+LOR+MIC: cuore! [risata]

         MIC: E gli occhi, il petto e il crine della mia bella mi fan sospirar.

         LOR [canticchia]: La biondina in gondoletta la s’ha un poco [occhiacci].

         CAR: Oh, smettetela! Io volevo meramente esternare (...)

         BET: Va bene, va bene, mio caro Carlo Antonio. [a tutti] Ma ditemi, ora che nostro padre non c’è, ditemi la verità: la situazione è grave? C’è la possibilità che i francesi bombardino ...?

         MIC: Sì e no. Dipende dal Maggior Consiglio, dal Doge, da ... noi. Il generale Buonaparte ha il suo caratterino ..., ed è appena generale!

         LOR: Ma sono uomini così che ci vogliono: passionali, sicuri, arditi e fieri! Condottieri audaci e inflessibili. Cesari, Alessandri, ...

         BET: Non esageriamo: ha vinto appena alcune battaglie.

         LOR: La stoffa cel’ha, ce l’ha! Era capitano solo tre anni fa.

         Vedremo, vedremo. E intanto il nostro doge? E il Gran Cosiglio? E i notabili marciani, eh?! Altra stoffa o ... nessuna stoffa?

         MIC: Chi poteva immaginare ... Un esercito francese che invade la Serenissima, un esercito repubblicano! E l’Impero che non riesce a fermarlo, con i suoi generali ...!

         LOR: È il vecchio contro il nuovo! Vecchiume facile da spazzare via ... a cannonate. [canta] Vive le son, vive le son ... vive le son du canon!

         CAR: Se continui crederanno che i francesi sono già in città.

         BET: Carlino ha ragione. Però: quando scade l’ultimato?

         MIC [tutubante]: Quattro giorni. Ma ... ma sua Serenità il Doge ha due settimane di tempo per ... per abdicare e dar Venezia al Buonaparte; e licenziare tutta la milizia schiavone.

         LOR [confidenziale]: Liberare tutti i prigionieri e svuotare i conventi.

         BET: Perché i conventi? Ah, sì, sono giunte notizie delle scellerataggini dei francesi verso preti, frati e monache in specie.

         CAR: Sono elementi più oscurantisti, più retrogradi, più infingardi degli aristocratici stessi.

         LOR: Le cornacchie! Ça ira! Li serviremo di barba e parrucca.

         MIC: Il governo nuovo sarà di cittadini veneti, così molti abusi e arbitrî e vilipendi saranno limitati.

         BET [scettica]: Come nell’entroterra!

         CAR: Lì era occupazione d’un esercito vincitore ... Le cernide poco hanno potuto fare, quelle poche che pur sono riuscite ad organizzarsi.

         MIC: È stato un rimandare per troppo tempo, lo ammetto; vediamo però di salvare il possibile. E se dobbiamo incolpare qualcuno, sono le muffite cariatidi che seggono ancora gli scanni del Gran Consiglio. Indolenti pusillanimi.

         LOR [canticchia]: Ah! Le aristocrates à la lanterne.

         CAR: Il mio signor padre ... dice che secoli di mollezza non potevano non produrre questa letargia delle istituzioni e l’assopimento dell’iniziativa qualsivoglia. Chiama Venezia con l’appellativo di ruffiana.

         BET: Io sapevo di ... baldracca.

MIC: Sorella! [anche CAR stupisce]

         BET: Liberté, égalité ...

         CAR: Non vi si addice un parlare così poco ... così ... ecco, insomma.

         BET: Scusate, miei signori, ehm, cittadini. Quindi, se ho ben inteso: Libertà, ma solo un poco; uguaglianza, quanto basta, e l’altra, lì ...?

         [all’unisono] CAR: Fratellanza.   +   LOR: Fraternité.

         BET: Ecco, questa un pizzichino, come il sale nell’acqua per far cuocere la polenta.

         MIC: Lo so, lo so; già sento nostro padre dire: “Dal dire al fare ...!” Sì; però guarda un po’ che cosa hanno combinato i nostri cari prelati, vescovi e papi in diciotto secoli partendo da pace et amore.

         LOR: Non fornicare!

         CAR: Date a Cesare quel che è di ..

         BET: Va bene, va bene; j’ai tout compris. Un prossimo Doge? Non ci sarà. Consiglio ...?

         MIC : Il Governo provvisorio della municipalità di Venezia.

         LOR: L’assemblea dei cittadini liberamente eletti fra tutti gli stati sociali. Ma niente vecchie parrucche.

         BET: Ci sono già i nomi? [i 3 si guardano “reticenti”] Ah, non importa, tanto lo saprò a breve. E, ditemi, cittadini donne ce ne sono? [i 3 attoniti]

         CAR: Non ... non ...

         MIC [d’un fiato]: Non ce n’erano e non ci abbiamo pensato, al momento.

         LOR : Donne ... [gusta l’idea]

         CAR: Potreste essere voi, voglio dire tu,          cittadina Ilisabetta, una delle (...)

         MIC: Ma che stai dicendo, Carlino?

         [unisono >] CAR: Pensavo ...   +   BET: Perché no?!

         MIC: Perché ...

         LOR: Eh! Perché le donne no?

         MIC: Non ho detto le donne, ma Betta! Bom, è tardi e domani sarà una giornata che presagisco dura.

         LOR: Campale! Se ne discute domani, va bene sorellina cittadina?!

         BET: Ma andate a ... sulle zucche di Chiozza! [siede]

         CAR: Andate che ...? Questa non l’avevo mai sentita.

         MIC: Dev’essere farina del sacco della Giustina.

         LOR: Sì, [umorato, con inflessione campagnola] va’ a cagar su’e suche de Chiòza! Sàlgaro!

         CAR [incredulo, guardando BET]: Pulito! Son tempi nuovi, certo, però ... non ...

         BET [conciliante]: Suvvia, non me ne voglia! Sempre meno orribile di Tieste che beve il (...)

         CAR [sdegnato, ma lamentoso]: Ma quella è una tragedia, è teatro, è ... invenzione. [MIC e LOR sgurdi d’intesa per uscire]

         BET: Vede che si sa poco delle persone anche se le si conosce da tempo.

         LOR: Cittadina sorella, il voi è stato abolito; ogni buon citoyen usa il tu. [cenno d’intesa a MIC, escono]

<scena VII>  BET: Accordato. Bien, mon citoyen Carlinò, dis-moi: qual è le véritable comportamento di una … donna nuova, d’una cittadina.

         CAR: Né l’arroganza dell’aristocratica, né la sfrontatezza della popolana; né la civetteria d’una preziosa né la sciatteria d’una contadina. Parlar di garbo e ... diretto, ma senza grossezze da trivio. La moderazione [si guarda in torno cercando consenso] ... Ma dove ...? Michele, Lorenzo ...?

         BET: Una cattiveria delle loro: vedete? Non si può far affidamento sui propri fratelli. [melodrammatica] Ed ora, io qui e voi, soli, noi due ... [sospiro]

         CAR: Impertinenti! Villani e screanzati. Vogliate perdonarmi, signorina Isabetta, ma devo chiedervi licenza e andare. La situazione è oltremodo incresciosa. [accenna ad andare]

         BET [facendo il gesto di trattenerlo]: Non siate sciocco; che mal vi può essere ... due amici, due cittadini che chiacchierano ... di cose serie, per di più.

         CAR [s’è fermato, ma è imbarazzatissimo]: Oh, sì, lo so, non v’è nulla di male. Ma lo sapete com’è la gente: mormora, sparla, inventa corbellerie [si muove verso l’uscita], spettecola. Non voglio che voi [occhiata interrogativa di BET], che tu, tu, la tua ...

         BET: Lasciamo che la gente parli, [inizia chiusura sipario] che il popolo dica!

         CAR [all’attimo della chiusura finale]: Bettina, io (...)

 

Atto 2.

[durante tutto l’atto continuo va&viene di gente nel “campiello”]

<scena I> [sipario chiuso] ARLECCHINO [seduto sul bordo sinistro della ribalta, borbottando finge la lettura del giornale che tiene verticalmente]: ... senti, ciò! ... Oh ...

         BRIGHELLA [entrando da destra]: È tempo delle nespole, però s’ha da coglierle con garbo, altrimenti ti si spappolano fra le dita. Con tutti ‘sti francesi giunti qui in città ... [passa dal gesto spappolare a quello di soldi e rubare; è giunto presso ARL] Guarda un po’ chi c’è qui: un paravento della Cina.

         ARL [fa scorrere il foglio verticalmente: la pagina interna diventa esterna; scuote la testa come se commentasse, migugnando].

         BRI: Ma capisci qualcosa? [non ricevendo risposta si pone alle spalle di ARL e mima di leggere]

         ARL [burbero]: Tieni qua che a me non piace avere qualcuno che mi soffia dietro le spalle Va bene libertà, ma in riga non in fila. [gli dà un foglio]

         BRI [girando il foglio in tutti i modi]: Ecco, non trovo più il punto dov’ero!

         ARL [indicando sul proprio foglio]: Eccolo qua, orbo d’un pandòlo! [si alza] Io avrei già fame. Al mio padrone le notizie gli fanno perdere l’appetito, a me invece [mima “appetito”]. È che lui è un cervello di quelli fini-fini-fini.

         BRI [triste]: Beh, anche a me, sai ...

         ARL: Hai preso il male francese! Cioè, voglio dire ti dispiace che [gesto di andare-mandare via] il Serenissimo ...? Ma noi stiamo sempre dalla Buona-parte, ciò!?

         BRI: Però con tutti ‘sti cambiamenti ... chissà se andiamo in meglio, chissà se andiamo in peggio. Guarda a Parigi!

         ARL: Ho visto, ho visto. Quelli che stavano in alto sono venuti giù, con o senza testa, e quelli in basso sono andati su, con o senza merito, e quelli al centro ... sempre là: dà-a-me-che-io-do-a-te-senti-qua-prendi-là-avanti-così. E darsi del tu, perché adesso guai ad essere con la puzza sotto il naso! Facciamo i francesi anche noi. Guarda qua [costruisce un cappello piegando il foglio, BRI lo imita]. Visto che bello?! E adesso mettitelo in testa, mon général citoyen!

         BRI: Come mi sta? Sembro un napoleone francese?

         ARL: Ma non così ché ti si vedono le orecchie! Coprile; giralo! Ecco fatto, sacrebleu!

         BRI: È il mio nome in francese? [vanitoso] Secrobl(...)

         ARL: Ma no, Brighella! È che se parli francese devi dire: sacrebleu! pest(e)! liberté! donne-moi! ma chérie! Arrête! là bas! Sang.

         BRI [ripete pasticciando il tutto, poi]: Tamam mi? Iyi? Iyi.

         ARL: A me sembra turco; ma potresti essere turco ... ma no! ma no! Che poi non credano che sei uno schiavone rimasto qui camuffato, una spia! Sacrebleu ...

         BRI: Hai ragione, me n’ero scordato. Poveri schiavoni, mandati via da un giorno per l’altro...!

         ARL: Povere schiavone restate qui ... da uno per l’altro [moina].

         BRI: Andiamo, citronnier, sang va, chasserons!

         ARL [canticchiando]: Dansons la carmagnoe, ... [camminata arlecchinesca, s’apre il sipario]

<scena II> STRILLONE 1: Il monitore veneto! Il monitore veneto! Libertà. Virtù. Uguaglianza. Il monitore!

         VENDITORE DI ZUCCA: Succa barucca! Barucca calda!

         ST2: La rivista veneziana urbana! Rivista veneziana! La rivista!

         ST3: La gazzetta urbana veneta! La gazzetta urbana! La gazzetta!

         ARL+BRI [entrano, si defilano, spariscono]

         LOR+MIC+CAR [abbigliamento mutato]+JACOPO [entrano da sinistra]

         ODO [entra ultimo con giornale in mano leggendo]: “Venezia rigenerata spiegar deve nuovo linguaggio.” Tutto fu fatto per verbum ... dicono.

         MIC: Come esseri senzienti, è l’intelletto attraverso la parola che ...

         JAC: Ma se non c’è l’azione ... È l’azione, l’atto, il fare che travolge, sconvolge, cambia e rigenera.

         CAR: Un po’ troppo filotedesco [ridacchia], gli imperiali agognano la tempesta e poi sono i galli dell’Enciclopedia a scatenare l’assalto e il temporale!

         ODO: Suppongo ci vogliano le due cose ...

         LOR: Il temporale che provochi il movimento.

         ODO: Veramente pensavo a idee tradotte, portate, messe in pratica.

         CAR: Le vuote parole o i fatti concreti che le contraddicono.

         MIC: Saremmo infatti bestie e non uomini se azione e pensiero non fossero uniti.

         JAC: Lapalissade; ovvio. La questione qui è: chi viene prima? La parola? L’atto?

         MIC: La parola; il concetto, ...

         LOR: Però alcune volte s’agisce senza cognizione, senza pensamento, senza ...

         CAR: C’innamoreremmo se non conoscessimo prima il concetto, l’idea, la parola amore?

         LOR: E perché no? È una cosa che rugge dentro, che ti prende all’improvviso.

         ODO: I fantolini conoscono e cibo e fame e amore materno prima di saper parlare.

         MIC: Non mi sembra un buon esempio, Odoardo, ché gatti e cani e tutti gli animali fan lo stesso ma poi niuno di loro ... parla.

         LOR [ironico]: E scrive. Il nostro cane sa farsi intendere abbaiando, e come! Ma stiamo parlando di uomini e non bruti, degli esseri umani.

         ODO [accennando]: Questi qui intorno o quelli di palazzi ed accademie?

         LOR: Di tutta l’umanità.

         JAC: Tutti gli uomini nascono uguali, disgraziatamente poi ...

         CAR: Qualcosa v’è pur d’innato; l’ereditarietà del sangue non è forse (...) ?

         ODO [risata]: Un mentecatto è sempre un mentecatto, però un re resta re mentre il popolano viene rinchiuso in una capponaia dopo essere stato preso a sassate.

         MIC: Stai parlando dell’ancien regime, non delle nuove repubbliche, un re Giorgio (...)

         POPOLANA1: Viva la repubblica! Viva la repubblica!

         POPOLANO1: San Marco! San Marco! [altri s’uniscono]

         PA1: ‘ mi nissun m’ha comprà [canta e inizia la danza] fóra i galeti, fóra i galeti; a mi nessun me avrà né con galoni né coi confetti! [progressivamente tutti ballano e cantano]

         PO2 [nerboruto, avvicinandosi ai nostri fermi]: Voi da che parte state: con Venessia o con ‘sti bécchi?

         ODO: Con Venezia, Venessia! [gli altri confermano vivacemente]

         PO2: Ai giacobini ci tagliamo i pallini! [risata e pacca sulla spalla a ODO]

         CAR: Forse è meglio andare.

         MIC [sorridente]: Una furlana, danziamo la furlana ...!

         ODO: Il Serenissimo Principe Lodovico è ... furlano, non è?!

         JAC: L’astuzia del popolo!

         LOR: Potevano muoversi anche prima invece di aspettare che la barca fosse affondata!

         CAR: Speriamo non accada come a Verona ...

         MIC: Teste calde, i veronesi! Qui ... si va in gondola. [mima il remare, è preso sottobraccio da una popolana; danza]

         LOR [ridacchiando]: Se avevamo le coccarde tricolori, chissà come andava a finire.

         ODO: L’altro giorno sono intervenuti i soldati francesi per disperdere i popolani che volevano saccheggiare la casa d’un citoyen.

         CAR [sospirando]: Se la signorina Bettina non si rifiutava di cucire le coccarde ...

         LOR: Che sorella ... petulante! [invita a danzare una donzelletta]

         ODO: Non tutto il male vien per nuocere. E poiché c’è un ballo, vi conviene ballare, cittadini giovanotti! [ridacchia]

         CAR: Ma è un ... una ... bagarre réactionaire!

         ODO: Ssst, niente franceserie! Ballare adesso. [lo sospinge, CAR è preso dai danzatori]

         JAC: Gran bestia, il popolo! Chi l’avrebbe detto?

         ODO: Che avrebbe rivoluto i vecchi ... padroni? L’andazzo di sempre?

         JAC: Per [cenno] la populace ... libertà, uguaglianza ... Democrazia ...

         ODO: Signorino Jacopo, [sottovoce] cittadino Jacopo, non eri tu a proporre poco fa l’azione? Mettiamo le plebi di fronte al fatto compiuto e può essere, può essere, che s’illuminino di idee nuove!

<scena III>  BET [arrivando con GIU]: Odoacre, che sta succedendo? Jacopo, voi qui?!

         GIU: Io ho paura, signora Betta!

         BET: Cittadina; vero, cittadino Jacopo?!

         ODO [cenno di tacere]: Non è proprio il luogo qui ora. Non sentite che cosa cantano? Sono arsenalotti e non sanculotti questi.

         JAC [sconsolato]: Il nostro popolo ...

         BET: Cosa vi aspettavate dopo averli lasciati nell’ignoranza per secoli e con la pancia mezza piena e mezza vuota? E con il bell’esempio del patriziato libertino?!

         JAC: Ma è proprio per questo, [sottovoce] cittadina Bettina, che dovrebbero festeggiare l’arrivo degli ideali nuovi di libertà e democrazia, e non voler restare ancora e sempre servi angariati, miserrimi e ... ottenebrati. [due giovani popolani s’approssimano]

         PO3: Posso avere l’ardire e l’onore d’inviatere lor signore alla danza dei ... veneti?

         PO4: Mostriamo al Francese che siamo vinti ma non domi! Convenite con noi? Ai balli, dunque!

         BET: Onorata, signori, ma sto conferendo qui con questo mio caro zio. Tu, Giustina, se vuoi partecipare ... Con garbo, da gentiluomini, se posso perorare ...

         PO3+4: Con tutto il riguardo possibile. [si mettono ai lati di GIU]

         GIU [esterefatta]: Signorina, signorina, io ... io ... [va, rilassata]

         BET [a JAC]: Visto? Égalité.

         JAC: Se fosse solo questo! Sfacciataggine ...

         ODO: Indubbiamente; ma un paio di mesi fa avrebbero, per lo meno, chiesto a me, come anziano del gruppo, il permesso di invitare le nostre care ... donzelle. Un passo alla volta.[ridendo] L’azione avanti il pensamento.

         BET: L’azione ...? Di che state parlando?

         JAC: D’ogni azione, d’ogni atto, d’ogni accadimento. Chi vien prima (...)

         BET: L’uovo o la gallina? [ride] Sempre con la testa fra le nuvole filosofiche, il mio Aristofane!

         JAC: Aristofane non era un filosofo, ma (...)

         BET: Uno che almeno sapeva far ridere e non beveva cicoria!

         ODO: Cicoria?

         PO1: I soldati, i soldati! I francesi! [confusine, grida; il campiello apparentemente si svuota: alcuni escono, altri s’appiattiscono contro i muri delle case]

         LOR+MIC+CAR+GIU [sono sparsi sulla scena, vagamente perplessi & attenti]

         BET+ODO+JAC [a destra della ribalta, giornale spiegato, sbirciando a sinistra]

         ST1: Il monitore veneto! Il monitore!

         ST2: L’Osservatore, l’Osservatore! Nuovo giornale enciclopedico!

         JAC [legge]: “Liberare gli uomini dai ceppi della superstizione e dal peso della tirannia ...”!

         BET [leggendo]: “... tirannia intermedia.” Intermedia?

         ODO [neutro]: Intermedio: che sta nel mezzo; fra due ...

         BET: Perché meramente quella che sta in mezzo? E le altre due? quella sopra e ... [confusione esterna]

         GIU [avvicinandosi]: Donna Betta, non sarebbe meglio andare?

         PO+PA [scostandosi dai muri, s’avviano sulla sin. verso i clamori]: Andiamo. Che è? [a soggetto]

         LOR: Uno scontro, con i soldati.

         MIC: Fermiamoli, fermiamoli. [va verso l’uscita a proscenio a sin. E si ferma a braccia alzate] Cittadini, veneziani, popolo di san Marco: ferma, ferma! Non immoliamo inutilmente le notre vite contri i francesi, contro ... il barbaro straniero!

         PO+PA [quasi fermi]: Morte alla Francia! Via l’esercito invasore! Morte a Buonaparte! Viva san Marco! Viva la Repubblica! Fuori lo straniero! Morte ...! Viva ...!

CAR [fra la folla]: Fratelli! Figli della Serenissima Repubblica, frenate l’impazienza e l’ira che è di tutti noi. Si sta ricostruendo il governo della repubblica e ben presto le truppe francesi ritorneranno oltralpe.

         LOR [vicino a MIC]: Come è sorta la Repubblica Traspadana e la Repubblica Cispadana, vi sarà la terza sorella: la Repubblica veneta!

         PO+PA: Viva san Marco! Viva il Doge! Viva la Serenissima! Morte ai giacobini! Morte!

         MIC: Non spargiamo inutilmente il sangue delle genti venete ... Vinti, ma non domi! Viva la repubblica! [grida a soggetto]

         PA1: Andiamo a vedere, sono i nostri fratelli!

         PO2: E sì, ciò, è da un po’ di tempo che le cose le si sanno troppo dopo!

         MIC+LOR+CAR [sono trascinati fuori dalla “minuta plebe”]: Si farà quel che si puote. [vocio scomparendo; continua a passare gente parlottando]

<scena IV>  JAC: Dovrei andare anch’io, restare mi sembra una viltà.

         ODO: Si tratta di spegnere l’incendio, non di propagarlo. Ci vogliono ... santi, non eroi.

         JAC: Mi confondete, Odoardo. [BET ridacchia]

         ODO: Scusatemi; non era mia intenzione, cittadino Jacopo, conforderti.

         BET: Noi donne ne sappiamo qualcosa. [ODO e JAC la guardano con stupore diverso] Ma sì! Voi maschi, gli eroici cavalieri erranti, i cuor-di-leone a guerregiar, e noi, fragili donne, aspettando per curarvi le ferite e rattopparvi le culottes.

         JAC [irritato]: Se è codesto a far sante voi donne ...

         ODO: Calma, calma, cittadini; non equivochiamo, m’avete mal inteso. Ovvero è una parte del problema.

         BET: La parte più importante! Che uguaglianza e libertà mai sarebbe se (...)?

         JAC: Rivoluzione è proprio questo: uomini e donne con il berretto frigio! Non hai visto poc’anzi?

         BET: Berretto frigio? Dove, qui? Minuta plebe insoddisfatta ch’ama la baruffa!

         JAC: A Parigi hanno dato inizio alla Rivoluzione distrugendo la Bastiglia; con le loro mani hanno raso al suolo il simbolo dell’oppressione, della tirannia, della (...)

         ODO [tacitando BET furente]: Va bene, si sa, è Storia. Sono eroi della Gloriosa Rivoluzione francese. Però dopo gli eroi e [rivolto a BET] le eroine che distruggono abbattono,uccidono e muoiono, c’è bisogno di santi, e non intendo uomini e [a BET] donne pii, o pavidi o timorati o senza piedi per terra, no, bensì uomini e donne determinati a costruire, a riedificare, a porre in atto il cambiamento, indefessamente, pazientemente, con un eroismo, sì eroismo ma diverso: quello del giorno per giorno.

<scena V>  CAR [entra trafelato, seguito da LOR e MIC]: Stanno per smontare i cavalli della basilica di san Marco!

         JAC+BET+ODO: Chi? Come?! Perché?

         CAR: Buonaparte vuole la quadriga per portarla a Parigi.

         JAC: Ma questo è saccheggio!Non lo può fare.

         BET: Con quale diritto?!

LOR: Del più forte, del vincitore, del padrone.

MIC: Il popolo è furente; s’è sparsa ora la nuova della richiesta.

ODO [alza il giornale tenendolo per un angolo come uno straccio]: E qui si pubblicano racconti ameni, poesie auliche e dissertazioni altamente scientifiche.

BET: Farà qualcosa il Provveditore generale?!

MIC: Nulla. O, può essere, che vi aggiunga le briglia d’oro ... È il lacchè del generale Buonaparte.

CAR: Riparazioni di guerra, tributo alla Rivoluzione, aiuti ... I pretesti non mancano. Già i francesi hanno saccheggiato le casse dello Stato ed ora rubano, rubano tutto quel che viene loro sottomano con il beneplacito del Governo provvisorio della Municipalità, di NOI!

LOR: Non siamo repubbliche sorelle?! Non innalziamo la stessa bandiera di libertà e uguaglianza?! Perché si fa questo?

ODO [ironico]: L’ospite è sacro; l’abbiamo noi stessi invitato a cena, e se il suo appetito è insaziabile, nostra culpa, nostra grandissima culpa.

MIC [ridendo amaro]: Non ti sapevo allievo de’ Gesuiti! Attento, ché su questo il Francese non ammette deroghe [gesto di tagliare la gola]

BET: Se questa è Rivoluzione ... capisco come un furfante arrivi presto ad essere generale!

ODO: Fra furfanti e mercanti non c’è molta differenza; al di là della rima, c’è la stessa attitudine, anzi attività: trarre profitto dal prossimo, gabbarlo e, alla fin fine, derubarlo.

CAR: Può essere, ma non con le baionette puntate sul petto! Sono pirati saraceni, volgari predoni!

PO1 [passando]: Sì, son ladri, prepotenti, sbruffoni e spergiuri. Morte ai francesi! Viva san Marco!

PA1: Si vede che avete conosciuto quelli sbagliati. A me ... Hanno un così bon ton ... E pagano. [ridacchia]

PA2: Chi s’accontenta, gode; baldracca da burchio!

PO2: Ben, ciò, finché bevono, mangiano e poi pagano, tutto bene. Nella mia taverna i patrizi non si facevano vedere, quasti qua [alzata di spalle] égalité e vai coi boccali di vino!

PO3: A me hanno preso la peota ... in cambio di un pezzo di carta ... ben firmata, ciò!

PO4: A me hanno detto “te li darò, te li darò”, ma dopo un mese non ho visto né un franco né un besso.

PA2: Su questo sono tutti precisi,’sti signori, sodati e baroni: quanto ci fanno penare le dame e damine e damoni e cavalieri prima di tirare fuori dal borsello i soldi? Tutti approfittatori!

LOR [intromettendosi]: Ben detto! Ma che si dovrebbe fare per cambiare tutto questo?

PO1: Ucciderli tutti! Impiccati là alle Procuratie.

PO2: Sì, bravo! E dopo andiamo tutti a farci frati a Sant’Erasmo.

PA1: Avere forestieri prepotenti in casa, a me non fa piacere. E se i cani grossi cominciano col mangiare i cavalli della Basilica, quelli piccoli vorranno le uova delle nostre galline.

PO4 [umorato]: O la gallina tutta intera!

LOR: Facciamo qualcosa allora. Prima non andava bene, adesso sembra andare anche peggio ... Facciamo (...)

PO3: Per me non si stava tanto male gli anni passati; il Carnevale, la benedizione del ...

PO4: La vita di sempre: sei ore l’acqua cresce, sei ore l’acqua cala. Con questi qua [scettico] mah?! Anche il nome dei mesi hanno cambiato.

PA1: Mi pare ovvio: se sono francesi, li chiameranno in francese, vero [a LOR] giovanotto?

PA2: La solita gatta ruffianina ...!

LOR [sorridendo]: No, no, non sono i nomi in francese! Lì a Parigi hanno proprio cambiato il calendario: non si va più dal 1° al 30, ma da ... dal (...)

PO2: Oh bella, il mese non comincia più dal primo giorno? Da dove incominciano? Dal 7? Dal 12? Sono matti, ‘sti francesi!

JAC : Dal 22, incominciano dal ventidue. [risate incredule intorno]

PO2: E dal 22 vanno fino a che numero? Cinquanta?

PA1: Ma sanno contare? Dal 22 ..., e dopo una settimana, ciò, il mese è terminato.

JAC: No, signora mia! Il 22 è diventato uno e poi si contano i soliti trenta giorni.

PA1: Bisgna essere bravi a fare i conti ... io non so se  ... Mi aiuterete [a LOR] voi?

LOR [da cicisbeo]: Con molto piacere, indubbiamente! Cavalier vostro.

JAC [a LOR a parte]: Due tumide labbra e un seminudo seno ed eccoti il cicisbeo di sempre.

LOR: Ma che dici?! Sto fraternizzando con il popolo! La Fraternité non la vogliamo praticare? [ride]

BET: Andiamo in Piazza a sentire che si dice. Andiamo?!

CAR: Può essere pericoloso, signorina Isabetta.

BET: Andiamo solo a dare un’occhiata. Vieni Giustina, e animo, animo!

GIU: Io ho paura, padroncina; i soldati non rispettano nessuno, specialmente noi donne, e i francesi ...

PA1 [intromettendosi]: Basta saperli prendere, credetemi; non sono peggiori dei nostri arsenalotti.

PA3: Almeno quelli li capisci, ma questi ... patatì-patatà, pest, diablou, merrd.

MIC: Andiamo, andiamo prima che si faccia notte!

PO5 [dal fondo]: “Putte, chi mette al lotto?/ Xè qua la Venturina / Son vegnù de matina / Semo d’inverno, fora de stagion, / ma xè rivà Bonaparte Napolion./ Via, no ve fe pregar / Chi vien a comandar? “/ Oggi abbiamo anche la figura / del generale cianfrese in miniatura!

JAC: Questa è bella! Voglio proprio vedere.

PA1 [a LOR]: Avete soldi da comprare delle pallottole? Oggi mi sento fortunata!

PO5: Ecco qua [prende da un cesto che un garzone tiene]: maiolica della migliore [mostra la statuetta].

CAR: Ma che è questo? Un cherubino con la feluca in testa?!

BET: Un putto ... nudo. È il Buonaparte da piccolo?! [risatina]

PO5: La Libertà è nuda, non è?

JAC: Io sapevo che era la Verità, non la Libertà!

PA1: Se una persona è libera, è anche ... così, a suo agio.

LOR [a PA1]: L’angioletto ...

PO1: Cosa rappresenterebbe quello lì con la cuffia in testa?

MIC: Buonaparte, il Generale! [ironico] La somiglianza è sorprendente.

PA2: Quello che ha mandato via il nostro Doge?

PA3: Quello che vuole portarsi via i cavalli di san Marco?

PO2: Vergogna, carogna! [altre esclamazioni di disappunto]

PO5: “Cossa gh’aveu co mi? Mo che disgrazie!/ Cossa mai v’oggio fato?

PO4: Ma va là, pampalùgo! Pandòlo!

PO5: “Vôi dir l’animo mio, che non son un pandolo.

MIC: Non è giornata, putto, non è giornata per codeste figurine.

ODO: Continuate con piatti e scodelle, che son sempre utili e van bene per tutti [sospinge PO5 verso il fondo].

PA1: Mi sarebbe piaciuto fare una giocata.

LOR: Ci sono altri giuochi a cui giuocare ...

JAC: Pandolo, per esempio, pandolo. [mima]

PA1 [divertita]: Ma non mi dite! È un gioco da fantolini.

LOR [istrionico]: Certamente; però c’è la variante ... francese. La conoscete?

MIC [dando un lieve scappellotto a LOR]: È questo, non è? Quando invece di battere la lippa, date la mazza sulla schiena dell’avversario. Andiamo, va’.

BET [eccitata]: Sì, andiamo!

MIC: Veramente voi (...)

ODO [prevenendo BET, a MIC]: Mi prendo io la responsabilità delle signore. [a BET] Ma mi prometta che starete vicino a me.

BET: Sì, sì, certo! Oh, grazie, Odoardo!

GIU: In tutta onestà, signorina, io preferirei ritornare a casa.

CAR: È quello che suggerisco anch’io a voi signore.

BET [prendendola sottobraccio]: Suvvia, andiamo; non siamo le sole donne: guarda!

PA1 [mettendosi al fianco di GIU e prendendo il braccio di LOR]: Ecco, così siete ben custodita.

PA2: Se andate voi, vengo anch’io.

LOR: A San Marco!

PO2: Viva! Viva san Marco! [altre grida “marciane”]

CAR [rassegnato]: E andiamo.

JAC: Mi dispiace, ma ho promesso ai miei di ritornare a casa per il desinare.

CAR: Non sarà ...?

JAC: Ma no, figurati. A più tardi! A ‘sta sera! Ciao! [guarda gli altri uscire sulla sin.; grida a soggetto, clamore svanendo]

<scena VI>  [sipario tirato fino a JAC, da des. entrano bisticciando ARL+BRI]

         BRI: Credi di sapere tutto tu!

         ARL: Ti dico che è così! Mio paron ... [vedendo JAC] Aspetta mi. [trotterella fino a JAC] A me scusa, mon signor çituien, xelo uno studiante, xelo no?!

         JAC [sorpreso]: Sì ben, sì, in Padova.

         ARL: Go scomesso col mio amigo, çitaden anca lu, eh, ma de fora ... No, a ghe iera za qua, mondo prima dei cianfresi buonacarte, eh sì.

         JAC [infastidito]: Dovrei andare; se è cosa certa e rapida ... a disposizione, altrimenti [un passo a sin.].

         BRI [s’è avvicinato facendo gesti di meraviglia al pubblico]: Parlighe s-cieto e drito, sucon!

         ARL: A go chi un ziornal de foglio de carta: eccolo qua [mostra un blocchetto che è il giornale più volte ripiegato]. Il qui mio presente amigo (...)

         BRI [dà una spinta a ARL, che piroetta, per toglierlo di mezzo]: El ga magnà lengua de papagalo ‘sta matina: chi vòlo che lo fermi pi’?!

         JAC: Vado. [gesto di saluto]

         ARL: No, signor studiante, ecco qua [dispiega il foglio], qua, qua, qua! [batte soddisfatto con l’indice] Questo achì non la è, el me diga in verità veritanda, non la è una poesia in laversi?

         JAC: Sì, codesta lo è.

         ARL [a BRI]: Cossa te gheva dito? Le polesie le se scrive con poche parolette per ogni rigo, a ogni laverso se va parabasso.

         BRI [ancora dubbioso, a JAC]: Xela poprio cussì?

         JAC [guardando più da vicino]: Sembrerebbero endecasillabi, divisi in ottave, ma ...

         BRI+ARL [con differenti intonazioni]: Ma ...?

         JAC: La rima non è ...

         BRI [trionfante]+ARL [timoroso]: Non è ...?

         JAC: Non è con schema fisso.

         BRI: Ciapa su! No la è come te dixevi ti, baùco!

         ARL: No xé vero! Mi gavéa dito [sproloquio parlottato, a soggetto].

         JAC: Io vado, addio (...)

         ARL: No, no no, signor cituien. El ghe lìgia lu a colui qui, ché mi go ... un spisseghin in te la gola. [simula tosse]

         BRI [beffeggiando]: “Spisseghin in gola”! No’ te sè lézare, no’ te sè!

         JAC [legge garbatamente]: “Io non ho punto a far (...)”

         AEL [borioso]: A xé l’Aristo; no, el Danti! [imitando JAC] “Io no’ ponto l’affar ...”

         JAC [serio]: No, non credo proprio. [cerca fra le facciate] Mi sa che è un certo Gasparo, veneziano.

         BRI [con sufficienza]: Gasparo ...

         ARL [incredulo]: Gasparo? Ma: ve [ai 2 e al pubblico] pàrelo un nome da poeta? Danti, Arìstio, Omerio, ... Arlecchin eh, sì, i xé nomi da poetti, ma Caspero ...! Ma-andemo-mo!

         JAC [vagamente divertito]: Continuo? [agli esagerati assensi dei 2, con maggior enfasi] “Io non ho punto a far colla tempesta / [ARL ripete veloce a modo suo ogni verso, BRI sottolinea mimicamente le ovvietà, es.: alzar la testa] delle bombe infuocate e de’ cannoni, / sto colla turba cheta de’ coglioni / che non debbono al mondo alzar la testa ... / ... E perciò mi nascondo / quando uno parla di eserciti disfatti / o di vittorie o di paci o di patti / e grido: oh pur siam matti, / noi ranocchi col muso ne’ pantani / a gracidar di regi e di sovrani!”

         BRI: Bela, bela, bela. Bravo, el mi’ tosato!

         ARL: Te l’avevo mo dito, eh, suca de Ciosa? [a JAC] Grassie, un saco e una sporta de grassie

         JAC: Piacere mio, cittadini! Aurevoir! Ciao!

         ARL: Arivuré! Auguri!

         BRI: Addio!

         ARL [fingendo la lettura, in una mano il giornale, l’altra alzata]: Oh pur siam matti, noi ranocchi e sorzi tampegani ... sempre a gracidar col muso nei pantani!

         BRI: Gra-gra-gra. [chiusura sipario]

 

Atto 3

[a sipario chiuso viene letto il testo, preferibilmente con accento tedesco]

Traité de paix définitif conclu entre la République française et l’empereur, roi de Hongrie et de Bohême. (…) Article VI. La République française consent à ce que Sa Majesté l'empereur et roi possède en toute souveraineté et propriété les pays ci-dessous désignés; savoir: l'Istrie, la Dalmatie, les îles ci-devant vénitiennes de l'Adriatique, les bouches du Cattaro, la ville de Venise, les lagunes et les pays compris entre les états héréditaires de Sa Majesté l'empereur et roi, la mer Adriatique, et une ligne qui partira du Tyrol, suivra le torrent en avant de Gardola, traversera le lac de Garda jusqu'à Lacise ; de là une ligne militaire jusqu'à Sangiacomo, offrant un avantage égal aux deux parties, laquelle sera désignée par des officiers du génie nommés de part et d'autre avant l'échange des ratifications du présent traité. La ligne de limite passera ensuite l'Adige à Sangiacomo, suivra la rive gauche de cette rivière jusqu'à l'embouchure du Canal-Blanc, y compris la partie de Porto-Legnago qui se trouve sur la rive droite de l'Adige, avec l'arrondissement d'un rayon de trois mille toises. La ligne se continuera par la rive gauche du Canal-Blanc, la rive gauche du Tartaro, la rive gauche du Canal, dit la Polisella, jusqu'à son embouchure dans le Pô, et la rive gauche du grand Pô jusqu'à la mer. (…)

 Fait et signé à San-Fiormo, près d’Udine, le 17 octobre 1797 (26 vendémiaire an 6 de la République française, une et indivisible.)

Signé, Bonaparte ; [si apre il sipario] le marquis De ….»

<scena I>  [GIR è seduto sul divano, LOR su una sedia a lato, MIR è in piedi, sul lato opposto, schiena al pubblico; attesa]

         BET [entrando dal fondo]: Ecco pronti i caffè. [la segue GIU con un vassoio]

         GIR: Grazie, figliuola. A me ...

         BET: Sì, padre, ecco il vostro vino preferito. [gli porge il bicchierino]

         GIU: Sono già zuccherati.

         MIR: Buono. Mi mancherà il caffe della Giustina.

         LOR: A me mancherà la Giustina.

         BET: Sempre il solito irriducibile impertinente!

         LOR: Scusami, sorellina cara, un puro lapsus linguae: Giustina/Bettina. [porge la tazza vuota a BET che la rifiuta] Vedi? Vedi come sono confuso.

         GIR: È deciso che dobbiate andare? Risoluzione ... ineluttabile?

         MIC+LOR: Sì, padre.

         BET: C’è pur chi resta.

         LOR: A che fare? Inginocchiarsi al dispostismo imperiale? Curvarsi sotto il gioco d’un tiranno?

         BET: Il vostro Buonaparte non è da meno in quanto a prevaricazioni e assolutismo.

         MIC: Se ne è già discusso, e non puoi dire che ti abbiamo nascosto le nostre preoccupazioni e aspirazioni.

         GIR: Se tutti la pensassero come voi ...

         LOR: Se tutti l’avessero pensata come noi, non si sarebbe giunti a questo ... tradimento.

         GIR: Tradimento? Negli affari, quello che ha fatto il generale Buonaparte, si chiama trarre il maggior profitto.

         LOR: Con il sangue dei popoli? Essendo spergiuro?

         MIC: Ci siamo ingannati, Lorenzo, ma da soli, come sciocchi innamorati acciecati dalle parvenze dell’amata, e la mente offuscata non s’è resa conto della realtà delle cose.

         BET [ironica]: I vagheggini della Rivoluzione. Uomini ...!

         LOR : Se non si ama e non si crede, dove si trova la spinta per l’agire? E le ragioni.

         BET: Nell’interesse nostro!

         MIR: Non vi credevo così egoista e ... grossolana. [BET sorride beffarda]

         GIR: Voi giovani! Attizzate il fuoco con frasca verde e poi imprecate contro il fumo che vi soffoca.

         LOR: Che fumo?

         MIC [piatto]: Sbagliando si impara.

         BET [dopo una lunga risata, che coinvolge il padre]: Prendi, Giustina [le dà il bicchiere del padre poi le tazze dei fratelli], forse i signorini vogliono fare il bis. [cenni di diniego]. Bene; vai. È quasi essere a teatro. [GIU esce]

         GIR: Ma gli errori si pagano; per questo è bene profittare delle esperienze altrui. Storia maestra di vita!

         LOR: Ma qui, padre, ora si fa la Storia!

         GIR [serafico]: Nulla di nuovo sotto il sole.

         MIC: Come potete dire questo, padre? I popoli insorgono contro sovrani licenziosi e tiranni, e proclamano libertà e uguaglianza non in nome di Dio ma della Ragione!

         LOR: Il popolo!

BET [ironica]: Saresti voi il popolo?!

GIR: Venezia era una repubblica, Atene era una repubblica, e Roma? Aveva i Tibuni della Plebe, cioè del popolo. E ...? Oligarchia, tirannia, assolutismo.

MIC: E Santa Inquisizione dovreste aggiungere. Ma non per questo si deve desistere da ...

LOR: Liberare l’uomo dalla tirannia e dalla supestizione: è questo che ci muove, è questo che ci brucia in petto!

BET: Posso giustificarvi meramente perché parlate a nome di coloro che non possono farlo o non sanno.

GIR: O non ne hanno alcuna voglia. Il popolo è acqua di marea, è banderuola al vento, ...

LOR: Vento; vento? Bonaccia bianca; anzi, caligo.

GIR: Logico. Non si può pretendere che una plebe tenuta in miseria, soggezione e ignoranza diventi a colpi di cannone e ballando attrono ad un albero, libera e illuminata da un giorno per l’altro.

LOR: Potrebbe provarci!

BET: A fare che?

LOR: A ... a essere liberi, a ...

GIR: Essere ma non sentirsi ... La vergine cuccia.

MIC: Non vedo il paragone fra ... [gesto].

         GIR: Ce ne sono due in uno!

         BET: Due?!

         GIR: L’empio servitore e la tenera cagnolina; entrambi proprietà della languida Dama. Ma l’audacia del servo diviene sacrilegio quand’egli liberamente si mette contro la beniamina della padrona, ed è libertato.

         LOR: E ...?

         GIR: Il servo cerca non un nuovo lavoro, bensì un nuovo padrone sporgendo al passeggiere inutile lamento. La subdola cagna invece (...)

<scena II>  ODO [entrando con JAC]: Eccoci qua; bagagli sistemati.

         JAC: Pronti per partire!?

         LOR: Certo, Jacopo, si va, si va!

         GIR: Non vorrei che la frenesia della libertà vi fosse cattiva consgliera. Siete determinati ad andare?

         MIC: Padre, non c’è molto che noi qui possiamo fare, e come repubblicani e giacobini siamo nelle scellerate liste degli imperiali.

         LOR [prendendo sottobraccio JAC, intona]: Alons enfants, de la Patrie le jour de (…)

         GIR: Ssst, per carità! Avrete tempo di sfogarvi nella Transpadana.

         MIC: Cisalpina, ora è Cisalpina.

         GIR: Ma sì, a Milano! Cambia tutto così in fretta ...

         BET: Che può darsi il caso che domani muti ancora ... di nome e di governati!

         LOR: Cassandra; Bettina: Cassandra veneziana! Non essere così pessimista, sorella.

         BET: Quando è un generale tiranno, ingiusto e bugiardo a decidere le sorti dei popoli ...!

         MIC: Ma sono le necessità militari del momento! Sono concessioni temporanee per riorganizzare e continuare (...)

         BET: Le sue conquiste e poi farne mercato! Ci ha venduti e traditi, dopo averci illusi, il vostro generale.

         JAC: Può essere, o forse è senza dubbio così, però la casa è demolita, il Palazzo è caduto ...

         LOR: E ne costruiremo uno nuovo, invece di continuare a rattoppare il vecchio fatiscente edificio!

         GIR: Ma intanto voi ve ne andate ...

         BET: Lasciando solo noi qui a contrastare l’amministrazione del Governo imperiale. [amara] Non che abbiate fatto molto per arginare le soperchierie del francese.

         MIR: Il Direttorio era formato da repubblicani tiepidi e nighittosi, e capeggiato da uomini fedeli al Buonaparte.

         GIR: Venduti, vuoi dire. È quel che ormai si dice apertamente nelle calli e campielli.

         ODO: Le cose val meglio saperle da due bocche che da una. Non è possibile una chiara visione quando ancora si è invasati dall’amore, o dal rancore o dalla paura.

         LOR: Paura? Vedremo che non saprà offrire la propria vita, chi non saprà morire per la Libertà!

         JAC: Libertà o Morte!

         GIR: Scusate, libertà di chi e morte di chi?

         BET [sarcastica]: La loro.

         MIC: Di tutti. Non è sempre stato così? Ci si adopera per la salute comune nel governo o nell’esercito, o con la parola o con la penna o colla mano; gli inetti non (...)

         GIR: Per dieci secoli i veneti hanno combattuto per essere liberi sulla propria terra, lottando contro invasori d’ogni razza, ma ora voi ...

         LOR: Riconquistermo la Repubblica, libereremo Venezia!

         GIR: Venendo da Milano, sotto una bandiera ...

         ODO: Si vocifera di Italia; d’un regno, o repubblica italica.

         BET: E Venezia?

         ODO: La repubblica di Genova già non esiste più.

         JAC: Data a chi?

         GIR: Non sarebbe più saggio restare qui, e impedire che gli inetti, i molli e i torpidi affossino del tutto la Serenissima?

         BET: Restare e resistere allo straniero è non meno coraggioso di servire in armi.

         LOR: S’è deciso. [a MIC e JAC, che assentono]

         ODO [quasi neutro]: Il barcaiolo, giù in rio, è l’unico che non apprezzerebbe un vostro cambio di programma.

         BET: Se gli diamo un terzo del pattuito senza che egli muova remo, vedrete come [gesto di sufficienza].

         GIR: Io non insisto; siete uomini, non ragazzini.

         ODO [prevenedo BET furiosa]: Le donne non sono ammesse negli eserciti. Certo, potreste addurre la scusa che siete la sorella di [cenno ai 3], ma per il resto del tempo avreste la compagnia di putte non molto onorate e (...)

         BET: Siete tutti insopportabili! [va verso l’uscita]

         MIC: Bettina, resta! Non tenerci il broncio. Potrebbe essere l’ultima volta (...)

         BET [torna e s’abbracciano]: Sciocco! Non lo devi né dire né pensare. Voglio rivedervi tutti qui per ...

         ODO: Carnevale, addio! Gli austriaci, bigotti come sono ...

         GIR: Ritornate quanto prima. Tuo padre non mi sembrava nemmeno lui tanto propenso a lasciarti andare. Che dice, eh?

         JAC: Burbero era prima, ora è diventato un selvaggio, un ... eh sì, come l’ha chiamato la mia signora madre, un cane rabbioso. D’altronde ...

         GIR: Eh, lo so, lo so: tempi duri per gli armatori! Barche, navi e anche gondole: tutto si prendono! Un poco questi e un  tanto quegli altri.

Le gondole ...

         LOR: Forse sperano di trovare la biondina sotto-prua.

         MIC: La vecchia tabaccona delle Vignole, altroché! [ridono]

         JAC: Oh, guardate. [cerca ed estrae dal tascapane] Me l’ha regalata mio barba Bortolo.

         LOR: Bella! Ma la sai fumare?

         BET: Ma non è puzzolente?!

         GIR: Vostro zio Bortolo è tornato proprio in un bel momento!

         JAC: Mi ha dato anche questo tabacco; tabacco turco, viene dalla Siria, da Cipro: è delizioso!

         MIC: Ma la pipa ...? Magnifico! Fammi vedere.

         BET [vicina]: Il leone, il leone di san Marco!

         LOR: Ne voglio una anch’io! Dove ...?

         ODO: Così tutti i vostri commilitoni sapranno che siete veneziano.

         JAC: È quello che mi ha detto lo zio: “Va’ e mostra d’essere degno del nostro leone!”

         BET: Tutti con la pipa! San Marco!

         LOR: Non sarà turca?!

         JAC: Ma no! È chioggiotta. Come il Buonaparte ci ha traditi, i pipari chioggiotti per far dispetto a lui e a quegli altri in arrivo, stampano queste pipe con il leone marciano.

         ODO: Così è anche un buon motivo per far baruffa. “Xelo el fumo o el lion che ve dà fastidio?”

         GIR: Il popolo ...

         BET: Ma perché non alza la voce? Non scende in Piazza e ... e ...[alza i pugni].

         JAC: Forse hanno paura; nelle calli non si vede nessuno.

         MIC: Se siamo confusi e incerti noi, che può avere in animo un popolano che vive alla giornata?

         ODO: Non si possono pretendere uguali aspirazioni da gradi diversi di cultura.

         LOR: Diciamo ignoranza.

         GIR: Ognuno sa quel che è bene per lui nel proprio entour.

         BET: La graziosa cagnetta ...

         MIC: Pensiamo ancora nel dare al popolo, nel fare per il popolo, ma non lo abituiamo a pensare e agire come popolo, autonomamente. Lo teniamo ancora con le dande.

         ODO: Il Buonaparte li aizza con gli sproni, ma tiene le briglia ben ferme e corte in mano.

         GIR: Un timoniere è necessario ...

         LOR: Certamente; però sia l’equipaggio a decidere ove andare.

         GIR [ridendo]: Alle ahahah alle ... Vignole.

         ODO: In villa ...

         MIC: I mutamenti hanno bisogno di tempo e di incitamenti; e di pazienza.

         GIR: Mi sembra che qui e a Parigi ... tutta questa pazienza e tempo non si siano avuti.

         LOR: Gli Enciclopedisti son decenni che lavorano per illuminare il popolo e poi ... e poi arriva il momento in cui la misura è piena!

         MIC: Direi piuttosto che è come una gòmena che si sfilaccia fino a spezzarsi, o che qualcuno taglia di netto.

         ODO: Cosa fatta, capo ha. Direi che è ora, se vogliamo andare.

         BET: Andate? Siete certi ...?

         LOR: Man della Madonna! Betta, non insistere!

         MIC: Si va e si torna.

         BET [mesta]: Sì, le smanie per la villeggiatura.

         GIR: E Carlo Antonio? È in ritardo; o va ...?

         JAC: Non viene; resta, qui.

         BET: Come?! Quando ha deciso di non ...?

         GIR: Perché? Voi quattro eravate così uniti e convinti!

         JAC: Non ...

         MIC: Non ha cambiato idea, l’ideale è quello di sempre, ma ha deciso di restare. Pensa di avere ... di essere più utile qui.

         LOR: Io ho molte perplessità su questa sua defezione.

<scena III>  GIU [entra seguita da CAR]: Il signor Carlino.

         GIR: Lupus in fabula.

         BET: Si stava proprio parlando di voi.

         MIC: Nessun cambiamento di ... ?

         GIR: Giustina, visto che ci sei, porta del Malvasia per tutti. S’avrà il tempo per un brindisi, Odoardo?! [cenno a GIU che esce]

         ODO: Più si fa buio e più saremo sospetti. Son di ronda pattuglie di arsenalotti, soldati francesi e guardie imperiali.

         CAR: Che si guardano in cagnesco e si schivano come appestati.

         BET: Allora: resti?

         LOR: Ah, il nostro Carlo Antonio!

         CAR: Sì, resto qui. Mio padre ...

         GIR: Ognuno sa quel che fa e perché. Almeno un baldo giovine rimane con noi, e ciò ci solleva un poco.

         LOR: Non ditemi che non saprete far fronte alle galline bicefale in casacca bianca, signor padre!

         GIR: Mi preoccupano di più i galletti nostrani [guarda i tre sorridendo].

         BET: Per non parlar di capponi.

         LOR+MIC+JAC+CAR[si guardano interrogativi]

         ODO: La signorina Isabetta si riferisce ai nobiluomii che per una presa di tabacco e il quetissimo vivere ... tacciono ed acconsentono.

         BET: Giustamente, Odoardo; però ci metterei anche un bel po’ di parassiti e profittatori del popolo minuto.

         MIC: La canaglia, gli inetti e gli sfruttatori sono inestirpabili come la gramigna.

         LOR: O i ratti di chiavica.

         GIU [entrando]: Ratti?! Dove?

         BET: Ma no, non temere, Giustina! Solo gli esempi eruditi di mio fratello. [l’aiuta con la boccia e i calicini]

         GIR: Non mi dilungherò perché il miglior augurio che si possa fare in questi frangenti (...)

         BET: Aspettate, padre; Giustina non ha il bicchiere.

         GIR: Beh, che aspettate, buona donna? Andate a prenderlo e tornate, veloce.

         ODO: Mi sembra un po’ scossa anche lei, la nostra Giustina.

         LOR [lezioso, a BET]: Le donne che hanno un cuore ... [rientra GIU]

         GIR: Bene; dunque: alla salute di tutti noi! [bevono, GIU piange]

         BET [abbracciando GIU]: A un presto ritorno!

         LOR: A un glorioso (...)!

         BET [risentita]: Pensa a tornare ... tutto intero, pandolo!

         ODO: Su, su , adesso andiamo. [abbracci & saluti a soggetto] Li vado ad accompagnare in barca fino in terraferma.

         GIR: Vedi che trovino un buon carro.

         ODO: A Milano ci possono arrivare anche a piedi, sono le guardie di sicurezza in laguna che mi preoccupano. [esce con MIC+LOR+JAC]

         GIR: Sì, bene: meglio che restiamo qui, per non attirare l’attenzione in riva. Vediamo di mangiare qualcosa, eh, Giustina? E non pianga. Ritornano sì, quelle teste calde. [a BET che fa per segurlo] No, resta pure qui a far compagnia al nostro Carlino; io non ho desinato, sapete ... il trambusto ... [esce con GIU]

<scena IV>  CAR: Fors’è meglio che vada anch’io, non ...

         BET [formale]: Sareste così scortese e insensibile da lasciar sola con il suo dolore una debole donna che ha visto i suoi fratelli partire verso un ignoto destino?

         CAR: No; sono qui. Ecco: resto.

         BET [svenevole]: Vi ringrazio, meglio, scusa, ti ringrazio per condividere e alleviare questa mia afflizione. Sedete. [fa sedere CAR su una poltrocina, siede sul divano; lo guarda e perentoria] Adesso mi raccontate tutto, tutto: il come, il perché, il ... l’eccetera et cetera. [vedendolo smarriito, sorridendo] Ma dai, signorino Carlino! Scherzavo.

         CAR: Vuoi dire che ti stavi burlando di me? Non è proprio il momento. Non è facile ... staccarsi così dagli amici; dissentire da loro, e ...

         BET: E ... ?

         CAR: Quando hai parlato di capponi, ho pensato ti riferissi a me.

         BET: A te? Perché? L’ho detto ben chiaro ai miei fratelli che qualcuno doveva restare e che forse, anzi, è certo che ci vuol più coraggio e sopportazione nel restare qui inerme, che non guerreggiare in armi.

         CAR: Mi rincuori a parlare così; credevo di essere il solo ... a parte mia madre, ma le madri ...

         BET: Così è stata l’insistenza di tua madre (...)

         CAR [riso triste]: Non mi crederete così succube dei miei genitori!? Se son rimasto non è per amore dei miei o, peggio, come so che molti pensano, per viltà. Lo vedo che voi non lo credete, ma di questi tempi, sapete, solo ai vecchi è concessa qualche attenuante.

         BET: Quindi siete rimasto qui, malgrado il sospetto di codardia, per quale ragione? Non credo che vostro padre abbia bisogno di voi per i suoi negozi, né vedo ... [lo guarda curiosa e poi diretta] No, non ditemi: siete innamorato! [ride piano, mano alla bocca]

         CAR: Più che l’amore, è il sentirmi responsabile ... Lontano, come avrei potuto ... ?

         BET: Quindi lo ammettete di essere innamorato.

         CAR: Non ... non sta a me dirlo. [ARL e BRI facendosi appena vedere tirano i teli del sipario dall’interno; chiuso, sono sulla ribalta]

         BET: O bella, e chi dovrebbe dirlo? Ma lei lo sa? Lei ... la conosco?

         CAR: Sì, .....

         BRI [a sipario chiuso]: Ben, insomma, s’ha capìo, no?!: e vissero felici e contenti.

         ARL: Ah, no ghe el quarto ato, che se vedea ...par esempio, tre anni dopo di poi?

         BRI: No, xé finio cossì; adieu! Anche parché dopo a ghe el 14, el 48, el 60, el (...)

         ARL: Speta, speta, che me segno i numari. 14, 48, 60 ...

         BRI: 60 e 66, 70 e (...)

         ARL: Basta cussì: go za fato tombola!

         BRI: Sì, co’ quatro numari!

         ARL: Ma mi gavevo i mii, a le scontevia, ciò.

         BRI: ‘ndemo, papalùgo! Adieu!

         ARL: Ariverduar! [inchino, riaprono il sipario; tutto il cast in riga]

 

São Paulo, 26 nov 2013.

Giancarlo  Varagnolo

Note
1 - I versi di Gasparo Gozzi sono citati in Mario Berengo, Giornali veneziani nel Settecento. p.25;
   i versi del lotto della Venturina dal Campiello di Carlo Goldoni.
2 - Innegabilmente presente Ippolito Nievo, Memorie di un ottuagenario.
3 - La pipa chioggiotta realmente esiste, si veda lo schizzo (? - "scarabocchio") in Giorgio Boscolo, La pipa chioggiotta. prima del 1850.

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