Giancarlo
Varagnolo
Ombrelloni
a spicchi bianchi e blu
Talvolta
ci si sveglia stanchi, stanchi della vita. Nulla di drammatico perché
è una stanchezza dovuta alla noia che dà la ripetitività del
vivere quotidiano:
le solite cose da fare, il solito tran-tram che comprende una
sequenza, limitata, di azioni e la possibilità latente ma presente,
questa sì infinita, inimmaginabile, di seccature, intoppi, noie
appunto. E fuori c'è il sole, oggi; nel senso (visto che
l'atteggiamento nella constatazione della giornata soleggiata
dovrebb'essere anche questo di tedio) che il bel tempo non aiuta a
mitigare questa non-gioia d'un nuovo (nel senso stretto di data)
giorno, anzi! perché se piovesse o tirasse vento o ... no, la neve è
un'altra cosa; beh, insomma, se il tempo atmosferico è brutto, uno
si sente compreso, quasi rassicurato da questa sintonia, empatia, fra
fuori (piove!) e dentro ("come mi sento frustrato.").
Il
sole, di riflesso obliquo, illumina la stanza, la 312.
Fortuna
che ieri notte sono andato a letto tardi, o fortuna che mi sono
svegliato un po' più tardi del solito: “fortunata la causa o la
conseguenza?" Ecco, già comincio a sragionare: sveglio
completo; doccia! In un clima caldo il poter far la doccia con
l'acqua fredda, che poi è già in sé tiepida, è un piacere in più
- o una scocciatura in meno visto che non devi controllare e
ri-controllare il miscelatore e comunque ti scotti sempre,
porcamiseria! La doccia è un piacere sibaritico (che aggettivi
'stamattina!), lavarsi è un optional.
La
colazione già pronta: oggi niente attesa che ci siam svegliati al
momento giusto, le scelte disponibili su tre tavoli: è solo
questione di pensarci un paio di secondi con e per l'opportunità di
un bis, con scelta variata. La prima colazione fatta con calma,
digerita nella calma, abbandonata altrettanto e più con calma, senza
rimpianti. (Ci siamo offerti un'altra mezza tazza di caffè puro, né
latte né zucchero, per svegliarci - o per penitenza, visto il
sapore.)
Ed
ecco la spiaggia; l'ombrellone, il mare; la sdraio. È stato tutto
così automatico e sovrappensiero (pensando ad altro sarebbe più
corretto dire) da indurci a controllare ora, che se ne prende atto,
se siamo in regola e se s'ha con sé tutto l'occorrente ..., non è
la prima volta che si esce con le ciabatte da camera o si dimentica
lo stick proteggi-labbra o il telo-da-mare
che è grandino, neh! Già abbiamo a noia il romanzo iniziato ancor
prima di por mano al libro. Ah, ecco gli occhiali da sole, quelli per
leggere che finiscono sempre in fondo alla borsa e va a finire che
prima o poi si rompono. Ciac Ombrellone
aperto. La vista-mare è un poco sulla sinistra, almeno per
un'oretta, poi sposteremo lo scomodo lettino seguendo l'ombra
dell'ombrellone.
E
m'addormento! Metà gambe che s'arrostiscono al sole, e un senso di
fastidio, d'irritazione ... e mentre stancamente sposto l'oblungo
lettino blu ecco una nota più stridula
delle altre (un'esclamazione? una risata?) dar volto al mio malumore:
la voce acuta, di testa, straziante, penetrante, insopportabile
echeggia da qualche ombrellone più in là. Perché nel contado gli
uomini squittiscono, berciano striduli,
hanno 'sta voce da gessetto strofinato sull'ardesia della lavagna?
Perché, poi, la gente grida? Lo so: chi è senza peccato ... Anch'io
parlo a voce un po' troppo alta, lo so e lo considero un mio difetto
da elidere ... Chiudiamo gli occhi e, sì,
ascoltiamo sperando che il suggerimento zen (“... vedrai che non
opponendoti il tutto passa e va”) dia i suoi frutti. E ascolto,
seccato, inorridito, perplesso; meditabondo; un pochino di nausea,
incredulità. Commiserazione? No; perché? Ognuno vive la propria
vita, e il garrulo stridente narratore non mi sembra scontento della
sua; sì, certo, un abbellimento degli
episodi meno piacevoli e un velo di rassegnazione con una buona
spolverata di fatalismo cattolico (qualche imprecazione e bestemmia
intercalata qua e là confermano la base religiosa dell'aedo).
Possibile che sia stato meramente una cozza per tutta la sua vita?
Un'esistenza da mollusco bivalve avvinghiato allo scoglio, nella
fattispecie: la propria manodopera lavorativa (in fabbrica? in una
ditta?). Una formichina rassegnatamente felice dello scorrere
quotidiano e sollevata nel raccontare la positiva
soluzione di controversie o intoppi d'una banalità disarmante,
alcune avversità o contingenze chiaramente esagerate per dar
sostanza al racconto ( e alla vita stessa così piatta, grigia,
monotona) tant'è che una panne dell'automobile teneva più spazio
narrativo degli scioperi ("di quegli anni lì") in ditta.
Il lavoro: l'unica occupazione, l'unico pensiero, l'unica ragione di
vivere, il resto sembra venire accessorio in quanto si lavora, prima
il lavoro (fisso, più fisso e sicuro possibile) e poi la casa, i
figli, e ... e basta. Certo, la televisione, ma è dato per scontato,
è cosa di tutti e di tutti i giorni; le vacanze ... come tutti,
potendo.
Sto
quasi per alzarmi ed andare a rinfrescarmi i piedi sulla battigia
quando inizia il peana dei bei tempi andati quando il formaggio e
tutto il resto di cibarie era poco (poco!) ma buono, "genuino"
(ma se già nel Medioevo c'erano frodi alimentari sul pane, olio per
non parlare del vino!). Mi salva dalla tiritera e mi blocca sul
lettino l'arrivo d'una signora che tutto il gruppo, alle mie spalle,
complimenta ed è simile ad un cambio di canale televisivo, basta con
la storia-della-mia-vita, adesso moda & cicalecci femminili.
Lo strano è che queste donne conterranee dei loro mariti ("donne
e buoi dei paesi tuoi", considerando Cuba e Thailandia
come "tuoi" nel senso di "conosciuti, noti,
familiari") hanno la voce calda, pastosa, ovviamente con qualche
trillo & strillo, ma aggraziato, femminile. Dà per leggere.
Non
riesco a concentrarmi; il cervello sta scaricando una serie seriale
(ma sì che si dice! un elenco di cose o dati dello stesso tipo) di
domande. Dall'iniziale irritazione, spande una risata come un tappo
da una bottiglia di frizzantino, sì, perché m'è stata inserita
nella memoria visiva una delle tate pagine con gli
esercizi-di-comprensione alla fine di un brano o capitolo di un
romanzo! Il tipo qui dietro sarà una cozza,
ma io pure, beh, no, facciamo un pesce ... in un acquario (Big
Nemo?). Che ho fatto in più o di diverso dal contadinotto
chiacchierone? Contadino, cioè del contado, dell'interno,
dell'entroterra, niente di offensivo; beh sì un po' di sussiego (?),
di vanità di noi rivieraschi, costieri, "marini".
Ah!
Il vantaggio assoluto della vacanza in luoghi dove non parlano la tua
lingua è di non capire di che cosa stiano discutendo, lagnando,
commentando, chiacchierando, narrando così da non creare
interferenza nel tuo fluire di pensieri e nessuna frase,
esclamazione, parolaccia (?!) ti turba: né più né meno che il
belare di capre o l'abbaiare di cani (beh, alcune lingue sono
sgradevoli foneticamente in sé).
Dunque:
le differenze; le discrepanze; la diversità principale ... è ... Ma
si possono fare paragoni? La mia e la sua vita vissuta? (Vissuta? In
che misura, io e lui, ci siamo resi conto di vivere?) Problemi da
sociologia esistenziale, antropologia urbana, psicologia
comportamentista, filosofia quotidiana. La formica e la cicala?
Nemmeno per sogno: entrambi abbiamo dato il nostro fattivo contributo
all'andazzo (yeah!) di questa società senza scialacquare, senza
approfittarcene
(troppo), senza, in fondo, dare fastidio (idest: nella legalità)
[arrivata
AQ, 9e35 del 28 genn] . Che
entrambi si sia finiti qui stesso hotel, stessa spiaggia, stessa
mensa è una realtà identica innegabile; oh, le motivazioni, certo:
qualità-prezzo ..., "stessa spiaggia, stesso mare ... per
quest'anno non cambiare" ricordando la canzone di un bel po' di
estati fa; stessa noia, ma la mia cosciente
... La noia, no, non credo proprio che il tipo sappia dell'esistenza
di questo debilitante stato d'animo; com'è che la noia, l'uggia, il
tedio del vivere quotidiano può insinuarsi nella compatta massa di
accadimenti giornalieri che lui vive o allentare la catena
(catenella, quasi uno spago) di micro preoccuazioni o sconnettere
l'attitudine a meravigliarsi, in qualche modo e direzione, di tutto.
Ecco: già oggi è più (o meno) caldo/afa/vento/tranquillo di ieri
(o dell'anno scorso, o di un tempo che fu, o ...), e al telegiornale
hanno detto/mostrato/discusso/pronosticato che …
Sapore
di sale, sapore di mare … Canticchio,
non proprio: diciamo che seguo con trasporto la canzone che s'è
inserita nel fluire di pensieri, senza emettere suono, ovviamente
(pudore, riserbo, intimità?). ...che
hai sulla pelle, che hai sulle … Mi
stiracchio sulla sdraio e mi turbo (“oddio, che è?”) nell'udire
strani scricchiolii. Sospiro di sollievo: non sono le mie giunture ma
quelle del lettino. Confortato, mi stiracchio, mi allungo irrigidendo
tre, quattro volte … Stop! Rido, sotto gli occhiali, ché si sta
stirando e ingrossando anche il coso lì, ch'è coperto appena dal
leggero tringolone dello slip. Rido: era ora! Mi siedo
acciambellando le gambe, prendo in mano il libro e mentre l'apro (il
segnalibro è un volantino pubblicitario d'un ristorante
sushi), una risata grassa, piena, femminile e sensuale (“... vicino
a me-e ...”)
mi fa girare il capo istintivamente e la intravvedo, lei, la gola e
“il petto e il crine” (e i fianchi ampi che si indovinano).
Mi
ridistendo, il libro poggiato sull'inguine.
E
mi perdo nella corrente veloce, fantasmagorica, colorata, melica di
ricordi: immagini e sensazioni. E m'addormento.
Dormo.
Pasto
(Colombia), gennaio 2015.
gv
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