lunedì 30 giugno 2014

Maria


Freeman

 Anna & Joanna

Deixa!


Giancarlo Varagnolo

Deixa!


COREOGRAFIA.

Personaggi:

         Ninfa-elfo [ abiti orientaleggianti]

         Eremita [vestito sobriamente da monaco cino-giapponese]

         Due (giovani) ballerine [che impersonano tutti gli animali] .

Scena:

Radura nel bosco (in collina: quindi qualche dislivello): arbusti più che alberi, capanna/casupola in un lato; sentiero che va (anche) verso il fondoscena (dove si suppone un ruscello). [cfr. Dipinti cinesi]

 

Nella foresta                   

        un monaco s’ appresta

a godere del giorno nuovo.

Intorno il verde delle piante

quante sfumature delle stesso colore

e quali sonorità salutano

il sole che sorge lento

dietro la barriera floreale.

 

1° movimento.   Il monaco è in meditazione (posizione del loto) al centro della scena. Cinguettii. È l’alba. [15”]

2° m.        Musica di flauto. Sullo sfondo le due ballerine, in sembianze sobrie di uccelli, saltellano. Poi il monaco si alza e fa alcune figurazioni di tai chi a destra e a sinistra; nel ritorno a un lato si trova di fronte una ballerina.        Voltando per l’altro lato è l’altra ballerina che dà segni di contentezza & di voler giocare.    Monaco in avanti, così le ballerine; il monaco gira di 180° e va nell’altra direzione. Ballerine ai lati. Gira su se stesso e poi di 180° e fa un passo in avanti (per confonderele ballerine), quindi si gira a fa due passi indietro. Mentre il monaco fa alcune figurazioni le BB si muovolno veloci verso la sua fronte, poi retrocedono e si accovacciano tendendo le mani. Il mnaco gira eavanzando inciampa sulle braccia-ali delle BB; capriola. Si alza, si riassetta le vesti mentr le BB affettano curiosità.         Mosse veloci di qaratè, musica di tamburi; le BB rispondo ai qatà, quindi inizia una sarabanda musicale e danzata mentre M si diegua verso il fondo.

3° m.        Dopo un po’: musica calma (“adagio”), balletto esteso a tutto il palco (una quasi ricerca-esplorazione), poi BB via dal lato della capanna.

4° m.               Musica melodica sensuale: entra la Ninfa >> lenta, sensuale, eterea, “assonnata”. Si muove per sé. Dopo, scopre-vede la capanna: la musica cambia, lenta ma con contrappunti (può essere: ora predomnano gli archi, ora il pianoforte). Esplora la radura; cambia la mkusica (fiati) perché l’è vunuta un idea. Piroetta, esce [stesso lato].

5° m.               Rientra M con brocca d’acqua; preparazione del tè (musica di koto, movimenti danzati).

6° m.               Si sovrappone musica occidentale, entrano due felini (volpe/onça/ghepardo): danza con molto contattocorporeo e con il suolo (gioco di cuccioli), ogni tanto importunano, rapidi, M che guardandoli ride fra il sorpreso e il divertito. Cambiodi musica (cupa), rumore, spezzarsi di un ramo: i felini si bloccano, vanno verso un lato, guardano, poi veloci escono dal sentiero centrale.

7° m.               Dal lato entra N (vestito diverso) stanca (un passo stanco e uno elevato-piroettato); va verso M (che di ¾ beve il tè) accovacciato; un velo (o lembo di gonna) lo sfiora, senza girarsi afferra una cavigli di N (credendo fosse uno dei felini): meraviglia e sorpresa (differente) di entrambi: M sorride, N finge (esagera) di inorridire. N si allontana come impaurita-offesa; musica da teatro Nô. M si alza, N si allontana. M immobile, N: due passi verso il lato, poi lenta (e leziosa) si gira e torna anche perché M s’è seduto e beve il tè [tenendo la ciotola con le due mani]. Vedendosela vicino, alza la ciotola verso N; sulle prime lei rifiuta, poi s’inginocchia e prende la tazza (ma non beve). Poiché non beve, M gliela prende, beve, versa di nuovo tè e gliela ridà (il tutto con una velocità calma: gentilezza-normalità-pacatezza). N beve e allarga un po’ la scollatura del vestito prima di chinarsi e restituire la tazza.

8° m.                Musica barocca: entrano due morbidi coniglietti-lepri [nei costumi qualcosa del ‘700: sono gli Innamorati della Commedia], minuetto (o simile) amoroso, M fermo, N in movimenti busto-testa da bambolotto stupito. I coniglietti (asessuati: né maschi né femmine,  interscambiabili) si prendono gioco di N (sberleffi, risatine, ...) e poi provano con M che esce dal suo torpore e pulize la tazza e il resto [teira, fornello a carbonella, pentolino]. I conigli fanno altre moine-balletto, poi si indirizzano verso N, che li ha osservati, la quale si alza con una doppia elevazione e salto facendo scappare le BB lanciando una parte dell’abito su di loro che escono portandolo con sé.

9° m.                Danza del ventre. Sempre più provocante e lasciva. M si addormenta e quindi dal fondo due scimmie (“nude,” con coda e orecchie) la imitano (con effetti buffi per alleviare il clima erotico).

10° m.      Arrivano fino al proscenio; N s’avvede di loro, si ferma, dà segni di irritazione e se ne va.

11° m.      Le due scimmie continuano la pantomima-danza del ventre che diventa quasi scurrile con musica dixieland, araba veloce-moderna, salsa e simili mixata. Finale con caduta sopra M, rotolio, “miskchia” dei tre con musica da circo equestre; le scimmie tentano di scappare una a destra l’altra a sinistra, ma M le trattiene per la coda, al che saltano-zampettano sul posto; colpo di grancassa: capitombolo delle scimmie (elegante, acrobatico) e uscita dal fondo.

12° m.      M si rimette seduto (loto) senza alcun commento gestuale; musica classica descrittiva: pioggia, brezza-di-mezza-estate; tramonto, sera.

13° m.      Rientra N discinta, veloce e titubante e infreddolita (falsamente) [il vestito copre tutto il corpo, anche le braccia e parte del volto, ma è bucato-tagliato e volatile]; danza e quindi si ranicchia, dopo un attimodi esitazione, contro M. Musica di xilofono, melodiosa ma picchiettante. Modesto tentativo di M di allontanarla da sé. Con il suo scialle-cappa copre N, ma lei vuole condividere; si fa sempre più buio.

14° m.      Rumori della foresta nella notte, ecco le lucciole che fanno danzare le loro luci, musica ampia-sognante, poi più ritmata ed infine minimalista. (M all’inizio del balletto entra nella capanna lasciando N sotto la scialle.) Escono-svaniscono.

15° m.      Silenzio; voci-suoni dell’alba. N si sveglia e sembra non ricordarsi dov’è (musica di taiko e roboante wagneriana), danza irosa utilizzando la cappa come ala, sudario, punch-ball e “immagine” del monaco.

16° m.      M esce dalla capanna con una brocca in mano, N le dà le spalle fingendo di non vederlo; musica da girotondo infantile: N gira di latoe M dietro (come nel “trenino”, ma in parallelo, movimento laterale dei piedi); quando lei inverte la marcia, lui va verso il fondo.

17° m.     Intanto sono arrvati due uccellini che prendono il posto di M a fianco di N. Ritmo di tango quando N s’accorge di loro che incolontariamente (?!) le impediscono di seguire M. Dopo alcune figurazioni (N con uno e l’altro, e i due uccellini fra loro), N si accascia-siede al fornello. Valzer degli uccellini.

18° m.      Ritorno di M. Danza circolare dei quattro (greca o giudaica o ..., prima lenta poi veloce); nel vortice finale volano via gli uccellini.

19° m.       E diventa danza sufi dei due. Stacco; silenzio. Posizione del loto; melodia di suchiaci e rintocchi di gong-campana; ciotole sonore.

20° m.      Entrano le shaqi [o simili, vestite con semplici tuniche, un Ididora Duncan, un po’ indù] su musica molto tenue, danza bali ovvero movimento delle mani, dita; braccia, testa. Dopo un po’, M si alza e viene sollevato fuori [lato capanna] dalle due BB.

21° m.      Stacco; rumori della natura: mare, pioggia, vento, cascate, .... Luce su luce, ossia spot di maggiore intensità su N per qualche secondo e quindi riduzione e luminosità irreale. N si alza con musica minimalista, quindi è danza irlandese (solo gambe-piedi!).

22° m.     Entrano i fiori [ovvero alcuni fiori sulla calzamagla color carne per dare una lettura floreale delle due BB] che danzano assieme a N che perde pezzi del vestito (come fossero foglie o petali, fino a restare nuda cioè in calzamaglia]. Silenzio dopo l’ultimo zapateado tonante. Inizio lento, sotto tono, danza del ventre, poi bali, poi classica con i due fiori che sollevano più volte N; luce che va e viene lentamente. Musica tenue ma pulsante, danza contemporanea con i tre corpi sempre in contatto e movimento (schiena contro schiena, piroette, rotolamenti, acrobazie, ...) fino a far ritornare N nel punto dove dormiva, viene depositata e coperta con la cappa di M. Tininnio di campanelli mossi dal vento. Uscita dei fiori verso il fondo. Colpo secco di gong: buio.

 

{Nota: Pensando a epidermidi ambrate, rosa, nere, cioccolato e bianche, quindi a “involucri” aderenti in tonalità; ritengo anti-estetico il nudo cheper quanto possa essere “statuario”, cioè liscio e tonico, rivela poi nel movimento testure sgraziate.}

São Paulo, (6 aprile) 7 maggio 2011.

Giancarlo  Varagnolo

venerdì 27 giugno 2014

Nella Valle dei 7 .


Nella Valle dei 7 .


Interludio.

[...] comparisse el morto [...]

E po’, lievando i pugni in alto, a sighe:

“De l’ira mi me purgo in Purgatorio,

vualtri sé i altri vissi capitài.

Sia salvo el fantolin, che xé inosènte;

sia salvo el can, che xé la fedeltà.”

Domenico Perini, La vale dei sete morti.

Personaggi:


i 2 naviganti:

                        Floria

                   Clerico  Vagante .


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Musici:

 

 

 

 

La scena:

nella nebbia della Valle.   <


> Un soppalco per i musici dal quale cade un telo bianco nello sfondo, alcuni cubi, parallelepipedi e scale (nascoste come tali, il tutto per creare più livelli verticali).

# # #

Scena vuota, i musici in un lato del soppolco: musica che riecheggia i segnali nella nebbia. Poi, le 7 Tentazioni [nascoste dal telo, recitativo a canone]: Racconto, fola, leggenda / vizi, paure, peccati / narriamo a noi stessi dimessi e attenti; / la realtà fluttua nell’ immaginazione / come sandalo sulla laguna / e nebbie fantasiose l’avvolgono. / La pietra di “chi-è-senza-peccato” / non è stata lanciata mai / nell’acqua, nel campo / e in cielo gabbiani c’irridono / con motteggi striduli: /peccatori, peccatori, peccatori!

IRA [entrando]: Nessun me puole a mi! Ve la farò vèdare! Ve la farò pagare!

SUPERBIA [entr.]: Lassa che i parla! Lassa che i diga! Mi su mi, e i altri? Pesse da pie! Gnache da vardarli. Vardeme mi, pitosto!

AVARIZIA [en.]: No vogio avere a che fare con nissun! Sempre che i domande, sempre che i vuole! Quelo che xé mio xé mio, ansi che ne vogio de pi’!

GOLA [ent.]: Sì, de pi’! Ansi: voggio tuto! Tutto per mi: magnarlo, bevarlo, smanacciarlo. Fin che ghe n’è, fràgia! [ruttino]

LUSSURIA [en.]: Basta che sia da fare ben! A mi za me bógie ancora prima de mètare la pignata al fuogo. Su tuto un bogiaìso. Uhm, che calori! Uhm, che vògie!

INVIDIA [entr.]: Tuto a lore, tuto a lore, maldìe! Le xé piene de robe, le xé sgionfe de ele e ghe va sempre ben tuto! E a mi no le me lasse gnente, rampìne!

ACCIDIA [en.] : Cossa càmbie? Fare o no fare; darghe razon o no darghe torto ... El Mondo camìne da solo; e mi stago mègio quieta sentà.

LUS: ‘speta, fiàpa de dóna! Démose la man! Vai!

TUTTE [saltarello e canto]: Dansa dansa balla vai | la Vita siamo tutte noi |non credere di sfuggire, sai, | le 7 tentazioni tu non puoi! || Vedi vedi quel che fai | sì ci pensi un poco poi | ma già fatti sono i guai, | chiedi perdono se lo vuoi.

ACC: No ho pi’ fià!

GOL: A chi ghe distu!

INV: Se no la se mete in mostra no la xé contenta.

SUP: La fa quel che la puole, sempre un zòtolo la reste; e pescae da anguelanti!

LUS: Cossa voravistu dire? la mia segnora grandonassa!

AVA: Chi che la ga, l’adopera; ma la mia no ghe la dago a niessun!

IRA: È percossa? De cossa astu paura? Sangue-de-diana ... mi .. [gesto truce] !

LUS [risata sguaiata]: Ahah, non la cope el peócio per non butar via la péle!

GOL: Ma xei discorsi da fare? Che stomegose!

SUP: Gatolere, calerasse; minuàgia.

INV: E ti, chi credaravistu de éssare: la contessa de Antiochia?

GOL: Ma no ve stufé mai de radegare? Avé sempre de becarve!

AVA: E ti, alora, che ti smagnassi sempre, te stùfistu?

ACC: Za che ho puoca vogia de fare, vualtre me ne fe venire ancora manco. Me diole za la testa.

SUP: Se’ poprio dele lenguasse petasse!

IRA: Quando che le sa da dire, le se dise! Mi no me tegno niente dentro. Mi no ho paura de nissun, varaciò!

LUS: Avemo visto che bel risultato che ti ha otenùo: la Vale dei 7 Morti!

AVA: Che se non gera per ti, no saressimo tutte qua.

INV: Vara chi che parle! Se no ti ne portevi ancora a pescare in laguna ...

GOL: Ma non avèmuno ciapà gnente, no ve ricordè? E ghe gera fame.

IRA: Podevi fare de manco a tirarme a çimento!

ACC: Ma chi ta fato gnente? Mi pô ...[gesto di rassegnazione]

SUP: Ma çerto! A lassarghe fare tuto ai altri, xé bravi tuti; però dopo, se la va male, no stemo a lagnarse e tirare el culo indrìo; la colpa xé anche toa!

ACC: Ah, benon, ciò!

LUS: No ghe dago torto: cadaun de nu ga el so petin de ... difeto, de pecao.

AVA: Petin? Xé sta per colpa soa che i xé morti tuti! Petin!? Sie morti t’un colpo solo!

IRA: Podevi lasarme dove che gera, e no torme per el culo!

GOL: Varame mi: volemunu schersare col putto de batelo, no co ti.

INV: Mi t’avarave lassà in acqua se no fusse stao che vèdare un morto te fa sentire un puoco pì vivo.

SUP: Ma finìmola! Ancora co ’sti ràdeghi? Se’ propio dei ongìni! Quelo che xé sta fato, xé sta fato: cossa credé de fare rimisiando sempre tuto? Ma molèghela!

ACC: Che furba! Ti ha fato tuto ti; ghe mancarave altro che ti te lagnassi.

LUS: Eh sì. Però vuialtri ‘nde sempre drio! Come sarave che ti no’ ti ha fato gnente? Ti ha pescà, ti ha tirao su el morto, ti ha magnà, e ti da pissao adosso dai ridi.

ACC: Ma me l’ha dito lori!

AVA: E ti: no ti podevi dirghe de no? Non ti podevi almanco no ridarte?!

IRA: Vedeu che l’orùgine no’ su mi?!

INV: Per mi xé ancora da védare ...

GOL: A mi me pare che sia, savé, come quelo che a magne per bèvare e a beve perché l’ha magnà, e vai! fin che fa note.

SUP: No semo minga tuti precisi, me pare a mi.

LUS: Ghe mancarave altro!

INV: Ghe xé sempre i soi che sùpere, che ha el culo nel scagno.

AVA: A ogniuno el soo; e che a selo tegna!

IRA: Ecco! Qua te vogio: fazemo un puoco de conti.

AVA: Cossa vuoravistu dire?

ACC: Basta che me lasse fuora ...

INV: Adesso s-ciarimo una volta per tute de chi che xé sta la colpa. [ognuna indica una o più compagne: “Ela! Ela!”]

IRA: Site e sentève! Andemo per ordine.[siedono sui vari supporti]

SUP: Mi no me fasso dare ordini da nissun!

LUS: E alora stai in pie, cagona!

GOL: Me sa che su mi l’orùgine de tuto.

INV: E per cossa? Nuialtre no gavemo da entrare!?

ACC: Se no’ incontrevimu el cadàvaro in acqua ...

LUS: Se no’ gavessimo schersao co elo ...

AVA: Se no’ fùssimo andà a pescare ...

SUP: Propio in chel dì là...

IRA: De i Morti ...

INV: Però tute le altre barche aveva ciapà pesse!

AVA: E nualtri sempre co la rede vuoda!

GOL: Magnare bisogna, zente, tuti i zorni!

LUS: E vivare anche!

ACC: Mi su co voialtri, cossa ògiunu da fare?!

SUP: E alora: in malora le feste comandae! Mi fasso quelo che me va ben a mi!

IRA [risata di scherno]: Ahah! E mi podeva morire [a parte] o farme massare, in un altro zorno. [musica prima cantata poi ballata – rotta girotondo] Ah, la vita, vedé?,| xé un ziogo, savé?,| la xé un girotondo,| che ti vaghi de qua,| che ti vaghi de là,| ti giri sempre in tondo.[sale sul “sedile” dov’era seduta]

LUS: E sarà che sarà, quel che vegnirà, ma a mi me piaze mondo, incontrar quello là, ancora e sempre voluttà, andando fin in fondo. [sale sul sedile]

INV: Vedo mi che no va, chi che ha e chi no’ ha, chi puoco e chi mondo, no’ ghe xé parità, a xé sempre un brodo ben longo. [si alza sul sedile]

SUP: Ma senti ‘sta qua! Ghe vuole volontà; che sia tuto rotondo come a mi me va | ben sensa essere tremebondo. [sale sul sedile]

AVA: Oh che gran novità che la xé questa qua, oh che pensiero profondo! Ma quel che go za, me lo tegno, me lo scondo. [s’alza in piedi sul sedile]

GOL: Ho bevuo e ho magnà; el sole xé calà, el çielo fa da sfondo con la luna impissà un quarto, un mezo, un rotondo. [in piedi sul sedile]

ACC: Tuto vien, tuto va: xela ‘po una novità? El destino xé vagabondo; sparagnemo el fià, de tuto mi me sfondro.[dritta in piedi sul sedile; un ritornello di sola musica, poi ripetono scendendo una alla volta: IRA girando su se stessa, LUS giravolta e poi prende per mano IRA, e così di seguito, girotondo finale con sola musica]

VOCI [fuori scena:alterco & imprecazioni inintellegibili]

IRA: Cossa xé ...! [il cerchio si apre in una linea, un po’ arretrata; si guardano, mormorando qualcosa di incomprensibile guardandosi interrogative; il battibecco fuori scena continua; all’apparire della prua del sandalo, le 7 si nascondono, senza fretta, secondo il carattere d‘ognuna, dietro il telo bianco]

CLERICO VAGANTE [mimando il cozzo contro il bordo della barena]: Tazi che da qualche parte semo ‘rivai. Dove, no se sa, però ... [scende e calca il terreno] Tera ...

FLORIA [sarcastica]: Magari fùsimo in Istria!

CLE: Co tuto chel vuogare ... Ma me zestu drio a tiorme in giro, ciò!? Xé colpa toa se semo qua ... chissà dove. Petassa!

FLO: O ti ghe la moli, o te spoco ‘sto remo in testa! Brontolon.

CLE: Almanco dizi che ti ha torto, che ti te l’ha ciavà!

FLO: In barca gerimu in do, sior pampalùgo!

CLE: Sì, brava. Ma no ti xé sta ti a dire:[le fa il verso] “So mi come andare, te porto mi, drito drito!” Ho visto! Smorfinosa.[vedendola alzare il remo, s’allontana] Ti avaravi anca el coragio de ... Valà done!

FLO: Valà omeni! Difèndite [scende dalla barca brandendo il batócio (spatola di legno)] se ti xé un omo!

CLE [retrocedendo]: Ma ti xé ti che ti xé una dona! E mi a le done [dopo due schivate, si prende una bastonata sul braccio destro]. Ahi, ciò, che ti me fa male! Muféta!

FLO: Vogio vedare mi, el mio signor conte da le braghe onte. Al cimento!

CLE [sfilando un rifinito bastone dal fianco mentre inizia a battere un tamburo e poi musica “buffonen” danzata]: E ciapa qua; e ciapa su; e ciapa zo!

FLO: Pandolo, pandolo; pandolo! [danza con grugniti, sbuffi etc. a soggetto]

LUS [sbircia con le altre, poi]: Ma varda che la lùgia! Mi lo vago a difendare chel fantolin! [esce anche lei con una bacchetta di legno] Su qua mi, zòvane, animo!

FLO: Ma da dove saltistu fuora ti?

INV[intromettendosi, con asta in mano, a FLO]: Ghe ne dago quatro mi a chela petassa! [la musica e il ballo continuano, fino ad essere, i 4, esausti; anche le altre sono uscite in scena (un’aggiunta: ballano anche le altre fra loro, meno ACC)]

CLE: Dopo tute che le remae, mancheva solo questo! Su sfinio. Su a tòchi!

FLO [ansante]: Che omo de meza piera! Omo ...? Ahahaha!

LUS: Percossa? No a xé ...? Da la voçe non a me pararave castrao. Però ... Chela viola ...?[a tracolla di CLE]

FLO: A se la sone, e a se la cante.

INV: Ma seu omo, o no!

CLE: Ohò, calma! Su omo, sì. Però, adesso, su, straco. Tre ...[guardando le donnescosolatamente voglioso] uhm ...

FLO: E 4 che fa 7 e una sentà là che fa 8!

CLE [scorgendole adesso]: O san Cristoforo! E dove semo capitai? Floria!?

LUS: In bone man! Fìdate.

AVA: Mi me fidarave anche puoco; de tuti e do. Ansi: de tuti e tre!

FLO: No te preocupare che no staremo mondo qua! Clugia, zela môndo distante da qua? Eh?! Ciosa, la conossé cossì? E Pelestrina, come la ciamareste vu?

CLE: Serra che la boca e tasi! Alora, signore, il nome di queste terre è ...?

SUP: Ahahah, ti xé fortunà che xé calígo, senó ti vedaravi ... ahahah Terre ...

FLO: Se no gera caligo, no saresimu venui a ocon fin qua!

IRA: E da dove veniu? E dove andè? E a fare cossa? Eh?

CLE: Xela ela che la comande qua? Si ben.

GOL: Qua no comande nissun.

LUS: Qua no ghe xé mai nissun.

ACC: Qua stemo môndo quieti.

INV: Qua (...)

FLO: Oh, che m’avè ‘po anca stufao: qua, qua, qua, qua! Anare e marzorìni e fuòleghe! Se puole savere dove che che corpo-de-diana semo?

ACC: Ne la Vale ...

AVA: dei 7 ...

IRA: morti.

SUP: Morti.

LUS: Propio: morti.

INV: 7!

FLO: Ho capio! No su minga tùmbana mi.

CLE: Gnaca mi no su tùmbano, ma vorave capire, cioè savère ...

FLO: Semo ne la Vale dei 7 morti: hastu capìô? Bravo. Ah, no!? Se vede che ti vien proprio da Ica! Valà foresti: bià spiegarghe tuto!

CLE: Za el calìgo me fa girare i oci atorno, e me parlè de vale e de morti! Andemo benon! De viola.

LUS: Sì, sònala la to viola, dai! [anche le altre, + o -, lo sollecitano]

FLO [da banditore]: Prima ci si offra un qualcossa de bon da berre, e dipoi bevuto, si darà inisssio a lo sspettacolo! Vero, maestro?!

CLE [sfilando la viola, che porta a tracolla, con difficoltà]: Ti m’ha roto el braso e no me sento pì do dei, sa, gata rampina!

FLO: Dame qua, fifolèro! Basta che no ti rompi i cisìdeti se me inverigolo co le note; eh? Òhu, porté bosse, fie mie! [vengono portati due enormi e insoliti boccali, un sorso e poi inizia la canzone – CLE canto (?), FLO controcanto, partecipano anche i musici; le 7 sparse]

LUS: Belissima! Bele, bela! Ahh.

INV: Ghe n’ho sentìe de megio.

ACC: Qua no, penso propio de no.

GOL: Mi vuolarave sentirghene un’antra.

SUP: Sì, sì; pole anca essar; a mi no i me pare un graché ...

AVA: Se i ga vogia ... Basta che no’ i beva massa.

IRA: E alora ste’ site e zò vualtri do, andemo co’ n’altra!

FLO: E se mi no volesse? A mi no’ me piaze (...)

CLE: Floria? Tazi, e sóna, dai.

FLO: Mi ho fame e su straca!

GOL: Anca mi ho un çerto languorin. Vago a tiorte qualcossa, fia mia.

AVA: Sensa esagerare!

IRA: Andemo avanti, òstrega!

SUP: Ma invesse de farli cantare e sonare, no’ podaressimo ...

LUS: Eh, digo anca mi, no’ podaressimo ...[gesto ambiguo].

SUP: Cossa hastu capìo? Pensevo de farli lori come giudici!

ACC: De cossa?

INV: De chi che xé pi’ megio de nualtre, oh!?

AVA: O de chi che xé pezo!

LUS: Ma de cossa, de cossa?!

IRA: De che la storia, vero? De la nostra storia!

SUP: Ti ha indovinao! Domandemo a lori do  de chi che xé sta la colpa (...)

ACC: Ma che colpa, che colpa! No’ ghe xé colpa!

AVA: O se la ghe dovesse essare, la xé de tuti!

INV: Anca de chel storno de fio!

IRA: Lassa stare el fantolin che a xé inosènte!

LUS: Inosènte!? Ma zestu orba? Ma no ti ha mai ‘buo a che fare coi fioi picoli?! Se per ti inosènti xé quei che no ga capire ... Ma però i ghe ne combine de cote e de crue e de pezo, alora ... [espressioe sdegnosa d’assenso].

GOL: No te dago torto! Anca el can (...)

SUP: El can!? Anca elo?

IRA: E no! El can propio cossa ghe c’entrelo? Cossa galo fato?

INV: Elo? Niente. Ma ti xé sta ti a dire [voce truce]: “Salvo el can, che xé la fedeltà!”.

GOL: Fedeltà al paron che ghe impenisse el piatto! [ride]

IRA: Ma sentile! Ve coparia un’artra volta!

ACC: Ti ha purgà ben puoco la to iracondia, fia mia!

INV: Sempre così ti ha da essare?! Ti xé un barufante nato.

AVA: Ti te la ciapi poprio co gnente! Che fastidioso.

SUP: Moleghela!

FLO: Eh, me pare anche a mi che sarave meggio; nu no volemo entrare in te le vostre rogne!

CLE[quasi a parte] Done, e co se dize done ... Otto le xé qua!

INV: Ognuna ga le soe, se xé per questo!

SUP: Scolteme, tutti! O ‘stavolta ve petuffio tutti mi; fantolin e can compresi.

GOL: E dove zelo el can?

LUS: Un fantolin me lo vedo qua , belo, davanti a mi.

FLO: Cossa vuoravistu dire: che mi su el can?! Te dago una batocià sul suco che te ...

CLE: Me sa che xé megio che andevo via. Oh?

IRA: No! Adesso che ghe se’, restè.

FLO: Vorave propio vedare chi che me ferme!

SUP: Nissun ve ferme. Però un artro puocheto podè stare, justo el tempo per dirne da dove che , secondo vualtri do, xé incominçià el fato, chi xé al’origine.

CLE: Ciccioli! Ti vuoli savere la Causa Primis così, su do pie! Ma se i filosofi xé da secula seculorum che i se baruffe ognuno disendo la soa.

IRA: Dio xé la causa de tuto!

SUP: Semo proprio sicuri? E el Male, da dove vielo?

GOL: Basta savere da dove che vien el Ben, o no?

CLO: Ma gnaca là i xé d’accordo! Perché? Perché cadaun se ga fato un dio tuto per elo! E ghe xé el to dio, e quelo soo, e quelo dei arabi, e quelo dei cinesi e quelo dei selvagi, e quelo dei barbari, e quelo ... Un monte, ve digo!

FLO: Podemo andare adesso?

LUS: Ma no, restè qua un altro puocheto, justo el tempo per ... Oh!?

INV: La saria una cossa pi’ façile, che riguarda solo nuanltre sette.

AVA: Sicome nissuna vuole essare l’orùgine de quelo che ne xé capità, voressimo avere un ... un come la vedè vualtri.

GOL: Se’ anca in do: un omo e una dona, e se’ foresti.

SUP: Cossì se spere che quelo che pensè a sia bastante (...)

CLE: Salomonico.

ACC: Cossa sarave?

FLO: Se no a dize la soa, ‘sto spoto, no a xé contento. Spieghighe, zo!

CLE: Salomone a gera un re mondo bravo a dare giudizi giusti che sodisfeva chi che ghe domandava el so parere.

LUS: Quante robe che sa ‘sto omo!

FLO: Ma ti savessi cossa che a rompe co tute ‘ste robe che a sa e a dise!

IRA: Va ben; gavé capio come che xé la storia?

CLE: Sì.

FLO: No!

CLE[a FLO]: Te lo spiego mi.

FLO: No, me lo spieghe lore! Perché me sa gnanca ti no ti ha capio ben, oh!

LUS[con tono mellifluo e vicinissima a CLE]: No ti ha capìo? Ma te lo spiego mi, benedeto omo! Da dove se cominça a contare se semo in çercio e non in riga?

CLE: Come i cavalieri de la Tavola Rotonda: tuti uguali, tuti precisi!

LUS: Bravo! I cavalieri rotondi ... Ecco, fie, femo come che ga dito ‘sto baldo zovane: tute in çercio, femo una roda cossì tutti se capisse megio.

FLO[canticchia mentre le 7 fanno cerchio e un mezzo giro]: Giro, giro tondo, casca el mondo, casca la tera, tuti zo ...

SUP: Cominçiemo da la fine: l’Ira [ad ogni chiamata, il personaggio va al centro del cerchio e volteggia su se stesso] n’ha copà tuti perché la Lussuria voleva scherzare, la Gola no’ penseva che a magnare e godersela; l’Avarissia su col pesse la tirà in barca anca el Morto, cioè l’Ira, e l’Invidia n’aveva fato andare a pescare per gelosia dei altri pescaori pi’ fortunai, e a l’Acidia qua che andava ben tuto, e ‘po, ‘po ghe su mi, la Superbia, che ga dito: “Ma cossa me ne interesse dei altri e de le costumanze, mi, mi fasso quelo che voggio!”.

LUS: Donca? Se cominçie da dove?

INV: Chi xé el primo pecao?

GOL: La prima tentaçion?

FLO: Ma che diferensa fa, fie?! [TUTTE 7 esclamano che fa, che fa]

CLE: Eh, no vedo, appunto, che ... Cioè, insomma, sarà anche sta el gato a fa spondare la técia, ma (...)

IRA: Ma cossa c’entre el gato, che no ghe ne gera gna’ un!

ACC: Un can, sì, un can ghe gera, però.

CLE: A gera un esempi che me xé venuo in mente, un racconto de quei antichi, ‘na specie de parabola, save!?

AVA: E spieghite megio alora!

CLE: Alora ... Xé façile darela colpa a l’ultimo perché a sere el tuto; nel caso del gato: l’ha fato cascare la tecia e s’ha perso el magnare; nel vostro caso: se morti tuti.

LUS: Una bela Ira rabiosa però, se prima a se fa copare e dopo a se la ciape per una schersetto da gnente.

IRA: Podevi lassarmi dove che gero, o lassare in paze el fantolin!

INV: Senti, ciò! Varda che el to caro fantolin no a sa gnanca sferdio de ti, no a sa gnanca incorto che ti geri un morto!

SUP: Propio un inosènte! O no’, pitosto, un stornoto!

IRA: No’ stame a tirare a çimento, sa!

ACC: Eco che le tache de novo.

FLO: Eh, bone, che dovemo andar via nualtri.

LUS: Hi, fra poco ti fa, ti e to moroso, a farte (...)

FLO: No’ a xé mio moroso!

CLE: Come sarave a dire che no’ su to ...

FLO: Sì, a xé mio amigo, sì ...

CLE: Ah! Amigo ... Solo ... amigo. Va ben.

LUS: Se no te vuole ela, bel putto, ghe su qua mi!

FLO: Ti, fatte i afari toi, e lassa stare i omeni de ... de sesto!

INV: Se questa no’ la xé invidia e gelozia ...

CLE: Su un omo de stesto? Ah, sì, su un omo de sesto, eh ciò!

IRA: Insoma, cossa dizeu? [i 2 restano zitti interdetti] Cossa? Parlè pi’ forte che no ve sento. E uno a la volta, che senò no ve capisso. Dizi prima ti, che ti xé dona.

FLO: Mi digo quelo che penso. Posso? Donque: per mi gavè tuti la vostra parte de colpa, che mugià, cioè messa insieme co le altre, le dà ‘sto ... ‘sto risultato, ‘sta storia qua. Però ... [le 7 + CLE: “Però...?”] Però el Morto che ha fato morire anca ‘staltri, per un schersetto, per una ridà, mah, a mi me pare un puoco massa.

AVA: Ciapa su, se la colpa no’ xé soa. [vociare delle altre 5]

CLE: Calma! Bone, done. Xé come che dizevo prima: la colpa xé del ... gato! La xé una rioda, come che ga dito giustamente monna ...

LUS: Vedistu che s’intendemo!

FLO: Vai co la rioda, e ‘ndemo via.

CLE: Xé tuto un giro, e se manche , come posso dire? ecco: se manche una s-ciona a la caena, questa non la xé pi’ la stessa caena de prima. Me sùgiu spiegà?!

TUTTE 7: [borbottii, commenti, digneghi gesticolando]

FLO: Ciò, andemo via nualtri.

IRA: ‘spetè!

CLE: Adesso a ne cope anca nualtri.

IRA: ‘spetè; anca perché xé megio se andè via quando che se s-ciarise un altro puoco: no’ xé minga el primo che se perde in paluo e che muore.

FLO: Se lo dizé vu che ... che se’ morto qua ...

IRA: No, i m’ha copà a Ciosa, dopo i m’ha butà in aqua.

CLE: Ah, no ti xé morto niegao? Mi credeva che ti fussi cascà in mare perché ti geri imbriago!

FLO: E percossa t’hai copà?

CLE: Ma sastu chi che xé stai?

IRA: Sì, sì che lo so. Su mi che ... che quando me imbestialisso ...

ACC: Contine!

GOL: Xé vero: no ti n’ha mai contà come mai ti ze finìo morto in laguna.

IRA: La xé una storia longa ...

FLO: A rioda anca questa scometo!

IRA: No savaria dire; ma pol darsi.

TUTTE 6: Sì, contala, contala!

IRA: Un’artra volta, un’artra volta, done. Promesso!

FLO: Pecao! A mi me piaze le storie de aventura, de due’i, de ... sangue!

CLE: Valà, done! Però ...

LUS: Però podè venire un’artra volta, eh!

CLE: Eh, m’havè cavà la parola de boca!

FLO: I mi te cavo qualcos’altro se ti continui a farghe i oci de pesse straco!

INV [canticchia]: Gelosia, che el diavolo te porti via ...

SUP: Ben, zo, se dovè andare, andè.

GOL: Almanco un’altra caçon!

LUS: Una a ballo! Che se muovemo un puoco.

ACC: Va ben, femo anca questa: balemo.

FLO: L’ultima, eh. [a CLE] Ti, ti sta qua co mi; e canta, magari co i oci serai.

CLE: Valà done ...

[canzone a ballo (gagliarda); sipario]

 

São Paulo / Sottomarina, primavera 2014.

Giancarlo  Varagnolo

 

 

Nota: V’è un buon novero di canti medioevali o, meglio, rinascimentali per cui è meglio rifarsi a codesti in quanto il testo è a sé nell’economia dell’azione scenica, mentre ho scritto le parole dei canti attinenti all’azione.