mercoledì 19 luglio 2017

Spirto Gentil.

Giancarlo Varagnolo
Spirto gentil
Atto unico
« Spettro: …, condannato per un certo tempo a vagare di notte e a digiunar tra le fiamme di giorno, fino a che le tristi colpe da me commesse in vita non siano arse e purgate. .. Oh, ascolta! »
Amleto, A. I, s. 5.
Narratore, (tamburino),
Pia,
Francesca,
Desdemona,
Giulietta,
Cortigiana,
Monaca [Munega Matta],
2 comari: Vanna e Rosina.
- La scena si svolge da mezzanotte all'alba in uno spiazzo erboso.
Narratore: (canzone) Di gioie e affanni
delizie e malanni
verità ed inganni
cosparsi gli anni
son di nostra vita.
Pene e languori
di passati e nuovi amori
riempion di lucori
e foschi furori
i dì di nostra vita.
E seppur duole
l'affanno che suole
oscurarci il sole
lasciar non si vuole
questa nostra vita.
Oh, nessun trattiene
la morte quando viene!
L'assassinio previene
il disseccarsi delle vene,
di natural dipartita
da nostra vita. (tamburo o altro suono)
[scena 1] Approssimatevi, venite, guardate, udite, ascoltate: quel che vedrete è occasione ben rara di intender come vita e morte strettamente son legate all'amore, alla gelosia, alla sorte che l'amore punisce col delitto – un cuore trafitto, un collo spezzato – e nel ludibrio della vittima e l'indulgenza per il carnefice. Vicende umane, fatti che l'umana natura rinnova e ripete ad ogni stagione. Amore e sangue, passione e delitto, estasi e follia, languore e gelosia. E queste creature son donne, vittime di morte prematura per la furia sanguinaria dell'uomo. Avremo qui Desdemona innocente che dal geloso Otello, il Moro, fu strozzata, e Pia de' Tolomei soppressa cosi' segretamente dal marito che nulla si seppe e chiede ricorditi di me che son la Pia; e poi Giulietta che si procurò la morte trafiggendosi con il pugnale del suo amato Romeo vedendolo morto, per diatribe e faide di famiglia, e poi, poi, anche se il sommo poeta Dante pone questi amanti nell'Inferno, come non giustificare la Francesca dell' amor che a nullo amato amar perdona ? Vedano, ascoltino che mai assilla gli animi, gli spiriti gentili di queste donne. Uno spiazzo erboso, forse un vecchio cimitero o l'aia d'un'abbazia, scocca la mezzanotte.
(ad ogni 3 rintocchi appare una donna nell'ordine detto dal Narr, si pongono in riga salutandosi che brevi cenni del capo, poi un attimo di meditazione-preghiera muovendosi in tondo, quindi, sempre camminando lente)
Francesca : (sospiro) Sarà eterno questo nostro andare quali colombe dal desio chiamate ?
Desdemona : E il mio? Non so darmi pace, e così mi struggo nel ricordo non della pena ma del torto subìto perché ancora io, ecco, io ancora odo le dure accuse e le turpi invettive dello sposo mio Otello. (afflitta)
Pia.: Tutto fu già in vita, pero' almeno, ecco, vorrei che si sapesse di me: di me che son la Pia. (movimenti laterali)
Giulietta : (rivolta alle singole 3) Io, io, io non lo potrò mai, mai, mai perdonare a me, a me stessa la mia stoltezza che portò alla morte il mio Romeo! Il veleno, lo vedo, è stata la precoce conclusione ai suoi giorni.
Narr : Spiriti, anime in pena ché non possono, o non vogliono?, dimenticar la vita terrena e l'amor che le nutrì. (è già entrata Cortigiana dal lato “opposto”)
Cortigiana : E l'amor che le nutrì : ben detto! L'amor che nutre: guarda me, lo so ben io com'esso soddisfa e sazia.
Narr : Tu!? Che fai tu qui? Tu, che giudicata già fosti e sei dannata! (fermatesi, fanno gruppo dall'altro lato)
Cort : Dannato sarà chi codardo alle spalle mi colpì e negli effetti mi tradì!
Le 4 : Ohh! (guardano curiose Cort)
Narr : Non le turbare nel narrare la fosca tua vita, taci.
Cort : Ma se tu stesso hai detto che non posson dimenticare … Va bene, va bene: lasciamole parlare. Allora sentiamo, o anime affannate, venite a noi parlar, s'altri non niega! (le 4 interdette si scambiano sguardi) Non siate timide pudìche, spirti gentili sì, ma il candore e l'innocenza non vi s'addicono più! (le 4 s'interrogano con gli occhi movendosi a disagio)
Narr : Lo vedi, non vedi che non è questo il posto tuo!? Va' e (…)
Le 4 : (a se stesse poi a Cort) Chi è? Chi sei? Come sei giunta qui? Cosa t'accadde? Chi ti uccise? (si pongono a semicerchio di lato a Cort – P D F G)
Cort : Son una delle tante che dicon perdute , e il mio nome ch'importa ora che il mio corpo non ho. (s'abbraccia lieve) Il mio corpo …
Narr : Senz'anima!
Cort : (risata sguaiata e poi beffarda) Oh, e questo che vedi che è? Non è forse anima? Non è spirito? Non è etereo, inafferrabile?
Pia : Hai sofferto? (avvicinandosi a Cort)
Fran : Hai amato? Amor condusse Voi ad una morte? “ “
Des : Sei stata tradita? Uccisa ingiustamente? “ “
Giu : Hai errato per impulsività cieca di passione? “ “
Cort : Tutto e ancor di più ché vile e l'uomo, e la vita un limaccioso cammino.
Giu : L'odio e le incontinenze di altri che ricadono su di noi, l'iraconda bile che altri spandono ci ammorba. Per un antico rancore due stirpi ostili resero sventurato il mio amore.
Des : E l'invidia che inietta veleno con lingue taglienti e rende dubbiosi i savi e ottenebrati i giusti. La morte che uccide per amore è una morte contro natura.
Fran : La cecità di chi non vuol vedere i torti che va commettendo imponendo con la forza una volontà distorta.
Pia : Né il rispetto di Dio, né il timore né l'ignominia può fermare brama, eccitazione, rancore. (hanno attorniato Cort che guardano in aspettativa, mentre lei osserva divertita)
Narr : Ecco, vedete. Due mondi che s'incontrano, due …
Cort : Due, due, due mondi sì, ma gli assassini che uccisero me e lei e lei e lei (indica) son d'un altro mondo!
Fran : Così è.
Pia : Lo sappiamo.
Des : Sventura fu.
Giul : Maligna sorte.
Cort : Sorte, sorte, destino, fato? (sghignazza) E se la lama del pugnale si fosse conficcata in altre carni, avesse reciso altre gole, se il sangue versato non fosse stato il nostro? Se … se … il mio, il nostro petto non fosse così soffice e compassionevole.
Narr : Così van le cose nel mondo. Da sempre …. (le 4 passano dalla mestizia allo stupore e al risentimento, Narr si ritrae)
Giul : Potrei essere con il mio Romeo se stolide faide non ci avessero costretti a mezzi disperati e insensati.
Fran : L'amore non sarebbe stato galeotto se l'avessi atteso e non mi fosse stato imposto.
Pia : Ed io che dire quando s'affrettò la morte mia, segretamente per cagion d'un'altra donna?
Des : La gelosia ... la gelosia come infido àspide avvelena l'animo.
Cort : Siamo tutte uguali, con i nostri corpi vivi e pulsanti, fummo tutte amanti della vita, ed or che è finita siamo qui …
Pia : Anime gentili, soavi, (si muove più o meno leggiadra)
Giul : spiriti eterei, “ “
Fran : lievi, impalpabili, diafane, “ “
Des : però i nostri pensieri … pesano . (ferme in gruppo )
Narr : Ma sono ricordi lontani!
Le 4 : No, no sono qui fra le nostre mani di farfalla, eterni.
Cort : (ridendo) Ohò, ecco la vostra pena: che non possiate obliare ciò che vi ha fatto amare il mondo e la vita … Nostalgia infinita di un mai-più.
Narr : Passerà, passerà ….
Pia : Chissà. Il ricordo s'attenua nella dolcezza del rimpianto, ma chi ha amato tanto più con il cuore che con il pensiero ritorna a rivivere gioie e pene, languori e sospiri, i momenti d'estasi e le palpitanti attese, e il riso, le labbra, le mani, la voce … e la fine precoce, non meritata, non è ancora acqua passata … L'oblio verrà? Chissà ... S'annebbierà negli altri il ricordo, in noi ora è rimpianto di aver amato troppo, poco o quando tempo non era e la Gelosia avvelenava le pungenti frecce di Cupìdo e disfecemi . (è entrata Monaca, siede a terra gambe piegate di lato)
Fran : Come, come puo' il passato passare e lasciar il ricordo svanire quando l'amor che mi fece morire volteggia in me, con me, per me? L'Amor che muove il mondo, l'amore che rapido pervade un cor gentile … Amore, piacere, passione, desiderio sì forte che strema e che incatena dimentichi d'ogni cosa del mondo, del dì, delle notti … Gioia terrena, tempo felice che ricordar ora qui addolora questo cuore che ancora, ancora, per sempre?, chissà, è gonfio d'amore. Fa male il ripensare al tempo felice finito, andato, che mai più sarà rinnovato, vissuto ancora e prolungato. Amore che non sarà più consumato, lasciandoci così nel turbinio del ricordo della passione, nell'ardore del rimpianto di aver amato per così poco, e così tanto. E la cieca malvagità che colpì me e l'amato mio ben.
Des : L'amato … L'amante, l'amoroso bramato, il concupiscente vagheggiato, l'adorato adorante, l'esigente signore, il lascivo reggitore, il peccaminoso adulatore, l'ardente … il possente … il furente … il geloso: irato, violento, rude, volgare, bestiale … Ancora sto male per le parole pronunciate, gridate, urlate da lui furente che colpivano e straziavano come staffilate. Insulti degradanti, turpi, infami … Per una scintilla soffiato da un amico … l'incendio avvampa della gelosia, ma io son pura, son pia, son sua, lo amo … Lo amo, lo amo, ancor lo amo, di più? Forse, non so, ora che pentito s'è trafitto da sé chiedendo perdono, mentre il sangue sgorgava dalla ferita ed anche la sua vita cessava. “Prima d’ucciderti, io t’ho baciata. Non mi restava altro modo che questo: uccidermi morendo in un tuo bacio.” Dimenticare? Che mai? Questo, quello, tutto, qualcosa, in parte …? Chissà. L'amore come un roseto curato con affetto, ecco il mio giardino: vedete come un sol giorno di tempesta abbia vanificato le amorose cure di stagioni e stagioni stagioni …
Giu : Una stagione, l'unica, la sola, una! Che altro ho da ricordare della mia breve vita se questa stagione e renderla infinita dilatando attimi e momenti che ci ha visto felici, contenti, inebriati, vogliosi, smaniosi, attenti, furtivi e ridenti, un po' preoccupati, ma innamorati. Innamorati … Continuero' a ricordare per sentirmi il cuore palpitare, il respiro mancare, le gambe frolli e farfalle nella pancia, e la testa leggera leggera come … il chiaro di luna, l'incostante luna, gioire del patto d'amore troppo rapido, troppo improvviso, troppo violento, troppo simile al fulmine che passa prima che si sia potuto dire “Fulmina!” .
Cort : Tristezza, mestizia, rimpianto, afflizione, pia rassegnazione – tutto questo per un amore non consumato o inacidito o troncato o profanato !?! Amore è una qualche letizia, un po' di guadagno, un sorso di vita. (s'avvia verso il gruppo delle 4 che s'è formato in un lato, s'imbatte su Mon che s'è alzata) E tu …? (notando la tonaca) Sorella! Voi qui … perché? Anche voi … Sì, certo! Anche voi, eh, e ditemi (...)
Monaca : Anch'io … anch'io sì, certo, forse, chissà … chissà, ma che cosa? Che cosa? C'è malinconia nell'aria, e le vostre parole sono come … come neve che cade: ecco un fiocco e un altro ancora che si posa sul viso: solletico, brivido di stupore e, sparito, rimane il freddo languore di bagnato. Cos'è che non va nelle vostre vite vissute? Oh, l'amore, l'amore, l'amore … Amore. Anch'io ho amato. Cosa credete ch'io non sappia che sia amore?! Amare, voler bene, gioire, rasserenarsi, un poco perdersi e venir meno inebriate o solo confuse. Una carezza, un suono, o ancor meno: uno sguardo, l'immagine o, ecco sì, sì, solo il ricordo come voi tutte qui ora. Il ricordo, gli occhi trasognati o chiusi: non dobbiamo vedere, ma sentire nelle nostre fibre, nel nostro petto, nel nostro ventre il languore, la delizia, il torpore, la felicità intima profonda che ci avvolge e ci addormenta come in un soffice caldo manto anche se accanto nulla e nessuno più c'è.
Des : Parli così perché non hai amato chi ti amava per poi essere ripudiata e con male parole, per turpi sospetti, allontanata e … e sì: assassinata!
Pia : E così anch'io: mi s'oppresse con oscure trame l'uomo al quale offersi me stessa colma d'amore.
Fra : Se veramente hai amato presa dal vortice caldo inebriante dell'amore, …
Cort : Ah, questo amore, questo amore, questo amore! E che sarà mai? L'Amore … (dopo aver guardato le altre 4) Palesami tu, sorella, quale sia l'oggetto di codesto tuo amore e che mai ti spinse a danargli il tuo cuore.
Mon : Il cuore? A nessuno mai diedi il mio cuore, né altra parte veruna della mia persona, io (…)
Giu : Ma di quale amore ci stai parlando se tu, se tu niente del tuo essere hai condiviso impudìca con un vagheggiato amante.
Cort : Oh, no, mie care gentildonne, non si confonda ancora soggetto oggetto verbo e predicato, come direbbero i miei galanti conoscenti grammatici letterati e poeti! L' amoroso è un vagheggino che non ama, e desiderare, se pur ardentemente, un profumato cavaliere, non vuol dir che lo si debba amare.
Le 4 : Ma che dite! Perché voi, voi … Come non amare se è l'amore, l'amore che che …
Cort : (beffarda e ironica) L'amore, l'a ahah!
Mon : Perché ridete? Perché ridete dell'amore che affligge l'anima di queste donne e le lega tristi infelici a quand'esso era pulsante e vivo come il loro cuore? Vi fate beffa di chi, di che, perché? Amato voi non avete mai?! Mai l'animo non vi si riempì di tenerezza per l'umida carezza di foglie roride della rugiada mattutina, o non sentiste la letizia del tremulo miagolio di Bentornata! della gatta di casa, o le nuvole in cielo che rasserenano il cuore (…)
Cort : Ma codesto, codesto non è amore! Sarà felicità gioia delizia, serenità estasi appagamento, ma dov'è l'eccitamento, la voluttà, la spinta a ghermire, l'appagante possesso e lo sbalordito sentire?
Le 4 : L'amato, ci fu? Chi? Il nome …? Che mai?
Mon : Che mi chiedete? Di che amore parlate? Il mio certo non è di quel che deste, né di quel che vi fu dato. Il mio è sentirsi parte di tutto il Creato ed essere in letizia nel tempo che scorre.
Des : Dunque non sai della riprovazione d'un uomo, dell'amore inacidito?
Fran : Dunque tu nulla sai dell'amor condiviso, di carezze scambiate, di furori placati, di … (si commuove al ricordo) ?
Pia : Dunque non sai che sia essere desiderata e poi, poi abbandonata, e immiserita, dimenticata.
Giu : Così dunque in vita nessuno vi amò e nessuno amaste? Come può essere accaduto?
Cort : Perché così van le cose nel mondo! Perché chiamate amore la lussuria e amare la smània di soddifar la voglia.
Mon : Ma che dite, che dite tutte voi? Sono queste parole umane o son vaneggiamenti di menti malate per l'animo che non ha pace e soffre? Che dite? Perché v'angosciate quando l'amore che cercate è nella pace che non trovate per il sempiterno ricordare una passione terrena, piccola cosa se comparata all'infinito (…dell'universo)
Cort : La gallina che crede che il mondo sia grande quel tanto che vede dal piolo della sua pollaio: un'aia di fattoria!
Giu : Non hai cuore e ciò ti precluse l'amore, e la passione, fu così.
Des : (a Cort) Non parlar di foia! Fu gelosia per troppo sentimento.
Fran : Che dite voi tutte, che dite? Il mio fu amore amore amore così tenero e soave, così casto e innocente, così (sognante) amoroso , incontinente.
Pia : Non so, non so più che dire, ma il mio morire fu perché lui riversò il suo amore su un'altra donna, un'altra, non più io.
Mon : (imbarazzata e turbata) Vado, scusate, addio. Pregherò per voi, pregherò nelle notti serene godendo della luce delle stelle, e nelle sere di bufera ascoltando le voci portate dal vento che raccontan … talvolta, storie di amore. (via)
Le 4 : Ma no, aspetta, dove vai, racconta, … (in linea-gruppo, schiena al pubblico)
Cort : Qualcuna che non sembrava in pena per pene d'amore. Ingenuità, innocenza, ignoranza, inesperienza del mondo, assenza di malizia, … povertà di spirito, ottusità, ritardo …? Chi può dire.
Narr : Chi può giudicare, chi?
Le 4 : In lei non c'è dolore, né tristezza, né rimpianto, né languore, né (…)
Cort : Né passione alcuna.
Narr : Ed è questa la sua la sua fortuna: d'essere in pace e serena. Lenite la vostra pena dissolvendo il rimpianto, offuscando il ricordo, e la nebbia dell'oblio … ecco: l'indistinto, l'evanescente, il nulla, più nulla, il vuoto, la quiete, la pace.
Le 4 : (unisono, ripetuto poi a canone) Offuscare, dimenticare, scordare, cancellare? Il ricordo, il passato, quel che fu e che resta. (singolarmente) Chissà, chissà, chissà ... (in fila escono, una alla volta ad ogni strillo di gallo)
Narr : Il sole sta per sorgere, e tu, tu non ritorni nel mondo delle tenebre?
Cort : Basta che abbassi le mie ciglia: chi ha troppo da ricordare fa presto a dimenticare ogni cosa, tutto. (tamburo o piffero, via)
Narr : Quando il gallo canta è il segnale per ogni spirito inquieto, sia in mare o nel fuoco, in terra o in aria, che si affretti al proprio rifugio. Vestito del suo roseo manto, il mattino s'avanza sulle rugiade dei campi laggiù da oriente; (guardando dall'altro lato) e queste che giungono son creature terrene, le cui pene … Sssst: ascoltimo (si defila, mentre si sentono prima le voci, poi di lato entrano le 2 donne)
[scena 2] VANNA : (entra curva con passetti frettolosi, mormorando veloce) Andiamo andiamo andiamo ché devo devo devo parlare e confessarmi …
ROSINA : (dietro) Che fretta , come corri questa mattina! La chiesa non fugge via dal campanile, e il parroco se la prende sempre comoda …(si ferma per prendere fiato - centro scena)
Van : (fermandosi anche lei : più oltre ) Muoviti perché prima mi libero, è meglio è. Per due passi hai già la lingua di fuori.
Ros : Ho perso l'abitudine a correre ; quando ero giovane, che corse ! Prima per fuggire dagli spasimanti e dopo per prendere le birbe dei nostri figli, e dopo solo per catturare una gallina e torcerle il collo.
Van : Saprei io a chi tirare il collo e … (moto di rabbia)
Ros : Che cos'hai 'stamattina ? Hai fatto indigestione ? Hai dormito male ?
Van : Indigestione ? Un groppo qua ho ! E dormire ? E' una settimana che non mi fa dormire, quel … quel … (moto di stizza) morto cadavere di mio marito !
Ros : Ehh, ti viene a trovare, di notte ?!? Di persona ?!
Van : No, no, sia grazia al Signore, mi appare solo in sogno ! Ma che insistente, che insistente : peggio che da vivo, credimi, Rosina !
Ros : (esterefatta) Ma viene a chiederti ancora … quelle cose li' ?? Che … che ..
Van : (beffarda) Gli ho insegnato le buone maniere da vivo, con il mestolo de legno, penso che anche se è morto non voglia prendere quattro bacchettate sui …
Ros : Ma che cosa vuole ? Cosa domanda ?
Van : Non sono riuscita a capire bene ; già che da vivo parlava mangiandosi le parole, adesso piange e singhiozza come bambinetto … veramente mi sembra più un cane bastonato, comunque … Devo parlare col parroco, perché voglio dormire !!
Ros : Ma senti che storia ! Avevo sentito dire che i morti defunti, se non riposano in pace è perché qualcosa gli manca, qualcosa non è andato nel giusto verso nel coso, nel trapasso ; o che hanno, che ne so, nostalgia, o …
Van : A me sembra che il mio caro marito abbia preso un bello spavento quando è stato di là e adesso abbia paura di andare dritto là a cucinarse nelle fiamme dell'Inferno per l'eternità. Come che mugola, neanche quando era ubriaco fradicio ogni anno alla festa del santo patrono.
Ros : Eh, Vanna, non dirmi che non sai che bisogna pregare per le anime del Purgatorio, cosi' da ridurne la pena ?
Van : Lo so, lo so : non sono mica eretica ! Li so i credi della Chiesa, ed è proprio per questo che voglio parlare col parroco. Eh, si', perché come faccio a sapere dove che è stato mandato … quello là ?! Se è già all'inferno, come tutti pensiamo (stupore Oooh di Ros) … Ma si', Rosina, col carettere che aveva e tutte le porcherie che ha commesso …. Senti : se fossi sicura sicura sicura che è in Purgatorio, un paio di messe anche potrei fargliele dire, ma buttare i soldi, con tanti che me ne ha mangiati lui, per niente, e no, proprio no !
Ros : Un poco di carità cristiana : è sempre tuo marito !
Van : Infatti : continua a comportarsi da quell'impudente scocciatore egoista qual era . Carità ? Una bastonata sulla zucca ! Che Dio lo abbia in gloria, ma che non venga più a disturbare i miei sonni.
Ros : Bisogna aver pazienza con le anie in pena ; sono spiriti che hanno ancora … peccati da purgare ; non sono ancora completamente passati di là e non hanno ancora raggiunto la pace dell'anima.
Van : Lo so, lo so, ma cosi' facendo la pace la toglie a noi! Adiamo, dai, che oggi voglio risolvere 'sta storia e farmi una meritata dormita 'sta notte. (va verso di fretta l'uscita delle altre 5, seguita da Ros)
Ros : Aspetta, aspetta ! Che furia di donna …Ecco la messa che inizia. (suono di campanella d'inizio messa ; riappare Narr)
Narr : Voi, spettatori, non aspettate che escano dalla chiesa : l'ufizio sarà lungo. Io qui Vi saluto, e se il nostro dire V'è piaciuto, concedeteci, Vi prego, un applauso. (inchino ; tamburo etc ; rientro grazioso di tutti, una alla volta mentre è posto al centro scena un leggio)
[scena 3]
(il rientro in scena avviene singolarmente mentre l'attrice precedente legge, meno le Coòar e Mon che entrano assieme : Mon si pone a fianco di Cort, le due ai lati della riga)
Fran : (entra volteggiando fino al leggio, legge) « Siede la terra dove nata fui 
su la marina dove ’l Po discende 
per aver pace co’ seguaci sui. 
      Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende 
prese costui de la bella persona 
che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende. 
      Amor, ch’a nullo amato amar perdona, 
mi prese del costui piacer sì forte, 
che, come vedi, ancor non m’abbandona. 
      Amor condusse noi ad una morte: 
[
Caina attende chi a vita ci spense.]
 Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
      la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante»
Pia : (calma al leggio, legge) «Deh, quando tu sarai tornato al mondo, 
e riposato de la lunga via, 
ricorditi di me, che son la Pia: 
Siena mi fé, disfecemi Maremma: 
salsi colui che ‘nnanellata pria 
disposando m’avea con la sua gemma».
Giu : (languida) Ma poi, che cos’è un nome?… Forse che quella che chiamiamo rosa cesserebbe d’avere il suo profumo se la chiamassimo con altro nome? Così s’anche Romeo non si dovesse più chiamar Romeo, chi può dire che non conserverebbe la cara perfezione ch’è la sua? Tu m’ami?… So che mi rispondi “Sì”, ed io ti prenderò sulla parola;io di te sono tanto innamorata, da farti pur giudicar leggerezza il mio comportamento; però credimi, mio gentil cavaliere, che, alla prova, io saprò dimostrarmi più fedele di quelle che di me sono più esperte nell’arte di apparire più ritrose. La mia voglia di dare è come il mare, sconfinata, e profondo come il mare è l’amor mio: più ne concedo a te, più ne possiedo io stessa, perché infiniti sono l’una e l’altro. - Veleno!… È stato questo la sua fine. Cattivo! L’hai bevuto fino in fondo, senza lasciarmene una goccia amica che m’avrebbe aiutato!… Bacerò le tue labbra: c’è rimasto forse un po’ di veleno, a darmi morte come per un balsamico ristoro. Scendi, o notte solenne, tu, matrona sobria matrona mia nero-vestita, ad insegnarmi come devo perdere una partita vinta, la cui posta son due verginità incontaminate. Vieni, amorosa ed accigliata notte, e dammi il mio Romeo.
Des : (accorata) Buona notte. Mi doni il ciel costume di non mai prendere il male dal male, ma di saper, con il male, emendarmi. Tanto lo loda l’amor mio, che quelle stesse sue maniere rudi, i suoi rabbuffi, i suoi sguardi aggrottati - ti prego aiutami a slacciarmi, qui - hanno in sé tanta grazia e gentilezza. perché, per questo cielo che c’illumina, io non so proprio come l’ho perduto. Ve lo dico in ginocchio: se ho mai peccato contro l’amor suo, col pensiero o con atti veri e propri; se mai si dilettarono i miei occhi, i miei orecchi o alcuno dei miei sensi ad altra forma d’uomo che la sua; e s’io non l’amo, e sempre l’amerò con tutta la potenza del mio cuore anche s’egli di me si liberasse . Ahimè, di quali inconsapevoli colpe mi sono coperta ?
Cort : (leggiadra signorile, mentre legge le Com si pongono a fine riga d. e s.)
Amore un tempo in così lento foco
arse mia vita, e sì colmo di doglia
struggesi il cor, che qual altro si voglia
martir fora ver lei dolcezza e gioco.
Poscia sdegno e pietate, a poco a poco
spenser la fiamma; ond’io più ch’altra soglia
libera da sì lunga e fiera voglia
giva lieta cantando in ciascun loco.
Ma il ciel né sazio ancor, lassa, né stanco
de’ danni miei, perché sempre sospiri,
mi riconduce a la mia antica sorte;
e con sì acuto spron mi punge il fianco,
ch’io temo sotto i primi empi martiri
cadere, e per men mal bramar la morte. [Tullia D'Aragona, XVI sec]
Mon : E voi: Chi vuol esser lieto, sia!
(rullio di tamburo, doppio inchino)

Clugia minor, 18 luglio ( 26 giugno) 2017.

vg 

lunedì 17 luglio 2017

Dei 7 morti.

Giancarlo Varagnolo
Dei 7 morti
adattamento per teatro
della leggenda lagunare
I sette morti
tratta da "La Leda senza cigno"
di Gabriele d'Annunzio
*°*
"...lungo la proda del canale, sul prato violetto di santònico,
le ombre glauche dei suoi morti."
(5 donne, sedute a semicerchio su semplici sedie, che lavorano a tombolo: Nonna, pratica ma melanconica; Madre, fastidiosetta; Sorella, ridanciana; Nipote, ingenua; Cognata, calma.)
MADRE: Che tempo! 'sto caligo, 'sto caligo a tiole la vita!
NONNA: Per pescare xé ben, fia mia! L'acqua xé lìssa come 'n ogio e baste un luminéto, in 'sto scuro, perché el pesse vegna da la toa.
MD: 'sto scuro, xé 'sto scuro che me dà fastidio! e 'sta giasarela che te bagne i cavei, i vestìi, … Ho i déi indurii dal fredo.
NIPOTE: Ma no i ghe vedarave megio de giorno col sole, o nona?
MD: Quelo che digo anca mi!
NN: Se' una pi' storna de 'st'altra! Ma no' savve' gnente ..!
SORELLA: Le sa quello che ghe comode a lore!
MD: Ti tasi, che ti le avansi ancora da geri!
NI: El lumineto per cossa lo impeselo, ciò?!
SR: Per trovare la boca per bévare quando che i à se' !
COGNATA: Ma per far vegnire visin i pessi! cossì i li ciape co' la rede.
NI: Ma col ciaro , i dovarave vedarla meggio, i pesssi, la rete, oh!?
CG: Ma lori minga sa cossa che xé una rede o un cogòlo finché no i ghe xé indentro.
SR: E dopo, bonanotte sonadori: prepara la fersura e el fersuron!
MR: E sì, co gera vi(vo)..
NN: Col nono gera vivo ... Xé za passa' ... Ti geri apena nata.
SR: Anca el zio ...
CG: E el so povero fradelo zovane ...
MR: Tiò: moleghela! Za ch'el tempo fa venire l'angossa, tire' fora anche 'sti discorsi!
SR: No' ti avara' minga paura, oh?!
MR: Ma che paura e paura! Chi muore el mondo lasse ...[chi vive se la spasse]! Xé 'sta giasarela che me sento indosso che no' me piaze ... e no se sughe gnanca gnente de quelo che ti lavi.
NI: Ma xei morti tuti assieme, oh, in mare!?
MR: Ancora drio ti va?
CG: Magari fùseli morti in mare: una se consoleva pi' façilmente! Invese no, i xé morti così, qua zo de cale.
NI: Qua zo de cale? Mariavergine! Distu sul serio?! E dove?
SR: Sotto el portego; ti sa che ghe xé un tantin: sa copà uno e à stramasa' zo tuti 'st'altri.
NI: Sul serioo!?
SR: Ciò!
CG: Va che la xé drio a torte in giro.
MR (a SR): No' ti ha rispeto de nessun.
SR: E vedo ti! " Chi muore se la strasse e chi "... no' me ricordo pi'.
NN: Oh, ma 'sta fia no' sa gnente? No' gave' conta' gnente de gnente poprio!
MR: Certe robe no' le xé per mi, no' le xé.
CG: Qualche volta, me pare a mi, che sia megio stare siti.
SR: Parlare de' morti a una fantolina ...
NI: Ma adesso no' so' pi' una putèla: pode' anche dirme!
SR: L'ha razon, la xé ormai una dona fata: varra qua che brassi!
MR: Comìnsistu? Làssala lavorare, làssala!
NN: Sie i gera, sie, co' do' barche, me pare.
SR: I andeva a pescare in vale, dentro la laguna, no' fuora in mare.
CG: Ma no' i aveva anca una barca granda per quando che i rancureva l'alega per le vacche?
NI: L'alega per le vacche?!
SR: E ciò! Anche a lore ghe piase el contorno co' le se fa do' vuovi in tecin.
NI: Eeh, vuovi in tecin?
SR: Ciò, co' scorso e tuto: ahm! un bocon da re!
MR: Ma cossa ghe contistu! Me la imatoni' che la fia!
CG: No' darghe drio a to' sorela. Però xé vero che un puoco de aleghe, de quelle giuste, i le magne le vache e el late ghe vien anche pi' bon. Co' 'st'altre, quele longhe come fili, i le use al posto de la pàgia ne le stale, così i risparmie bessi (gesto).
NN: Al nono no' ghe piaseva tanto: vuostu metare ciapere una barca' de pesse o impenìre una barca de aleghe? No, no' parlo dei schei, ma della soddisfasion de 'sti sièvali che salte vivi in santina de qua e de là!
NI: A mi i me fa senso, cossì sbrissosi!
MR: Cotti, però, oh ...! (gesto) Ti te lichi i déi, oh.
SR: La fia la xé delicatina, manina bela, fata penela, ma che porsèla ...
CG: Mòlighela, che ve conto mi. Dove' savere che buttao la rete, minga se sa sempre quelo che ti tiri su, e chela volta ...
SR: Traah! (si butta col corpo all'indietro contro lo schienale, gambe e braccia stese rilassate; voce greve) Su morta: cossa volìu da mi, cossa volìu-u.
NN: Magari avesselo parlao sùbito! Inveçe ...
NI: Chi? Ma perché, dopo l'ha parlao? A chi? Al nono?
SR (voce roca): Tasi e ascolta-a-a, inseme-nia-a h!
MR (a SR): Ciapa su el to' lavoriere inveçe de fare ti la insemenia, cio'!
SR: Eh, ma no' se puol mai schersare, no' se puole!
NN: Ti ha visto a schersare cossa che puole capitare?' El rìdare va in frìsare!
CG: Prete a sa fato, prete.
NI: Chi sa fato prete?
MR: El fio, quelo che xé resta vivo e n'ha contao tuto.
NI: Anca un fio ghe gera? Dove? Ma fio de chi? E dove gerelo? Mi no' capisso pi' gnente.
SR (voce profonda): Ghe gerra una volta sie pescaori, che i xé 'nda' a pescare e oltre che ciapare pesse, aleghe e gransi, i ha tira' su anche un omo ... gnegao.
CG: Sì, un gnegao portao in vale da la sevènte e restao in seca su un scano quando che ghe xé sta' dozàna.
NI: Oh?! Cossa?
NN: L'acqua che cale (dozana) e (sevente) che cresse: co' la cresse la vien dentro in laguna, co' la cale, la ritorne in mare.
SR: E 'sto morto gnegao a gera là su la velma imberondolao. (esagerando) Là, ne la Vale che adesso xé dei 7 morti; dei 7 (...)
MR: Molèghela, o done!? No' ghe xé qualche corno novo da contare, o qualche stomegosa da petenare? I morti, i morti le me tire fuora, ma varé, varé!
NI: Mi vorave savere ...
MR: Cossa? Dime!
NI: Ma ... ma ... ma xé morto anca el fio pìcolo, oh?
MR: No!
CG: A s'ha fato prete.
NN: Fantolin! L'ha ciapa' una de chele paure ...
SR: Ma che paura! La fame l'ha instruspiao!
FI: La fame? Mare: conteme una bona volta 'sta storia, 'sto fato che pare che tutti sàpia fuora che mi.
CG: Vien qua che te la conto mi.
SR: Vorave che ghe la contasse anca mi!
NI: Ti no' ti le conti mai giuste, sempre che ti mincioni!
MR: Ghe dago mi una bela petena', cossì vedemo se la se calme!
SR: Xé sta' el fio piccolo a contare.
MR: Tazi!
CG: Sì, questo xé vero: xé stao el fio a contare.
NN: Fantolin, robe che a se sòfega da tanta roba che a sa messo in boca tutta s'una volta.
CG: Quando che i lo ha trovao.
FI: Dall'inissio-o! Se no no' capissio-o! Varé: me su perfin fala' de un ponto co i vostri rebuobolamente de sta storia.
MR: Ti ha razon! Demoghe un tàgio, e amen peter-nostro così sia.
NI: E no, ciò, no!
SR: Alora, senti qua, ascoltame mi. Un dì che el nono, so fradello, el zio, el cugnao, e ... nostro pare, xé 'ndai in laguna.
CG: Per un carico de alega.
SR: Passando co la barca viçin una barena, i vede el corpo de un gnegao.
CG: E i lo lasse là, contunuando a laorare.
SR: Co ha fato l'ora della merenda, i se ferme in costa de chela barena per farse la polenta e rostire do ... (guarda verso la MR poi CG)
NN: Me sa che i aveva solo fighi da magnare, chela volta.
CG: Intanto el fio piccolo, che gera andà in barca co lori, a fa un puoco de corse e zioghi sulla barena finché la polenta bogge, e patapùnfate!
SR: A vede fra le aleghe, proprio in rivetta, un omo destirao: "Ma varda dove che l'ha ciapao el sono, 'sto bao, a xé mezo in acqua, tuto bagnao!"
NI: E a gera el morto?!
MR: Ah, co 'sti morti!
CG (tentando di sussurrare): E el fio a torne indrìo; e come che a vede so pare a ghe dize: "Là in fundi, nel'altra riveta, ghe xé uno che dorme destirao, ma mezo butao in acqua!"
SR: "Va', e sveglialo, che venga a mangiare con noi."
NI: Ma so pare no' saveva che a gera morto el morto, quelo gniegao?!
NN: Quando uno xé storno a crede de essare furbo e a combine desgrassie malegrassie!
CG: Il fio volte de corsa, a ghe dà do tre scossoni alla spalla de l'omo destirao che ... E ciò: a se svege, a se tire su in pie e a va verso la barca dove che la polenta gera bela bianca che fumeva sul tagèro.
SR (con le gote gonfiate, come fosse un "pesce"): Sciu s-qua, sques scuosciua ..
CG: No' a fa in tempo gnanca a dire una parola che tutte e sei, tuti .. e .. sie i fa un crepo!
NN: Sì, el fio a gera dadrio de elo, e l'ha dito che no' la fato niente; 'st'altri ha sbasao la testa e xé cossì che i li ha trovai, duri.
NI: Morti; instechii!?
SR: Durri, compreso el gnegao. E el fio piccolo, vogio vedare mi se no' a xé 'nda via col succo! Sete omoni morti stechii, e da una note e dai do … aspeta e aspeta.
CG: Al terso giorno avemo pensao che qualcossa xé suceso, così avemo mandao el veccio Memo col so' barchin a butare un ocio: roba che perdemo anca elo da la paura che l'ha ciapao.
NI: Che storia, ciò! Varda: me xé venui i penoni sui brassi, me xé venui!
SR: Mi la savevo za, e me pare che ghe fusse anca un can.
CG: Un can da batèlo? Mi no' credo, perché a savarave incorto che el morto a gera morto … No' i xé minga mona chei cani là: i ha el naso da bon, a s'avarave incorto, a s'avarave.
SR: Distu, ciò?!
MR: Mi digo che ghe la molemo, e che andemo anche dentro ca' che mi su tuta indurìa dal fredo.
CG: Eh, e da che la volta i la ciame la Vale de 7 morti, i la ciame, eh …
SR: (voce lucubre) Sie i gera e i xé andao a pescare-e-e ...”
MR: Andemo, andemo, che xé ora de preparare la polenta, movèmose.
SR: (voce cupa) Vaghe a dire che a vegna a senàre, zo, fia, muovite!”
MR: Mòlighela! (s'alzano e raccolgono sedie ed eventuali tomboli o telai)
NI: Cossa credistu: de farme paura, ciò?!
SR: (attraverso lo schienale della sedia appoggiata sulla testa, voce truce) “Su qua, me ciamévi!?”
NI: (pende paura) Aahh! Nonna, vara cossa che la me fa!!
MR: Moléghela! Avanti a casa. Ma no' ave' fredo? (via)
SR: Megiòto! Fifona! Puina! (lenguaccia, via)
CG: (spingendo delicatamente NI che fìfola) Ma no darghe drio: ti sa che se no' la cogione la zenteno la xé contenta. (via)
NN: Eh, la valle dei 7 morti: sie pescaori ciosoti i gera e, col morto, sette. (via)

Clugia Minor, 15 luglio 2017 (23 dic. 2016).
Giancarlo Varagnolo



 Suggerimento: al rientro per ringraziare il pubblico, le donne potrebbero contare E tiote i remi e vuoga .